A Napoli sta crescendo una polemica, a mio giudizio sterile, che si fonda su questa domanda: può un tifoso della Juventus diventare sindaco? Pare che Gaetano Manfredi, candidato alla guida di Palazzo San Giacomo per il centrosinistra, sia quello che noi (e sottolineo “noi”) tifosi azzurri definiamo un “non colorato”. Eppure auspico che si possa ragionare di politica oltre le bandane e al di là delle bandiere del tifo calcistico. Insomma, l’ex rettore e ministro tifa per la Juve, squadra che i sostenitori del club di Aurelio De Laurentiis detestano.

Ho letto due interviste sull’argomento a due professionisti di altissimo profilo: Claudio Botti, penalista di fama, ed Edoardo Cosenza, presidente dell’Ordine degli ingegneri. È un’operazione mediatica che non mi piace, nel rispetto dell’opinione di chiunque. Il calcio e il pallone non possono appartenere, per definizione, all’iperuranio. Non sono idee perfette, immutabili. Chi scrive, durante la partita del Napoli, si trasforma (penso a “quel” Napoli Verona 1 a 1 che ha sottratto agli azzurri la partecipazione alla Champions). Sempre chi scrive, dopo una mezz’ora dal triplice fischio, si vergogna dello squallido spettacolo offerto al figlio, alla moglie, forse ai vicini: urla, parolacce, volgarità di ogni genere. Assorbita l’adrenalina, però, si torna alla realtà, magari sfottendo (o più spesso, nel mio caso essendo sfottuti) con telefonate e messaggini i tifosi avversari. Sempre l’autore di queste righe, chiamato a esprimere un parere sul presidente De Laurentiis, disse più meno questo: da commercialista lo adoro, è un genio riuscito persino a prendere denaro dalla località che ospita la squadra in ritiro. Mi riferisco al Trentino e a Dimaro che pagavano fior di quattrini pur di avere il Napoli ad allenarsi prima dell’inizio del campionato. Da tifoso, lo boccio clamorosamente. Vorrei che si indebitasse, che ingaggiasse Messi, Ronaldo e Neymar per vincere di nuovo lo scudetto.

In questo antagonismo tra Dottor Jekyll e Mister Hyde c’è l’essenza del mio pensiero. Il mitico allenatore Vujadin Boskov diceva: rigore è quando arbitro dà. Poi la partita finisce. Mi sono anche permesso di osservare, proprio su questo giornale, che una norma salva-Napoli che copra i tre o quattro miliardi di “buco” nel bilancio del Comune partenopeo, dev’essere approvata prima delle elezioni amministrative e a prescindere da chi siederà al primo piano di Palazzo San Giacomo. Sono un cittadino partenopeo e faccio innanzitutto il tifo per la mia città. D’altro canto, lo stesso avvocato Botti ha ricordato come Luigi de Magistris «sia appassionato del Napoli ma tifi Inter». Tornando alle bandane di cui sopra, il sindaco uscente ha “scassato”, ma poi non ha costruito e il giudizio su di lui lo daranno la storia, i napoletani, forse la Corte dei conti. Di  certo non la sua presunta, forse segreta, fede nerazzurra (mi auguro che il primo cittadino non mi quereli, tra l’altro sta per trasferirsi in Calabria dove i tifosi milanisti, juventini e interisti sono tantissimi).

Insomma, tra Antonio Bassolino, Alessandra Clemente, Gaetano Manfredi, Catello Maresca e Sergio D’Angelo, noi napoletani saremo chiamati a una scelta difficile dalla quale probabilmente dipenderanno le sorti della nostra amata città. Ciascuno decida con saggezza e serenità, laicamente, tutt’al più sulla base di idee e progetti. E senza badare ai colori della maglietta che il sindaco indossa quando è davanti alla tv per guardare la partita.