Pronti balzelli sull'inquinamento
Global tax, cosa è e cosa comporta l’accordo fiscale globale
Con l’approvazione da parte dei ministri delle finanze dei 20 paesi partecipanti – che raccoglie l’indirizzo del G7 del mese scorso – il G20 di Venezia regala al mondo un accordo fiscale globale. Bruno Le Maire, ministro delle finanze francese, definisce l’accordo fiscale “una rivoluzione fiscale che capita una volta nel secolo”. Avremo presto un’aliquota minima mondiale sulle grandi imprese e una revisione dei diritti di tassazione.
Tra i primi effetti dell’accordo c’è la disponibilità dell’Unione europea a rimandare al prossimo autunno il suo progetto controverso di tassa sul digitale, proprio al fine di garantire il successo dell’intesa. Dietro le quinte è stata fondamentale l’attività di pressione esercitata sulla Commissione europea da parte di Janet Yellen, il segretario al Tesoro degli Stati Uniti che ieri ha incontrato a questo scopo Ursula von der Leyen. Lo scorso luglio la Commissione europea era stata incaricata dai leader europei di pianificare un prelievo digitale nel quadro di un pacchetto di misure fiscali necessario per coprire almeno una parte degli 800 miliardi di euro del Recovery Fund. Ma la proposta di una tassa digitale europea è stata finora osteggiata da Washington, nel timore che una iniziativa autonoma dell’Ue possa indebolire l’iniziativa fiscale globale.
In questo modo, Biden spera inoltre di presentarsi più forte di fronte al Congresso degli Usa che dovrà approvare la revisione dell’imposta sulle società e che, nel frattempo, vigila su quei paesi che, con le loro proposte di tasse unilaterali sulle società digitali, hanno attirato l’opposizione bipartisan degli Stati Uniti. Il segno dei migliori rapporti tra Stati Uniti e Unione Europea dopo l’era Trump sono provati dal cambiamento di rotta di Bruxelles che rinuncia a colpire direttamente le Big Tech statunitensi, scegliendo di usare la leva fiscale sulle operazioni digitali di centinaia di aziende. Restano le resistenze di Irlanda e Ungheria, ma la Yellen ha chiarito che «non è essenziale che tutti i paesi siano a bordo». I prossimi passi per la riunione del G20 di ottobre saranno la fissazione di un’aliquota fiscale minima concordata a livello globale e la determinazione del modo in cui le entrate fiscali verranno distribuite tra i paesi.
Nel frattempo, l’Unione europea, ormai in prima linea negli sforzi globali per ridurre le emissioni di carbonio, presenta domani una proposta per aumentare le tasse sui carburanti inquinanti e introdurre per la prima volta un prelievo a livello comunitario sul cherosene per aviazione. La misura fa parte di un pacchetto di politiche che potrebbero garantire all’Europa di raggiungere l’obiettivo di ridurre le emissioni medie di carbonio del 55% entro il 2030. Altre misure includono l’estensione del sistema di scambio di emissioni dell’Ue, norme più severe sulla Co2 per le auto e una tassa sul carbonio su alcune importazioni.
La direttiva sulla tassazione dell’energia propone un graduale aumento delle aliquote minime sui combustibili più inquinanti – benzina, gasolio e cherosene – utilizzati come carburante per aviogetti per un periodo di 10 anni. I carburanti a emissioni zero, l’idrogeno verde e i carburanti per aviazione sostenibili non saranno soggetti a tasse per un decennio. Il pacchetto mette l’Ue all’avanguardia negli sforzi di decarbonizzazione, ma dovrà essere approvato con il sostegno unanime dei 27 Stati membri. “Ora o mai più”: così ha commentato l’iniziativa Paolo Gentiloni, commissario europeo per l’economia, durante il G20 di Venezia.
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