Cesare Battisti ha fatto parte di un movimento eversivo (i Pac, che non esistono più da quarant’anni) che ha esercitato la propria violenza soprattutto nei confronti di appartenenti all’amministrazione penitenziaria. Durante i suoi lunghi anni di latitanza è stato appoggiato da persone sicuramente della sua stessa risma (gli intellettuali francesi che lo hanno sempre difeso, piuttosto che il presidente Lula in Brasile?). Ancora oggi il suo atteggiamento nei confronti dell’istituzione carceraria è quello di scontro frontale, tratta quella di Rossano come fosse un luogo di tortura, una sorta di Guantanamo dove si stia verificando una vera vendetta nei suoi confronti.

Tutti questi motivi fanno temere che, anche solo per la sua violenza verbale, ed essendo Battisti comunque un personaggio mediatico, egli possa costituire un pericolo per la sicurezza dentro e fuori dal carcere. Le sue parole, i suoi scritti potrebbero avere addirittura il ruolo di scintilla, vista la situazione grave determinata anche dalla pandemia da Covid-19 e dalle rivolte che si sono già verificate nelle carceri italiane nel marzo scorso. Per tutti questi motivi il tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha confermato la censura sulla corrispondenza dell’ex esponente dei Pac. L’ennesimo schiaffo in faccia, dopo che per ben due volte erano state rigettate la richieste di declassificazione dai reparti speciali AS2 presentate dai suoi legali Davide Steccanella e Maurizio Nucci.

Respinte senza motivazione, precisano gli avvocati. Secretate? Polemizza lo stesso Battisti in una lettera inviata a qualcuno che, possiamo garantirlo, non è né estremista né violento. Un clima che sa un po’ di persecuzione, non si può negarlo. Il “visto di controllo” sui suoi scritti è una novità del carcere di Rossano, dove Battisti è detenuto da pochi mesi. Ora, avrà anche un brutto carattere l’ex esponente dei Pac che sta scontando l’ergastolo per quattro omicidi, ma sicuramente non è più la stessa persona di quarant’anni fa, cosa che gli è stata riconosciuta nel primo anno e mezzo di detenzione. Tanto che il giudice di sorveglianza gli aveva concesso novanta giorni di liberazione anticipata e due giudizi che comprovavano il suo comportamento esemplare nel carcere di Oristano. Tutto è cambiato da quando il detenuto è arrivato in Calabria, nell’istituto di pena di Rossano, dove esiste un settore che porta la classificazione di AS2, l’alta sicurezza relativa ai condannati per fatti di terrorismo.

La prima difficoltà è dovuta al fatto che quest’area non è di tipo omogeneo, come denunciato dopo una visita ai quattro istituti esistenti con questa tipologia dal garante nazionale dei detenuti Mauro Palma. La gran parte di questi carcerati è costituita da terroristi islamici. Poi c’è un’area di sovversione costituita dagli anarchici. Il terzo gruppo è costituito dai “rivoluzionari” degli anni settanta del secolo scorso. Presenze inesistenti, nei fatti. Con l’esclusione di Cesare Battisti, i cui compagni sono tutti ormai liberi. Non essendo quindi l’alta sicurezza AS2 un’area omogenea, è impossibile applicare il percorso di trattamento previsto dalla legge e fondato sull’articolo 27 della Costituzione.
Nel reparto speciale del carcere di Rossano sono ospitati solo terroristi islamici di vari Paesi, oltre a un italiano condannato per gli stessi reati degli stranieri.

Cesare Battisti è quindi, di fatto, ancora in isolamento, dopo due anni dal suo arresto. Non si capisce bene che cosa gli si chiede, dicono i suoi avvocati difensori. Si è dissociato dal terrorismo fin dal 1981, quando era in Francia e questa presa di distanza veniva richiesta dalla “dottrina Mitterand” sulla cui base moltissimi italiani furono accettati e ospitati benché ricercati dalla magistratura del nostro Paese. Inoltre Battisti, poco dopo esser stato arrestato due anni fa, ha sollecitato un incontro con la Procura della repubblica di Milano e nel corso dell’interrogatorio ha ammesso ogni reato che gli era stato contestato e per cui era stato condannato dalla corte d’assise di Milano. Una scelta spontanea di lealtà nei confronti della giustizia, ma anche delle vittime e dell’intera società.

Nell’ultima ordinanza della corte d’appello di Milano, quella che nel maggio scorso aveva respinto la sua richiesta di scontare trent’anni di pena in luogo dell’ergastolo, i giudici avevano sottolineato il fatto che il percorso di Battisti in carcere avrebbe dovuto essere di tipo ordinario, con il trattamento previsto per i detenuti “normali”. Cosa che non sta accadendo, soprattutto nel carcere di Rossano, dove vive isolato e anche guardato male dagli agenti. Non è una novità il fatto che i Pac abbiano ucciso anche agenti penitenziari, il che può spiegare un certo risentimento da parte dei suoi custodi di oggi. Ma sono fatti di quarant’anni fa, rispetto ai quali il detenuto sta appunto scontando la pena. Che non può consistere in altro se non nella privazione della libertà.

Ed è stupefacente che proprio un tribunale di sorveglianza, composto da quei giudici che dovrebbero essere il fiore all’occhiello nelle pratiche di reinserimento dei detenuti nella società, voglia ancorare un ex terrorista alla sua immagine di allora, invece di essere in prima fila, come hanno fatto i magistrati sardi, nell’incoraggiare e valorizzare il suo cambiamento.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.