Le frizioni iniziate in diretta a Carta Bianca
Galli torna a criticare Ascierto: “Aveva curato due casi e già tirava conclusioni”
“Non so se lo ricorda, ma una sera mi sono lasciato un po’ andare in tv con un collega”, ricorda Massimo Galli in un’intervista a Tpi.it. Il direttore del dipartimento di malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, uno dei volti della comunità scientifica più esposti durante l’emergenza coronavirus, ricostruisce quello che è stato il suo scontro con Paolo Ascierto, andato in diretta su Raitre durante la trasmissione Carta Bianca. Ascierto, oncologo dell’Ospedale Pascale di Napoli, con la sua equipe aveva curato alcuni pazienti positivi al Covid-19 all’Ospedale Cotugno, principale centro specializzato in malattie infettive della Regione Campania, con un farmaco anti-artrite. Galli lo aveva in qualche modo criticato, dando il via a una sorta di contrapposizione tra Nord e Sud, una narrazione campanilistica e “confondente” secondo Galli. “L’Italia è questa. Non si può assumere una posizione di dissenso senza che si scambi per una guerra tra campanili”. Proprio lui durante la diretta di Carta Bianca aveva detto: “Non esageriamo a fare provincialismi di varia natura”. E Ascierto aveva rivendicato il protocollo al quale aveva lavorato l’Istituto Tumori di Napoli.
“L’uso dei farmaci come il famoso Tocilizumab dà buoni risultati – riconosce Galli nell’intervista a Tpi.it – in determinati pazienti è utile a far superare la fase peggiore. Attenzione, però, perché agisce su un sistema immunitario spesso già malridotto e in alcuni di questi pazienti ha effetti collaterali imponenti, soprattutto un possibile danno da infezioni intercorrenti. Rischiano di non morire di Covid ma di altro“. Da queste considerazioni l’inizio delle frizioni con il collega napoletano: “Perché ero molto irritato con lui? – spiega Galli – Perché questa terapia non può essere spacciata come il toccasana che va bene per tutti e salva le persone. Se lo si dà in maniera indiscriminata provoca più guai che vantaggi. Ascierto aveva trattato la bellezza di due casi e già tirava conclusioni, altri medici attraverso contatti continui da vari ospedali in Lombardia e non solo, si consultavano tutte le sere condividendo le perplessità oltre che i possibili successi di questa terapia”.
A Galli non era andata giù la presentazione di quella cura come un’occasione “di presentazione quasi autoreferenziale con troppe certezze sulla base di evidenze fornite da due casi” e che di conseguenza “i parenti dei pazienti ci richiedevano questa terapia certi del successo”. Sul farmaco anti-artrite tocilizumab, sperimentato anche in Cina, dopo i risultati incoraggianti ottenuti al Cotugno a metà marzo, l’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha avviato la sperimentazione scientifica, con Napoli e Modena capofila.
Nella stessa intervista a Selvaggia Lucarelli Massimo Galli ammette di aver sottovalutato l’epidemia all’inizio: “La sera del 20 febbraio, quella in cui poi venne fuori il caso del paziente 1 di Codogno, io stavo di fronte a 100 medici di base per una conferenza. Dissi: ‘Abbiamo avuto i due turisti cinesi che non hanno lasciato strascichi, sono stati chiusi i voli diretti dalla Cina prima che in altri paesi, forse ce la siamo cavata. L’unica possibilità è che ci sia arrivato il virus triangolando di sponda senza che ce ne siamo accorti, ma mi sembra una visione troppo apocalittica’. Mentre dicevo quelle cose un collega di fronte a me riceveva una telefonata si scusava “Mi spiace devo schizzare via per un’emergenza”. Era per il caso 1 di Codogno.
© Riproduzione riservata