Paese allo sbando
Le differenze abissali tra un liberale come Berlusconi e uno sceriffone da spiaggia come Matteo Mojito Salvini
La disgrazia italiana? Sempre la stessa da oltre un secolo: avere due sinistre di cui una inutilizzabile e due destre di cui una inutilizzabile. Se utilizzi quella inutilizzabile, sia la destra che la sinistra, ottieni un’Italia illiberale, minacciata dall’autoritarismo, vuoi di destra che di sinistra. È una coazione a ripetere come quella di Charlie Brown che credeva a Lucy quando lei gli offriva il pallone per toglierglielo all’ultimo istante. Così era e così è. Salvini è la destra illiberale, è la destra che non ha un piano per l’Italia ma muscoli reattivi popolari perché spesso fondata sulle comprensibili paure. La destra di Giorgia Meloni è stata sempre in mezzo al guado transitando dall’ex post-quasi-neo fascismo a un’area che non è carne ma ancora neanche pesce, però hai visto mai, speriamo bene.
I liberali, e chi sono? Sono ormai soltanto i berlusconiani con il loro fondatore ostinatamente alla testa di una truppa sempre più insensibile al richiamo eccitante del liberalismo, che si sforza di restare viva. Ogni volta che in democrazia si tenta la strada più decente e più onesta del realismo, e dell’eroico compromesso, salta fuori l’imbecille di turno che grida all’inciucio. Inciucio è una parola infernale inventata da gente infernale con finalità infernali. E ricordo perfettamente quando dove e da chi è traslocata dal lupanare da sezione all’analisi politica. “Inciucio” è un sostantivo razzista che serve per rendere detestabile e losco lo strumento più temerario della politica, che è il compromesso. È come il voto di scambio. Ogni elezione è legittimamente voto di scambio: io proteggerò i tuoi interessi, i tuoi valori, la tua vita e tu mi mandi in Parlamento a difenderti.
Perché non arrestare l’intera democrazia per voto di scambio? Difendi i lavoratori? Voto di scambio. Difendi gli imprenditori? Voto di scambio. E così via. La democrazia è tutta un voto di scambio e arte coraggiosa del compromesso. Moro e – secondo molti che se ne intendono – anche Berlinguer, ci hanno rimesso la pelle per un compromesso che non s’aveva da fare. Oggi il compromesso è quello che offre Forza Italia – ultimo scampolo liberale – a un Governo in confusione e di dubbia legittimità, costretto a fronteggiare una catastrofe. È una partita politica nel senso più nobile e temerario, che include il compromesso. Vedere le contorsioni esorcistiche di Luigino Di Maio perché si ritrova Berlusconi sulla strada mentre lui è in un vicolo cieco, già di per sé è una equa vendetta. Vedere i talebani manettari sinistresi ammettere a bocca aperta che “Berlusconi alla fine è l’unico vero statista”, è puro piacere, ma anche motivo di soddisfazione.
Purtroppo non sorprende ma fa incazzare l’atteggiamento della Lega che ha trescato con Di Maio mentre quello deponeva uova di serpente con il reddito di cittadinanza ai mafiosi, trattando Berlusconi a pesci in faccia. Il problema è che Lega e anche Fratelli d’Italia non hanno ancora capito che da soli non vanno da nessuna parte perché senza i liberali non esiste nessuna alternativa al populismo di sinistra e di destra. Le trasmigrazioni parlamentari sono la prova del fatto che questo Parlamento non rappresenta più gli elettori perché è totalmente delegittimato, tant’è vero che ogni eletto fa quel che gli suggerisce il legittimo interesse alla sopravvivenza, anche politica, ma in totale sconnessione con l’elettorato.
Oggi, con il Covid, la maggioranza del Paese è alle contorsioni perché cerca di nascondere quale sia la posta in gioco: se condannare a morte o no una generazione di ottantenni improduttivi (come dice Toti) per salvare una parte dell’economia, spingendo stampa e televisione di regime a illuminare soltanto la terribile sorte degli scolari senza merendina o quella delle rarissime morti per Covid di chi ha solo vent’anni e dunque non meriterebbe di morire di un virus autorizzato a far fuori i soli ottuagenari che sono il novanta per cento dei caduti per l’epidemia. È una situazione di merda etica, politica ed economica che richiederebbe il ripristino prioritario dei diritti fondanti alla vita e alla tutela di tutti i deboli, non soltanto di quelli autorizzati dalla propaganda neostalinista delle “crescenti disuguaglianze” che nessuno si è preso la briga di andare a verificare.
