Quello che ieri ha portato all’approvazione in prima lettura alla Camera della legge contro l’omotransfobia è stato un dibattito assai ripetitivo, ma soprattutto monco. Da una parte il solito copione della destra meloniana e salviniana, con i propri deputati che – pur premettendo all’inizio di ogni intervento la loro ferma avversione per qualunque discriminazione di identità di genere o per orientamento sessuale – finivano puntualmente per negare l’esistenza stessa del problema e quindi la necessità di affrontarlo con una norma. Non solo: fino all’ultimo la destra ha agitato in Aula addirittura lo spettro di uno Stato etico che annienti la libertà di opinione dei cittadini punendo penalmente per discriminazione anche chi, con tono non ben bilanciato, dovesse chiedere a una puerpera: “è maschio o femmina?”.

Dall’altra parte la maggioranza che, con l’obiettivo di portare a casa l’approvazione della legge evitando incidenti di percorso, ha evitato anche un dibattito serio e approfondito sulla lotta alle discriminazioni e sulla necessaria rimozione degli ostacoli alla effettiva uguaglianza di tutte le persone nel nostro Paese. Ne è uscito così un dibattito parziale e insoddisfacente. Perché, di tutta evidenza, è illusorio credere che le sanzioni penali siano lo strumento migliore per sconfiggere le discriminazioni. Bisogna puntare su prevenzione, informazione, istruzione e questo, almeno in parte, la legge approvata ieri lo prevede. Ma più di ogni altra cosa serve il pieno riconoscimento dei diritti: un traguardo che si può raggiungere soltanto con una riforma complessiva del nostro diritto di famiglia che elimini gli ostacoli che impediscono una uguaglianza effettiva delle persone LGBTQ+ in materia di matrimonio civile, riconoscimento automatico dei figli e accesso alla procreazione assistita. Era esattamente questo l’obiettivo di un ordine del giorno a mia firma, messo a punto con le associazioni Certi Diritti e Luca Coscioni e con la Cgil Nuovi Diritti, respinto ieri dal governo e dalla maggioranza.

Il Parlamento purtroppo ha perso un’occasione importante per indicare il percorso da seguire per una lotta efficace alle discriminazioni. Nella maggioranza ha prevalso la paura e quando questa prevale rischia di fare il gioco di chi quelle discriminazioni le mette in atto o di chi, come la maggior parte della destra, nega il problema. Apportare una modifica del genere al nostro codice penale (la ventesima dall’inizio della legislatura in direzione di un inasprimento delle pene o di nuove fattispecie di reato) senza indicare un percorso di riforme che amplino il riconoscimento di diritti è debole e poco efficace. Ed è quello che ho sottolineato in modo chiaro e netto in Aula, annunciando comunque il mio voto favorevole a questa legge contro l’omotransfobia. Del resto, come può essere credibile nel punire le discriminazioni commesse dai propri cittadini uno Stato che nella propria legislazione mantiene distinzioni basate sull’orientamento sessuale e l’identità di genere?