La pronuncia della Corte Costituzionale
Figli di coppie omosessuali: dalla vita al diritto
Oggi la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi su due questioni di legittimità, sollevate l’una dal Tribunale di Padova, l’altra dalla Corte di Cassazione, che traggono origine da vicende di vita familiare segnate dalla presenza, rispettivamente, di due madri e due padri. Occorre una premessa.
Il diritto è uno strumento utile, talvolta importante e anche benefico, ma sopravvalutarlo, e tramutarlo in una panacea per contraddizioni e inquietudini del mondo contemporaneo, ne comporterebbe lo snaturamento e l’implosione. La domanda se due persone dello stesso sesso possano essere genitori vengono prima del diritto e vanno oltre il diritto: ad essa può rispondersi in termini pre-esperienziali (in astratto) e esperienziali (in concreto). Il primo approccio è sposato, ad esempio, dalla chiesa cattolica (ma non solo): la famiglia eterosessuale e non altro rientra nella volontà di Dio. Il secondo approccio, sostenuto (anche) dalla comunità Lgbti, è invece relativizzante.
La valutazione pre-esperienziale si fa forte di una tradizione religiosa e storica, e di una visione antropologica di indubbia presa. Bisogna farci i conti, e saper ribattere con argomenti generali, senza cadere nell’errore di liquidarla invocando il diritto e basta. Perché il diritto non basta. Benché cattolico, preferisco il secondo approccio. Sarò di parte, perché omosessuale, perché penso sempre più spesso a una famiglia con dei figli, ma è il dato esperienziale, umile e non ideologico, che può davvero orientare in una materia incandescente. Le forti aspirazioni genitoriali delle persone omosessuali hanno fatto nascere molti bambini nel mondo, ed è da questo fatto che occorre muoversi. Vari studi sui bambini nati e cresciuti in famiglie omogenitoriali sembrano attestare che essi non stanno meglio o peggio di quelli nati e cresciuti in famiglie eterosessuali. Di fronte a questo fatto, il diritto come sempre deve disciplinare modi e forme.
Un fatto che il diritto non può ignorare è il legame biologico: il genitore che avrà partorito oppure avrà fornito il proprio materiale genetico sarà tale per la legge. Oggi si tratta di acquisizioni certe anche in Italia. Ma l’altra madre e l’altro padre, come considerarli? Secondo la L. 40/2004, la fecondazione eterologa è ammessa per le coppie eterosessuali, mentre la surrogazione di maternità è vietata e sanzionata con pene severe. Il fatto è che, nel nostro mondo globalizzato, non tutti i Paesi hanno le nostre stesse leggi e ci sono Paesi (non meno “civili” del nostro) in cui una coppia di donne può ricorrere alla fecondazione eterologa (ad esempio la Spagna) e una coppia di uomini può richiedere la collaborazione di una donna nella surrogazione di maternità (ad esempio il Canada).
In Italia, l’unica strada che i genitori non biologici hanno per essere riconosciuti tali è una scappatoia in base alla legge 184/1983 (sull’adozione) che prevede (tra l’altro) l’adozione del figlio del partner, sempre che questi dia il proprio consenso. Nel caso sollevato dal Tribunale di Padova, la madre biologica però non ha dato il proprio consenso e la sua ex moglie, che si considera madre benché senza legame biologico perché entrambe vollero le loro bambine, dopo la separazione si è trovato negato ogni legame con loro, prima dalla madre biologica, poi dalla legge. Il Tribunale di Padova constata che la L. 40/04 vieta il ricorso alle tecniche di fecondazione a coppie dello stesso sesso e solleva allora la questione di legittimità costituzionale, perché, nel caso al suo esame, non esisterebbe in Italia una via giuridica che riconosca alle bambine il mantenimento del legame già decennale con la madre non biologica.
Quanto ai padri, era accaduto che alcuni tribunali ordinassero agli uffici dell’anagrafe di trascrivere i certificati e/o le sentenze emessi da giudici stranieri, dei Paesi dove il minore era nato attraverso il ricorso (lecito) alla maternità surrogata e nei quali entrambi i padri venivano considerati tali. Nel 2019, però, la Corte di Cassazione decide, con una pronuncia a Sezioni Unite, che quegli atti stranieri non possono essere riconosciuti in Italia e non possono essere eseguiti perché contrari all’ordine pubblico internazionale che, nel nostro Paese, si compone anche del divieto della maternità surrogata. La stessa Corte, a distanza di meno di un anno, reputa che l’indirizzo impresso dalle Sezioni Unite, costituente l’attuale diritto vivente, sia in contrasto con la Costituzione, perché non consente l’apprezzamento effettivo del miglior interesse del minore, che va sempre valutato caso per caso dal giudice secondo l’insegnamento consolidato della Corte europea dei diritti dell’uomo.
Un aspetto centrale della questione attiene al ruolo del giudice. Quando si tratta di valutare il miglior interesse del minore, una soluzione predeterminata in astratto che imponga sempre e soltanto di negare il vincolo col genitore non intenzionale, perché contrario all’ordine pubblico, impedirebbe al giudice la parte essenziale del suo lavoro: l’esame delle circostanze specifiche del caso concreto.
Queste le due questioni che dovranno essere decise dalla Corte Costituzionale, anche con l’aiuto prezioso delle memorie depositate da Rete Lenford, associazione dell’avvocatura per i diritti Lgbti. Il compito non è facile. Perché il diritto non basta, e bisogna esserne consapevoli per dare una risposta giusta in diritto. Siamo di fronte alle vite delle persone nella loro dimensione forse più profonda e importante, e a una politica che preferisce tacere (salvo gridare alla sacralità della famiglia tradizionale con un’ignoranza dalla ferocia imperdonabile). Per aiutare quelle vite a compiersi in modo possibilmente armonioso e felice, come intende la Costituzione, è però necessario liberarci del peso dell’assunto pre-esperienziale che rifiuta a due uomini e a due donne la possibilità stessa di essere genitori. Forse quest’assunto sarà vero e perfetto, conforme a natura e alla volontà di Dio. Forse…
Intanto a orientarci resta la ragionevolezza dell’assunto esperienziale: mi compaiono davanti agli occhi tutti i figli che conosco nati dalla maternità surrogata e cresciuti da due padri, oppure nati dalla fecondazione assistita in una coppia di mamme. Penso che se una legge o una sentenza, male applicando divieti astratti e poco o nulla calibrati sulla vita, li privasse di uno dei due genitori, che li hanno desiderati, che li amano, che li educano con i limiti di ogni altro genitore che apre e chiude gli occhi su questo pianeta, nessuno riuscirebbe mai a convincerli che quella legge e quella sentenza sono giuste. E neppure che quella giustizia piace a Dio.
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