È dunque il momento in cui un Governo guidato da un capitato per caso, con una maggioranza raccogliticcia e che ha condotto malissimo la difesa contro l’epidemia (abbiamo in proporzione più morti noi che gli Stati Uniti, e siamo terzi per mortalità mondiale dopo Messico e Iran che hanno un servizio sanitario primitivo) non sa più che fare, manca di consenso e chiede aiuto senza fusioni e confusioni come si fa ovunque quando arriva una catastrofe. È bastato avanzare la proposta decente di una collaborazione per il bene comune ed è scattato subito il riflesso pavloviano dell’inciucio. E infatti, subito alcuni sono passati da un Corral all’altro. I giornali sembrano più o meno tutti rimbecilliti, incapaci di interpretare il grande disegno, concentrandosi sulle foglie del tè e le budella dei conigli.
Quando dici sinistra, non sai più a che cosa ti riferisci. I Dem si stanno ammazzando per tenere in piedi una baracca (che ha come scopo solo quello di tenere in piedi la baracca) e accettano con sollievo la ciambella di salvataggio Berlusconi, però condannandosi a ripetere ossessivamente che in questo non c’è nulla di male, grazie, Graziella, eccetera. Le rassegne stampa offerte da Google e su cui c’è vertenza per i diritti d’autore, fanno cascare le palle per terra: è tutta una poltiglia di gossip su fiche televisive e i dietro-le-quinte dei talk show del nulla con annessi suggerimenti su come interpretare le scoregge delle formiche. Non provo neanche a ripetere i temi fondamentali su cui si batte questo giornale in tema di rispetto dei diritti individuali, dei delitti e delle pene, di una giustizia lenta ma che fa paura. Il giovane filosofo inglese, conservatore e gay, Douglas Murray, sostiene che soltanto i popoli di lingua inglese (UK, Usa, Canada, Australia e Nuova Zelanda) sanno che cosa sia la democrazia dal momento che l’hanno inventata loro, cioè la democrazia di cui gli europei continentali sono dei pallidi imitatori, per di più miscredenti.
Giudizio eccessivo? Non ne sono più sicuro. Certo è che – dice Murray – “noi siamo abituati a vedere atti di governo che discendono dalle nostre scelte e non potevamo accettare atti di governo che discendono da Bruxelles”, in sintonia con Nigel Farage. Io personalmente non sono d’accordo, ma riconosco che queste parole e questo modo di pensare è legato a un atteggiamento rivoluzionario-liberale che pone al primo e unico posto la tutela delle libertà singole delle singole persone. Persone e non “cittadini”, che è un termine giacobino – citoyens – per nascondere la ghigliottina e sottostanti tricoteuses che facevano la calza mentre cadevano le teste e si divertivano a vedere che faccia facevano.
La sfida oggi arriva a cavallo del Coronavirus e non agita la falce della morte ma la bandiera della possibile riconquista del rispetto della persona.
Murray e altri filosofi anglosassoni spiegano che il secolo scorso è stato quello in cui le armi aggressive sia militari che politiche hanno provocato danni e distruzioni umilianti, mentre il nostro secolo si sta sviluppando sulla difesa: anche i militari spendono molto più nello scudo che nella spada e così le organizzazioni della vita collettiva che includono il ripristino, anzi l’invenzione, della libertà e del diritto di cercare (non di avere) la felicità propria, nella misura personalizzata che ci appartiene, quel principio che il ventenne napoletano Gaetano Filangieri fece comprendere a Benjamin Franklin e che passò nella Costituzione americana come “The Pursuit of happiness”, il perseguimento della felicità o almeno del benessere umano.
Questo ci sembra il tema delle differenze fra un liberale gaudente e tenace come Berlusconi e uno sceriffone da spiaggia come Matteo Mojito Salvini. Berlusconi che si è preso il virus, che si è preso un oggetto di ferro sulla fronte, che è passato sotto le forche caudine di un numero di processi che neanche gli abitanti di Calcutta per metro quadrato, oggi ha lanciato il salva-democrazia liberale: “Hic Rodhus hic salta” dicevano i romani. Qui e ora è il momento e il luogo del colpo di frusta per ripartire. Questa è la sfida liberale che nasce già diffamata e insultata, come sempre da destre e sinistre illiberali, tutte riconoscibili dall’uso esorcistico dell’inciucio. Quali consigli dar loro? Ad Oxford dicono go fuck yourselves e non sappiamo trovare di meglio.
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