Persino uno positivo e inclusivo come Enzo Amendola, ministro Pd agli Affari europei vede il problema. «Se mercoledì prossimo sul Mes – riflette il ministro – manca la maggioranza si deve riflettere». Checché ne dica il premier Conte che invece di “problemi particolari” ha detto di non vederne inviando a “non drammatizzare”.  Occhi puntati sul 9 dicembre quindi. La coalizione di maggioranza non è messa bene. È alle prese con un dissenso generalizzato, tra le forze di maggioranza e all’interno dei singoli partiti, che ha la forma di lettere che condividono un punto soprattutto: il punto di rottura tra i gruppi parlamentari e le rispettive delegazioni al governo.

La delegazione Pd al governo s’è beccata due lettere di diffida da parte dei gruppi parlamentari. Mai successo prima. Oggetto del dissenso sono le drastiche chiusure nel periodo 20 dicembre e 6 gennaio soprattutto per le famiglie divise dai blocchi comunali. Il Movimento 5 Stelle s’è riunito ieri sera in assemblea per tentare di ricucire con i 17 senatori e i 52 deputati che hanno chiesto al gruppo dirigente al governo di non votare la risoluzione del premier che darà il via libera alle modifiche del Trattato sul Fondo salva stati.

E per evitare che il dissenso europeo – 4 europarlamentari in fuga dal Movimento e in arrivo nel gruppo dei Verdi – possa diventare una strada da seguire anche a livello nazionale: un nuovo gruppo parlamentare che issa come bandiera la prima grande stella del movimento, quella dell’ambiente. Anche Beppe Grillo complica la vita a Di Maio e ai governisti che vorrebbero votare il sì al Mes bancario che però sarebbe anche un No al Mes sanitario. «Il Mes non serve, è uno strumento superato» ha sentenziato il fondatore del Movimento.  Nel Pd i mal di pancia nascono da due faccende diverse ed entrambe indigeste. La lettera di 25 senatori (su un totale di 40) recapitata giovedì sera al capogruppo Marcucci rivela il dissenso rispetto alla linea rigorista imposta dai ministri Speranza, Boccia e Franceschini e condivisa dal premier Conte.

«Condividiamo – scrivono i senatori – il massimo livello di precauzione e l’estremo rigore che sta guidando la scelte dei criteri e delle misure di contenimento». Dunque non sono i Dpcm in sé, l’Italia a colori e i parametri, il problema. «Riteniamo tuttavia – continuano i senatori – che le misure siano percepite dai cittadini non solo come necessarie ma anche giuste e ragionevoli». Il problema è soprattutto legato al divieto di lasciare i comuni di residenza il 25 e 26 dicembre e il primo gennaio. La protesta arriva direttamente dai sindaci, dagli amministratori locali e dai cittadini. La richiesta al capogruppo Marcucci perché la metta sul tavolo del governo, è che si possa correggere questo punto che configura di per sé «una disparità di trattamento tra comuni piccoli e grandi».

Una lettera analoga è stata recapitata da un gruppo di deputati (40) al capogruppo Delrio. Non è possibile dire al momento che chance di soddisfazione abbiano queste richieste definite di “buonsenso”. Il segretario Zingaretti ha dovuto- almeno per ora – “obbedire” («il nemico è il virus e non le misure di contenimento, evitiamo polemiche») rispetto a decisioni che nascono da valutazione tecniche. Non può però far finta di niente rispetto al malessere generale circa l’azione di governo, allo “stallo” che infatti denuncia quasi ogni giorno su riforme, fisco, lavoro, gestione del Recovery fund, convivenza con la crisi del Movimento 5 Stelle che invece di aprire la strada ad un’azione di governo a guida Pd, la congela in attesa di chissà cosa.

Le richieste di Italia viva sembrano coincidere in questa fase con il dissenso dei parlamentari Pd. Ieri i renziani hanno ribadito la “necessità di utilizzare i soldi del Mes”, “l’amarezza per la scuola chiusa”, la “preoccupazione per le difficoltà economiche per famiglie ed imprese” e l’auspicio che ogni dettaglio venga curato per tempo per l’avvio della campagna vaccinale. E hanno avvertito: «Evitare ogni rischio di ritorno populista sia sulla riforma del Mes che sul Recovery Plan».

È un quadro di maggioranza scomposto su cui Conte galleggia in assenza di alternative reali. Ma il logoramento è evidente. Ha scritto ieri sera Carlo Calenda: «La maionese del governo giallo-rosso è impazzita. Il M5S non esiste più come entità politica unica. Spetta a Pd e IV trovare una via d’uscita, e agli altri partiti che sostengono la Commissione Von der Layen collaborare per finalizzarla. Il resto è solo pericolosa agonia». Il messaggio è, anche, per Forza Italia.

Avatar photo

Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.