Il conflitto
Guerra Russia-Ucraina, lo stallo nel conflitto e il problema del blocco dei fondi USA
A che punto è la guerra in Ucraina? Sono in molti a chiedersi sui media e nei circuiti diplomatici e militari quale siano le reali prospettive del conflitto che da febbraio del 2022 incendia le porte d’Europa e devasta il Paese invaso. E queste domande circolano con insistenza soprattutto sui media statunitensi, che da mesi pongono dubbi sull’efficacia della controffensiva ucraina. Il tema è stato rilanciato con forza da un’inchiesta del Washington Post, che in una lunga e approfondita analisi degli errori compiuti dai comandi ucraini e dagli apparati Usa, ha messo in mostra tutti i problemi di un’operazione militare che ha confermato lo stallo nel conflitto.
Il chiarimento di Biden
La scelta delle tempistiche dell’autorevole quotidiano Usa non può definirsi casuale. In questi giorni, infatti, la politica statunitense è lacerata da una spaccatura profonda che riguarda lo sblocco dei fondi per il sostegno militare a Kiev. La Casa Bianca ha avvertito il Congresso delle gravi conseguenze per questa palude parlamentare. E ieri lo stesso presidente Joe Biden stesso ha chiarito, intervenendo a gamba tesa sul dibattito parlamentare, che lo stop agli aiuti sarebbe “il più bel regalo” al presidente russo Vladimir Putin e ricordando il pieno sostegno a Kiev non solo degli Usa ma anche degli alleati occidentali. Ma una folta minoranza repubblicana ha già fatto capire di volere dare battaglia per non sbloccare i 61 miliardi di dollari. A meno che non saranno previsti cambiamenti nella politica che riguarda la sicurezza dei confini con il Messico ma anche chiarimenti sulla strategia di Washington in quella che rischia di apparire, per l’elettorato conservatore, una nuova “guerra infinita”.
Il contesto dei dubbi
“Chiedo e spero che tutti i nostri colleghi votino alla mozione per procedere, perché chiediamo cambiamenti significativi sulla politica di confine”, ha dichiarato il repubblicano Mitch McConnell. Ed è in questo contesto di dubbi che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha deciso di cancellare a sorpresa, due giorni fa, il suo intervento davanti ai senatori Usa. Il segnale di irritazione da parte del leader ucraino è evidente. E anche se il capo dello staff Andriy Yermak ha incontrato lo speaker della Camera dei rappresentanti Mike Johnson insieme al ministro della Difesa Rustem Umerov e dal presidente della Verkhovna Rada, Ruslan Stefanchuk, è ormai chiaro che esistono divergenze sempre più nette tra la leadership ucraina e intelligence e Difesa statunitensi, oltre che con una parte consistente dei repubblicani. “Un incontro significativo con il presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti Mike Johnson. L’ho ringraziato per il sostegno del Congresso: è vitale per l’Ucraina e lo apprezziamo molto”, ha detto Yermak per smorzare i toni. La situazione però rischia di cristallizzarsi in uno stallo che è tanto diplomatico quanto bellico. E lo stesso Yermak, come riportato da Voice of America, ha ammesso che il blocco dei fondi Usa per le forze armate del suo Paese “rende impossibile continuare a liberare il territorio ucraino e porta con sé il rischio di perdere la guerra”.
Il discorso di Zelensky alle forze armate
Kiev ha fatto capire a tutto il mondo di non volere perdere la guerra. Ieri Zelensky, rivolgendosi alle sue forze armate, ha detto che esse lottano “per garantire che la disperazione non regni mai negli occhi degli ucraini, che l’Ucraina sopravviva alla lotta contro l’invasore, che liberiamo il nostro popolo dall’occupazione e dalla prigionia russa”. Ma la chiara convinzione ucraina, oltre a scontrarsi con le logiche politiche e strategiche dell’Occidente, si scontra anche con la realtà di una Russia che appare ben lontana dal cedere terreno. L’intelligence britannica ha segnalato che in questa parte del 2023 sono aumentati i droni iraniani utilizzati dalle forze di Mosca per colpire in Ucraina. E il decreto del Cremlino sull’aumento del numero dei militari di quasi 170mila persone conferma che Putin può fare affidamento su quantità di uomini e mezzi tali da prolungare la guerra per molto tempo.
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