A quell’epoca, il 1994, ero alla Stampa e Gad Lerner, uno dei vicedirettori, era al comando del giornale: “Salta sul primo aereo e corri a Gaza. Arafat sta andando a incontrare Rabin e Rabin gli darà le chiavi della striscia di Gaza: lo Stato della Palestina nasce domani. La storia cambia, fai un gran pezzo”. Se lo sono scordati tutti quel primo luglio di trenta anni fa quando Israele consegnò Gaza ai palestinesi, secondo gli accordi di Oslo dell’anno prima. Andai e assistetti alla cerimonia. Gaza era un giardino fiorito perché gli israeliani avevano creato una floricultura formidabile con acqua del mare desalinizzata e lasciarono tutto ai palestinesi. Andatevi a vedere i telegiornali d’epoca: Gaza era stata egiziana fino al 1967 quando fu conquistata da Israele durante la guerra dei sei giorni nel mese di giugno. I coloni israeliani si erano creati una specie di piccola Florida ma dovettero mollare tutto e andarsene perché gli accordi parlano chiaro: Gaza era il primo nucleo del nuovo Stato di Palestina e nel 2004 l’ultimo soldato israeliano lasciò la “nuova Florida” come la chiamavano in Israele e intanto affluivano migliaia di palestinesi dal West Bank e dagli altri territori.

L’ultima intervista di Arafat 

Rimasero gli arabi egiziani che già abitavano la Striscia, perfettamente identici per dialetto e abitudini ai palestinesi. Al governo c’era l’Olp di Yasser Arafat, ma Arafat morì molto male: a causa dell’intervista che mi dette all’Hotel Excelsior a Roma io fui l’ultimo occidentale ad averlo visto vivo perché appena rientrato nel suo compound si ammalò e secondo sua moglie fu avvelenato l’11 novembre del 2004 con lo stesso isotopo del Polonio con cui nel 2006 sarà assassinato l’esule Alexander Litvinenko a Londra. L’altro partner della pacificazione di Gaza, il primo ministro israeliano Rabin era stato assassinato il 4 novembre del 1995. Lo Stato della Palestina nasceva sotto una cattiva stella. E subito arrivò Hamas, terrorista e fondamentalista con un nuovo programma: non due Stati e due popoli, ma un solo Stato palestinese. Israele avrebbe dovuto smettere di esistere. Questo fu il programma di Hamas fra violenze durante le quali il personale politico dell’Olp fu assassinato o costretto alla fuga. Le fioriere furono date alle fiamme benché producessero l’unica vera ricchezza venduta e fatta partire via mare.

La rieducazione di Hamas: “Odiare gli ebrei”

I ristoranti sulla spiaggia e la costa furono chiusi e gli ospedali lasciati in perfetta funzione dagli israeliani furono occupati da personale medico e politico sotto controllo di Hamas che instaurò una dittatura violentissima fondata sulla rieducazione dei bambini che avrebbero dovuto imparare a odiare Israele e gli ebrei. I maschi all’età dai cinque anni sono stati sottratti alle madri e affidati a istruttori per imparare a scandire slogan, portare le bandiere e usare la pistola. Poi, i doveri religiosi come missione esistenziale: uccidere gli ebrei con gioia, il cadavere di una ragazza ebrea tedesca stuprata e decapitata trascinato per le strade di Gaza, prendere a calci il suo corpo, lapidarlo e sputarci sopra. Ma con gioia: è un’ebrea. Alle femmine di Gaza è stata preclusa l’istruzione scolastica, mentre le loro coetanee musulmane d’Israele a poche centinaia di metri frequentavano la scuola dell’obbligo.

Poco cibo e tanti tunnel

Il discreto benessere dei primi tempi finì: i palestinesi non avevano altra fonte di lavoro che fare i pendolari in Israele, come la maggior parte dei palestinesi del West Bank. I fondi delle Nazioni Unite e poi quelli dell’Unione Europea erano presi in consegna dall’autorità amministrativa di Hamas e usati per scopi militari. Decine e poi centinaia di chilometri di tunnel usati per trasferire uomini e razzi da lanciare contro Israele.
Israele rispose costruendo la cupola antiaerea capace di intercettare e abbattere razzi come è accaduto durante la notte dei missili dall’Iran. I palestinesi di Gaza dovettero capire alla svelta che li aspettava un’esistenza tormentata e infatti gli scontri si intensificavano e la loro vita era sempre più una vita segnata dalla propaganda di guerra. Poco da mangiare nei mercati, ma tutti vedevano i cantieri in cui si spendevano cifre faraoniche per i tunnel sotterranei. E cresceva un nuovo tipo di fabbriche: quelle per riciclare i razzi israeliani per farne nuovi razzi. La popolazione della Striscia ha vissuto sotto l’amministrazione di Hamas, che non è laica ma fondamentalista.

Hamas è sunnita, ma tutti gli abitanti di Gaza hanno visto crescere un’alleanza col mondo sciita. I generali iraniani che Israele va eliminando ovunque li trovi, anche nella sede diplomatica di Damasco, sono i direttori delle molte orchestre iraniane fra cui quelle di Hezbollah, Houthi e naturalmente Hamas. I palestinesi di Gaza dal 2005 hanno vissuto una vita ben diversa da quella del West-Bank amministrato dall’Autorità Palestinese. E diversa anche da quella dei due milioni e mezzo di palestinesi che sono nati e che vivono in Israele con diritto di voto, esentati dal servizio militare. Tre realtà palestinesi, ma con vite quotidiane lontane e diverse. Se i palestinesi israeliani vivono intensamente le vicende del loro popolo da una posizione di assoluta sicurezza, quelli del West Bank sono amministrati dagli uomini di Abu Mazen disprezzato per la corruzione.
E poi ci sono i palestinesi di Gaza, tutti giovanissimi e per lo più nati in quel piccolo territorio: quando andai ad assistere alla stretta di mano fra Rabin e Arafat, c’erano soltanto egiziani ed ebrei, con una minoranza di palestinesi, religiosi ma non fondamentalisti. Hamas ha sconvolto gli equilibri perché tutti gli abitanti della striscia hanno dovuto imparare a cantare lo stesso slogan: dalla riva del fiume fino al mare, solo Palestina senza ebrei. I pendolari con Israele si sono trovati a vivere fra due cordoni di polizia, ma la vita era diventata da un anno un incubo perché si preparava l’immondo attacco del 7 ottobre 2023 e tutti più o meno sapevano, e tutti più o meno tacevano.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.