L'ultima settimana in Medio Oriente
Hamas bluffa ancora sui negoziati e prende tempo: le condizioni irricevibili per Israele
È iniziato il nuovo anno e, tra tutti i tweet di augurio che ho letto, uno dei migliori è stato quello di Ahmed Fouad Alkhatib, un famoso attivista palestinese che ora vive negli Usa: «A meno che non si verifichi un risveglio di massa e Hamas non venga veramente delegittimato, smascherato, ostracizzato, umiliato e giustamente trasformato in un’organizzazione paria, non accadrà nulla di buono al popolo palestinese a Gaza nel 2025. Pensate, parlate e agite di conseguenza. Salvate i gazawi da Hamas».
L’augurio della fine del regime
Questo è il suo augurio per il nuovo anno; anche Israele vorrebbe che nel 2025 si arrivi alla fine del regime di Hamas a Gaza, ma ancora non si intravede quando ciò possa accadere. La pressione militare non è stata sufficiente a danneggiarla al punto da costringerla a implorare un armistizio, come lo Stato ebraico si augurava. Nonostante sia stata quasi smantellata da un punto di vista militare, i macellai del 7 ottobre continuano a dettare le condizioni a Israele per il cessate il fuoco da una posizione di forza. Com’è possibile questo? Da dove trae la linfa per sopravvivere? Il Wall Street Journal ha riferito la posizione espressa da Hamas durante i colloqui che si stanno svolgendo a Doha: il completo ritiro israeliano da Gaza come condizione per qualsiasi accordo, anche parziale, sugli ostaggi. Non solo: vuole garanzie scritte sul fatto che, una volta concordato il cessate il fuoco permanente, Israele non torni ad attaccarla. Ma i terroristi non possono ignorare che Tel Aviv non abbandonerà mai Gaza in via definitiva, senza possibilità di tornarvi, permettendole di ricostruire in futuro le sue capacità militari. E infatti Israele ha minacciato che se Hamas non consentirà presto il rilascio degli ostaggi e non cesserà il lancio di missili, riceverà colpi con una forza mai vista prima. In sostanza ha fatto capire che – qualora fosse messa alle strette e venisse meno ogni possibilità di trattativa – tenterà di salvare gli ostaggi con la forza, anche a rischio di perderli, rimuovendo al contempo quel che resta di Hamas in modo rapido e deciso.
Le condizioni irricevibili per Israele
I colloqui sono ripresi dopo queste dichiarazioni. Ma, allora, Hamas a che gioco sta giocando? Da un anno a questa parte è evidente che la sua strategia è sempre stata quella di prendere tempo. Non è veramente intenzionata a una trattativa. Anzi, ha sempre finto di voler trattare: durante i colloqui si è mostrata dapprima flessibile alle richieste israeliane per la restituzione degli ostaggi; poi al dunque, quando si trattava di concludere l’accordo, poneva condizioni irricevibili per Israele.
Hamas vuole guadagnare tempo perché punta al logoramento dello Stato ebraico: sa benissimo che una guerra lunga e lenta tenderebbe a favorire i miliziani. Perché gli Stati Uniti e gli altri paesi che hanno cittadini detenuti a Gaza non hanno usato tutto il loro potere per far rilasciare gli ostaggi? Perché gli Usa non fanno pressione su Doha e Ankara per sbloccare la situazione? Perché, insomma, non si fa più pressione su Hamas, facendogli capire che non ha più possibilità di governare Gaza e che – a guerra finita – non potrà partecipare alla ricostruzione?
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