Osservatorio napoletano
“Servono idee e candidati, la loro mancanza fa male alle democrazia”, intervista a Massimo Adinolfi
«Napoli non ha bisogno di un uomo che la ami, ma di un sindaco con ambizione e capacità amministrative. Maresca? Una follia che si candidi a Napoli. Voterei Manfredi se dimostrasse più convinzione. Per quanto riguarda Bassolino, la sua candidatura ha un grande limite: è una corsa in solitaria». Massimo Adinolfi, direttore della scuola PoliMiNa che il 30 giugno chiuderà il bando aperto per chi ambisce a farne parte, esprime il suo parere sulla città e sui nomi dei candidati, reali e “virtuali”.
Professore, come mai pare che più nessuno abbia voglia fare il sindaco? Guido Bertolaso e Gabriele Albertini hanno dato forfait. A Napoli, invece, Gaetano Manfredi non scioglie le riserve e la sua candidatura dipende dalle garanzie che riceverà.
«Credo che incidano, nel caso di Napoli, condizioni amministrative complicate. Manfredi ha ragione a guardarsi le spalle e a chiedersi se ci sarà un sostegno da parte del Governo centrale. Ma ancor più delle condizioni amministrative, credo che incida l’incertezza del quadro politico. Il sindaco è una figura molto esposta, chiamata ad addossarsi delle grandi responsabilità. Quando il quadro politico è molto frantumato, il peso della responsabilità si avverte ancora di più».
Quindi l’atteggiamento di Manfredi è comprensibile?
«Sì, anche se mi aspetto che un politico sia capace di determinare le condizioni, non solo di assicurarsene la sussistenza in via preventiva. Però è anche vero che il quadro politico di Napoli è polverizzato».
Quanto pesa il fatto che a Napoli i due schieramenti principali, a cinque mesi dalle elezioni, non abbiano ancora un candidato e un programma?
«Non sono tra i “programmisti”, cioè tra quelli che si aspettano che il candidato metta giù un libro dei sogni. Non mi piace la “programmite” perché vuol dire non avere sintesi politica, ma qui siamo all’opposto: di idee per la città non se ne vedono. Quindi l’assenza pesa in termini di qualità del processo democratico, perché capire con un certo anticipo come si va al voto consente di condurre una migliore campagna elettorale, cioè meno fondata sugli slogan. Per quanto riguarda i candidati, invece, mi sembra che il centrodestra sia un po’ più avanti anche se non c’è ancora nulla di ufficiale».
Sì, in questi giorni dovrebbe esserci l’annuncio ufficiale del candidato di centrodestra, cioè del pm Catello Maresca. Cosa pensa della sua disceso in campo?
«Sono molto scettico sul fatto che si candidi nella città dove esercita le sue funzioni di magistrato e non mi sembra il massimo della separazione dei poteri. Un magistrato che si candida a sindaco non mi piace per principio; non mi piace in ragione della qualità liberale dei processi democratici e non mi piace perché è segno di una fragilità della politica. In generale, sarei molto più severo nei confronti di questi passaggi dalla magistratura alla politica: non mi convincono mai».
Però il Csm dice che è tutto legittimo…
«Non mi sorprende che il Csm si sia comportato così anche perché non c’è una norma che vieti a Maresca di fare ciò che sta facendo, ma glielo dovrebbero vietare i costumi politici e la maturità di una città, oggi assenti. Dovrebbe essere approvata una “norma di civiltà”».
Al di là di Maresca, assistiamo a un boom di candidati civici. Come mai?
«È una tendenza che si è affermata a livello nazionale, non solo a Napoli. Noi abbiamo un presidente del Consiglio e un ex presidente del Consiglio che facevano tutt’altro, privi di una chiara cultura politica che finisce per precisarsi proprio nel corso dell’esperienza governativa. Che questo accada poi anche a livello locale, non mi meraviglia».
L’unico politico che vorrebbe guidare la città, per il momento, è Antonio Bassolino. Cosa pensa della sua candidatura?
«Una persona indubbiamente di prestigio, ma mi piacciono poco i percorsi individuali, fondati su una storia personale ma che non fanno sintesi, non si traducono in progetto politico vero e proprio. Bassolino oggi dice cose che, come esponente del Partito comunista, non avrebbe mai detto e cioè che scende in campo al di là dei partiti e della politica, ma solo per amore di Napoli. Di amore per la città ne abbiamo fin troppo e non è questo quello di cui ha bisogno per essere bene amministrata. Il limite di questa candidatura è questo: la debolezza della proposta politica».
La città di cosa ha bisogno?
«Di un sindaco competente, che sappia mettere le mani nei problemi concreti: dai trasporti alla gestione del patrimonio immobiliare, per non parlare delle condizioni del bilancio. Ha bisogno di inventarsi grandi progetti che non devono essere vetrine, quinè indispensabile un sindaco anche molto ambizioso».
A proposito del debito, la legge “Salva Comuni” salverà anche Napoli, ma resteranno le cause strutturali del debito: come si rimedia?
«C’è bisogno di una gestione razionale delle risorse: mi piacerebbe sentir parlare il prossimo sindaco di valutazione, controllo, verifica, rendicontazione della spesa. Poi mi aspetto che sia il sindaco a dirmi a che punto siamo con Bagnoli, con Napoli Est e così via».
Di Alessandra Clemente e Roberto Fico, invece, che opinione ha?
«La candidatura della Clemente è l’evoluzione naturale di un’esperienza politica, ma non la voterei. Fico è tra quelli che ha detto “amo Napoli alla follia”, ma questa non è una buona garanzia: non ha un’esperienza amministrative alle spalle, ma diciamo che, visti i problemi dei Cinquestelle, farebbe bene a pensare a chi sono, perché oggi non si sa cosa siano».
Quindi, voterebbe Manfredi?
«Sì, se fosse più baldanzoso e se indossasse definitivamente i panni dell’uomo politico. Napoli è abituata a sindaci passionali e populisti, lui è più sobrio e razionale ed è bene che la città faccia un’esperienza del genere. In questo momento la capitale del Mezzogiorno non ha bisogno di professioni di fede napoletana».
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