«È un risultato storico, torniamo ad avere un parlamento normale». Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, quando arrivano i risultati del referendum, è raggiante. Il Sì al taglio dei parlamentari al 70% (contro il 30% del No) se lo intasca come vittoria non solo del Movimento 5 Stelle, ma anche personale. «Con il No volevano colpire il governo e anche il sottoscritto. Chi lo voleva ha ricevuto un boomerang» attacca, per poi lanciare la nuova battaglia grillina, sulla stessa linea del Capo politico Vito Crimi: “normalizzare” lo stipendio degli oramai ridotti parlamentari. Quasi nessun commento, invece, sulle Regionali, che hanno visto i 5 Stelle ricevere pochissimi consensi: 3,6% in Veneto, 7% in Toscana, 10% in Campania un sorprendente 11% in Puglia (nonostante la campagna elettorale con tutti i big e le sparate del pasionario Alessandro Di Battista contro il promosso Michele Emiliano). «Come ho già detto, secondo me andavano organizzate diversamente» ripete Di Maio, rivolto più ai suoi che agli italiani.

Molto contento anche l’altro partner del governo giallorosso, il segretario dem Nicola Zingaretti, secondo cui «si conferma che il PD è la forza del cambiamento, garante di un percorso di innovazione e modernizzazione». Per il governatore della Regione Lazio, ora, «si apre una stagione di riforme: con gli alleati faremo di tutto perché vada avanti spedita». In ballo, infatti, ci sono i famosi “correttivi”, da approvare entro la fine della legislatura. Lo ricorda anche il grillino Presidente della Camera Roberto Fico. «La riduzione dei parlamentari costituisce un primo tassello a cui devono seguire ulteriori indispensabili riforme» scrive su Facebook. Ma è parlando del 3-3 alle Regionali (non considerando la Valle d’Aosta), con la vittoria in Puglia e Toscana, che Zingaretti si galvanizza. «Siamo molto soddisfatti- spiega- dai dati, poi, emerge che se ci avessero dato retta di più i nostri alleati (i 5 Stelle n.d.r.), l’alleanza di governo probabilmente avrebbe vinto in quasi tutte le regioni».

Più che l’alleanza, intanto, è stato il voto disgiunto a funzionare, soprattutto in Puglia. «Salvini non viene a ballare in Puglia e per Emiliano oggi c’e’ il dovere di rilanciare la sfida meridionalista» commenta a caldo l’ex governatore Nichi Vendola. L’amalgama giallorossa, però, dove è stata sperimentata al livello regionale, in Liguria, ha visto una sonora sconfitta del candidato Ferruccio Sansa. Per il confermato Giovanni Toti, la sua è «una vittoria del buon lavoro fatto ed è la più grande del centrodestra», mentre «i giallorossi hanno fatto il peggior risultato della storia». Intanto il presidente dei deputati della Lega, Riccardo Molinari, chiede un intervento del Presidente dell Repubblica Sergio Mattarella dopo la vittoria del Sì. «La logica conseguenza sarebbe che si sciogliessero le Camere per sperimentare finalmente l’efficienza conquistata con la riforma» scrive su Twitter. Contemporaneamente, dal Veneto, dove il governatore leghista Zaia, un po’ come Vincenzo De Luca in Campania, ottiene un plebiscito (più del 70%, con la lista personale che quasi quadruplica i voti della Lega), il vicesegretario Lorenzo Fontana esclude che i risultati possano incidere sulla leadership nazionale. Su Matteo Salvini, insomma, che ha perso con la sua fedelissima Susanna Ceccardi in Toscana. Il leader del Carroccio, comunque, sottolinea su Twitter che dopo queste elezioni «Lega e centrodestra saranno alla guida di 15 Regioni su 20».

L’unico ribaltone contro il centrosinistra, però, è nelle Marche. Lì il candidato del centrodestra è Francesco Acquaroli, di Fratelli d’Italia, che supera con almeno 10 punti di distacco lo sfidante dem Maurizio Mangialardi. Per Giorgia Meloni è un «trionfo! » e «grazie a Fratelli d’Italia un’altra roccaforte della sinistra sarà amministrata dal centrodestra». Nella sfida interna per la leadership del centrodestra il suo partito pareggia con il Carroccio proprio nelle Marche e si avvicina di molto in Toscana. Ma Meloni si ritaglia anche un ruolo nel risultato del referendum. «Si tratta di una riforma attesa da tempo – dice- e che il centrodestra aveva già tentato di realizzare molti anni addietro. Ora è necessario dare all’Italia le ulteriori coraggiose riforme costituzionali di cui ha bisogno, e solo un Parlamento pienamente legittimato dal voto popolare può farlo. Per questo diventa necessario ridare al più presto la voce agli italiani».