Ha trattato fino alla fine. Anche il Ministro non era tanto convinto. Poi hanno trovato la quadra. Il generale dell’Esercito Francesco Paolo Figliuolo, il militare che ha fatto vaccinare l’85% degli italiani contro il Covid e da fine 2021 guida il Comando operativo interforze dello Stato maggiore della Difesa, sarà il Commissario per la ricostruzione della Romagna alluvionata.

Ha vinto la linea di Giorgia Meloni che voleva spezzare la prassi del Presidente di regione che assume il ruolo di commissario in caso di emergenza e calamità. La premier avrebbe voluto mettere il fedelissimo Galeazzo Bignami, già viceministro alle Infrastrutture, ma sarebbe stato una mossa deflagrante per la tenuta della maggioranza. Al tempo stesso non poteva lasciare alla Lega quella casella sul cui buon esito cui sarà giocata la doppia partita elettorale, quella delle Europee del prossimo giugno e quella della Regionali a gennaio 2025.

Figliuolo, già acclamato Mr. Woolf ai tempi del Covid, è stata la scelta finale, figura tecnica, quindi inattaccabile. In realtà Lega e Forza Italia hanno provato fino alla fine a giocare la carta Bertolaso, dimenticando però che il torto subìto dalla stessa Meloni nel 2016, sarebbe stato insuperabile. A Roma c’era la campagna elettorale per il Campidoglio e Bertolaso, candidato di Berlusconi, consigliò all’allora giovane Giorgia e mamma in dolce attesa, di lasciar perdere, “pensi a fare la mamma”. Torto imperdonabile. Nel frattempo Meloni è diventata mamma della bella Ginevra e anche premier.

Si chiude così uno dei dossier più delicati e divisivi delle ultime settimane. In realtà Figliuolo non avrebbe avuto alcuna voglia di fare il commissario. Altre sono le sue ambizioni: diventare capo di Stato maggiore dell’Esercito, casella che si libera a inizio 2024, per poi puntare alla guida dello Stato Maggiore della Difesa. Andare adesso a fare il Commissario di una ricostruzione con pochi soldi e il territorio inferocito non è un buon viatico. La soluzione è stata trovata con il ministro della Difesa Guido Crosetto, anche lui poco propenso a perdere Figliuolo: il generale potrà comunque ambire a guidare lo Stato maggiore se, viene spiegato, “il ministro pro tempore lo sceglierà per l’incarico”. Fare il Commissario per la ricostruzione, in teoria, non compromette quindi la nomina allo Stato maggiore.

Questa la promessa. Vedremo. Figliuolo, comunque, ha detto “obbedisco”. La sua nomina sarà in realtà operativa tra due settimane: il tempo di definire il testo del decreto. Giorgia Meloni sta cercando di sminare il terreno in questa settimana di passione. Più che soluzioni trova rinvii. L’assemblea dei capigruppo del Senato ha rinviato alla prossima settimana l’informativa del ministro del Turismo Daniela Santanchè. Se ne riparlerà mercoledì 5 luglio (alle 15), non sarà un question time e non ci sarà una votazione. Le opposizioni, in pressing per un chiarimento sulla gestione delle società della ministra (su cui indaga la procura di Milano con l’ipotesi del falso in bilancio ma senza indagati), hanno rinunciato alla formula del Question Time – più specifica sui nodi poco chiari – ma non mollano la presa sulle dimissioni. “Ascoltiamo e poi vedremo” dicono.

Anche sul Mes si profila un rinvio: venerdì 30 giugno arriverà in aula la proposta votata dalle opposizioni, ma non dai 5 Stelle, per la ratifica del Meccanismo di stabilità. Probabilmente ci sarà la discussione generale. A quel punto però la maggioranza chiederà il rinvio del voto. A settembre. Il destra-centro è nell’angolo. E’costretto a ratificare, nonostante Salvini. Ma non può farlo adesso per almeno due motivi: imploderebbe la maggioranza. E verrebbe meno la narrazione alimentata finora da una maggioranza sovranista e nazionalista che usa il Mes come arma di pressione su Bruxelles per ottenere quella flessibilità sui conti e sul Pnrr di cui il governo ha bisogno come dell’aria.

Meloni non rinvia gli unici due appuntamenti inamovibili: la comunicazioni al Parlamento (stamani ore 9 alla Camera; ore 15 al Senato) e il Consiglio europeo di giovedì e venerdì che ha stravolto l’ordine del giorno dopo il tentato golpe in Russia della Wagner contro Putin e i suoi generali.

Possiamo dire che la vicenda del Commissario Figliuolo è paradigmatica di come vanno le cose in maggioranza. E dei “buoni” rapporti tra Lega e Fratelli d’Italia. Più che la ricostruzione post-alluvione queste settimane sono sembrate una challenge per lo sgambetto più fastidioso. E insidioso. Con buona pace delle 21 mila aziende agricole per circa 41 mila addetti che sono fermi causa fango secco e molte delle quali dovranno aspettare 2-3 anni prima di tornare a raccogliere frutta e verdura. Per non parlare di frane, strade, case, famiglie e tutto lo sterminato elenco dei danni per circa 9 miliardi.

È certamente uno sgambetto la nomina del generale Figliuolo. Sgambetto per Salvini che avrebbe voluto un suo uomo in quella casella (Jacopo Marrone). E per Bonaccini a cui viene sottratto l’onere e l’onore della Ricostruzione della sua terra ma è un ruolo di troppo visibilità – e anche rischio – per lasciarlo al Presidente del Pd nel pieno di due campagne elettorali. Era uno sgambetto anche solo l’idea di Bertolaso. Così come è stato uno sgambetto, con l’aggravante di essere volgare, la risposta del ministro alla Protezione civile nello Musumeci che la scorsa settimana alla delegazione di amministratori romagnoli seduti al Tavolo della ricostruzione disse: “Questo governo non è un bancomat”. In questo caso lo sgambetto ha finito per danneggiare il governo stesso che aveva annunciato 2 miliardi per l’emergenza (“nessuno come noi prima di noi” esultò la premier) quando invece ce ne sono 250 milioni, più o meno un decimo, che sono già finiti perchè tutti, anche polizia e carabinieri e Protezione civile, hanno attinto fino a questo momento da questo primo fondo.

Non ci sono soldi. Meno male che Bruxelles ha già messo a disposizione un primo pacchetto di aiuti di 60,5 milioni. Il territorio è furioso perché dal 2 maggio ha visto solo passerelle e, nonostante le promesse, si sta aiutando da solo con donazioni di privati e di tasca propria. La destra è arrivata ad accusare Bonaccini di aver presentato una lista danni approssimativa. In realtà ci sono centinaia di schede tecniche già pronte e compilate. Buon lavoro generale Figliuolo.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.