Che le ambizioni di Elon Musk non avessero limiti lo sapevamo già. Dopo Richard Branson e Jeff Bezos, Elon Musk sarà il terzo magnate americano a inviare i primi civili nell’orbita terrestre bassa entro il gennaio del 2022. La sua SpaceX ha già venduto quattro voli charter multimilionari nello spazio. In attesa di questa missione (denominata Crew-2), il fondatore di Tesla continua a espandersi sulla terra. L’ultimo progetto è quello di fornire energia direttamente alle famiglie del Texas. A metà agosto, la Tesla Energy Ventures ha presentato una domanda alla Public Utility Commission del Texas per diventare fornitore di energia elettrica al dettaglio in un mercato dell’energia – quello del Lone Star State – vasto, frammentato e in gran parte non regolamentato.

Nel frattempo, Tesla sta già costruendo grandi impianti di stoccaggio dell’energia, incluso uno vicino a Houston, la metropoli texana dove sorge il Johnson Space Center della Nasa, la sede Usa di tutti i voli spaziali con equipaggio umano. Nel trimestre chiuso il 30 giugno scorso, l’azienda ha venduto oltre 200mila veicoli elettrici, per un totale di 10,2 miliardi di dollari di entrate. Agli investitori Musk ha annunciato che, nei suoi piani, il business energetico dell’azienda dovrà eguagliare un giorno la sua produzione automobilistica. Il tycoon ha ampliato i suoi affari nel campo dell’energia con l’acquisto del fornitore di pannelli solari Solar City nel 2016. Secondo il Texas Monthly, Tesla potrebbe così essere attrezzata per consentire alle singole famiglie texane dotate di pannelli solari di guadagnare denaro condividendo l’energia in eccesso con la rete, una prassi già adottata in alcuni altri stati.

Da uomo di business qual è, Elon Musk ha fiutato da tempo la fragilità del sistema dei servizi texano. Una fragilità emersa all’improvviso nel febbraio scorso quando un’ondata di freddo polare ha colpito gli Stati Uniti, soprattutto nel Texas: più di cento morti, quattro milioni di persone rimaste senza corrente, produzione energetica e reti elettriche paralizzate, cruciali attività industriali e tecnologiche bloccate dal maltempo. Per il Texas, vero e proprio hub energetico del Paese, capace di generare il doppio di energia del secondo stato in classifica, la Florida, è stato un collasso. L’emergenza ha “congelato” fonti tradizionali e fossili di energia: le centrali a gas naturale e a carbone, i giacimenti per il fracking di greggio. Ma anche le fonti rinnovabili e alternative quali l’eolico. Secondo la Federal Reserve di Dallas, la gelata è costata all’economia dello stato da 80 a 130 miliardi di dollari: danni diffusi a case e aziende, attività economiche distrutte, approvvigionamento idrico contaminato.

Per il Texas, pertanto, l’espansione di Tesla potrebbe diventare un aiuto a diversificare il mix energetico dello stato, dominato da petrolio e gas, e a migliorare l’erogazione del servizio pubblico. Per Musk la produzione di energia elettrica potrebbe supportare l’alto fabbisogno energetico delle sue attività nello stato. Tesla, infatti, sta costruendo una “gigafactory”, ovvero una fabbrica di batterie su larga scala vicino ad Austin. E SpaceX, la compagnia di voli spaziali commerciali fondata da Musk nel 2002, ha una struttura di lancio a Brownsville, all’estremità meridionale dello stato. Insomma, la conclusione dell’affare può incontrare l’interesse di tutti.

Journalist, author of #Riformisti, politics, food&wine, agri-food, GnamGlam, libertaegualeIT, Juventus. Lunatic but resilient