La tregua tra Hamas e Israele si è interrotta all’alba di venerdì. Che qualcosa stesse cambiando nel fragile rapporto tra le due parti in guerra si era compreso già nelle ore precedenti. L’attentato a Gerusalemme, la violazione del cessate il fuoco nel nord della Striscia di Gaza, le difficoltà di Hamas nel ritrovare gli ostaggi e gli annunci israeliani sulla ripresa della guerra entro pochi giorni avevano fatto comprendere, anche alla diplomazia Usa, che lo stop alle ostilità non sarebbe durato a lungo. Le trattative per gli ostaggi sono continuate fino alle prime luci di venerdì. Poi è arrivato l’annuncio da parte delle Israel defense forces che Hamas non aveva rispettato i termini dell’accordo e che le operazioni militari nella Striscia sarebbero riprese.

L’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che l’organizzazione palestinese “ha violato il quadro di riferimento” per il cessate il fuoco, poiché non aveva mantenuto gli impegni “per il rilascio di tutte le donne tenute in ostaggio” e perché aveva lanciato razzi su Israele. Hamas ha accusato invece lo Stato ebraico di avere rifiutato ogni nuovo accordo, con fonti vicine al dossier che hanno riferito di problemi per la liberazione degli uomini e sull’afflusso di carburante. Il risultato è stato che sin dalle prime ore di venerdì le forze armate di Israele hanno ripreso le operazioni. Secondo il portavoce dell’esercito israeliano, il contrammiraglio Daniel Hagari, le Idf hanno colpito circa duecento obiettivi “in tutta la Striscia di Gaza, nel nord e nel sud, a Khan Younis e a Rafah”. I militari hanno pubblicato una mappa della Striscia suddivisa in centinaia di piccole zone in modo da facilitare l’invio di comunicazioni con la popolazione, per evitare il più possibile vittime collaterali.

Decisione che rientra negli sforzi richiesti dagli Stati Uniti anche nell’ultimo viaggio del segretario di Stato Anthony Blinken. Anche se a detta delle autorità di Gaza, i bombardamenti avrebbero comunque provocato più di cento morti. Per l’esecutivo israeliano si tratta di un momento delicato. Nel Paese non mancano pressioni per mettere definitivamente fine alla parentesi della tregua. E in queste ore il Wall Street Journal ha rilanciato l’indiscrezione sul piano per uccidere i vertici di Hamas in tutto il mondo. Netanyahu su X ha ricordato i tre obiettivi dell’operazione militare: “il recupero dei nostri ostaggi, la distruzione di Hamas e la garanzia che Gaza non rappresenterà mai più una minaccia per Israele”. Nel pomeriggio, a parlare è stato poi il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, che ha confermato la linea dura: “Hamas capisce solo la forza”. Insieme ai raid israeliani, sono riprese anche le operazioni di Hamas e delle altre milizie della Striscia.

I razzi hanno fatto risuonare le sirene ad Ashkelon, Sderot, Tel Aviv e in altre città dello Stato ebraico, così come nei kibbutz a ridosso dell’exclave palestinese. La tensione è riesplosa anche a nord. La milizia sciita Hezbollah ha rivendicato un lancio di missili contro le forze armate dello Stato ebraico “in sostegno al popolo palestinese”. Diversi razzi sono stati lanciati dal Libano in direzione di Rosh Hanikra, Maragaliot e Kiryat Shmona, e le Tsahal hanno risposto con attacchi nel sud del Paese dei cedri contro una “cellula terroristica”. Nonostante l’interruzione della tregua, non si sono fermati i negoziati per gli ostaggi. Le trattative per la loro liberazione proseguono, così come la speranza di tornare all’accordo che ha permesso il cessate il fuoco: 10 persone liberate per 24 ore di stop ai combattimenti. Ieri le Idf hanno recuperato il corpo di Ofir Tzarfati, 27 anni, morto durante la prigionia a Gaza, ed è stata confermata la morte di Arye Zalmanovich. Secondo Israele sono ancora 137 le persone sequestrate. E alcune fonti sentite dalla Cnn hanno riferito che si potrebbe tornare a un nuovo patto se Hamas presenta una lista di ostaggi da liberare che sia accettabile per il governo israeliano.