La raccolta del Senato
Giorgio Napolitano tra testimonianze e prospettive. Politici e intellettuali ricordano l’uomo di Stato

Una lunga vita da uomo delle istituzioni, prima come dirigente politico e poi al Quirinale. Un’esperienza radicata nella storia nazionale. Giorgio Napolitano è stato il primo Capo dello Stato nella storia della Repubblica italiana a essere eletto per due mandati consecutivi. Negli anni Settanta seppe cogliere il nesso tra la crisi economica e l’indebolimento della democrazia. Dopo la fine del comunismo, fu tra i primi a sostenere che il Partito comunista italiano (a cui si iscrisse da giovanissimo) dovesse cambiare pelle. In occasione dei 100 anni dalla sua nascita, sono state organizzate diverse iniziative per omaggiare il percorso del Presidente. Il Senato ha curato la pubblicazione, all’interno della collana Biblioteca Italia, del volume Giorgio Napolitano. Testimonianze e prospettive a cento anni dalla nascita, una biografia con un mosaico di contributi autorevoli.
Ignazio La Russa: la presentazione
La presentazione è affidata a Ignazio La Russa. Il presidente del Senato parla di Napolitano come un uomo che, pur venendo da una storia politica forte e ben definita, riuscì a incarnare lo spirito delle istituzioni. «Uomo di parte per storia e formazione, cresciuto con una precisa e coerente collocazione politica, ma sempre promotore e difensore, in senso trasversale, della Politica come impegno alto a favore della collettività, fondamento ed essenza stessa della Repubblica». Un politico appassionato, capace di dare dignità alla politica in tempi in cui sembrava averla persa. Il Paese si compone di sensibilità diverse, certo, ma ciò che deve unire sono valori incardinati nella nostra Costituzione, perché hanno il pregio di accomunare tutti, oltre ogni differenza: «Questa è la lezione sempre attuale che ci lascia Giorgio Napolitano».
Anna Finocchiaro: dal Pci al Quirinale, una vita spesa per l’Italia
Anna Finocchiaro ricorda l’ex Presidente della Repubblica come un punto di riferimento politico e morale, capace di unire rigore e passione civile. Ne ripercorre la formazione nella Napoli del Dopoguerra, «una Saigon mediterranea», dove il giovane Napolitano scelse il Pci «per impulso morale, piuttosto che per motivazioni ideologiche», riconoscendo al partito di essere stato «quello che più ha combattuto il fascismo» e che «si mescola al popolo». Per l’ex ministra delle Pari opportunità, la sua fu una storia segnata da competenza e pragmatismo. Ne ammira il rifiuto dell’ideologismo, la tensione europeista e l’attenzione costante al Mezzogiorno. Racconta anche dei confronti accesi durante il lavoro parlamentare, «ma nessuno di questi episodi ha mai lasciato un’ombra nella nostra relazione istituzionale, né e tantomeno in quella personale».
Antonio Bassolino: napoletano, italiano, europeo
«Con Giorgio Napolitano ho fatto il mio primo comizio in piazza a Napoli. Era l’agosto del 1964, a conclusione di una manifestazione ed un corteo per il Vietnam e contro i bombardamenti americani nel golfo del Tonchino. Lui era il segretario della federazione comunista napoletana, e già affermato dirigente nazionale, ed io giovanissimo segretario di una sezione con centinaia di iscritti in gran parte operai di fabbrica e lavoratori», ricorda Antonio Bassolino. Un lungo cammino comune, nel Pci e nelle istituzioni. «Ha espresso bene i valori della grande cultura meridionale – scrive l’ex ministro del Lavoro – ma anche di quella napoletana, di suoi maestri come Benedetto Croce e Giorgio Amendola». Di quel lascito fu interprete anche con gesti simbolici, come l’apprezzamento per l’uso della parola «Patria» alla convenzione dell’Ulivo nel 1996. A Napoli riservò sempre grandissima attenzione, vicinanza e partecipazione, come i suoi predecessori Scalfaro e Ciampi: «Giorgio ha cercato di esprimente il proprio amore, il suo affetto per la città in modo misurato e giusto. È stato un rapporto forte. Napolitano ha sempre avuto un orecchio attento su Napoli e lo ha sempre mantenuto vivo grazie ai legami istituzionali, sindacali, imprenditoriale e personali».
Liliana Segre: il dovere della memoria
Liliana Segre non ha dubbi: Napolitano fu il Presidente di tutti, un uomo capace di tenere unito il Paese nei momenti più difficili. Lo ricorda per la sua partecipazione intensa e rispettosa alla memoria della Shoah: presente alla posa della prima pietra del Memoriale del Binario 21, «non prese la parola, ma la lasciò a noi promotori, rinnovandoci continuamente supporto e vicinanza». Con lui condivise riflessioni sul termine «razza» nella Costituzione. La senatrice a vita custodisce con particolare affetto l’ultimo messaggio che Napolitano le affidò per l’Aula del Senato: un’esortazione ai parlamentari a operare «al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare». Fu uno degli ultimi messaggi pubblici di Napolitano, «che volle lasciarci una estrema lezione di senso dello Stato e di senso del dovere, ennesima manifestazione della politica nella sua accezione più nobile». Un’eredità di rigore istituzionale e senso dello Stato.
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