Sulla visita nel carcere di Santa Maria Capua Vetere la ministra della Giustizia Marta Cartabia riferirà a Camera e Senato il 21 luglio prossimo, mentre il 3 agosto il garante regionale Samuele Ciambriello incontrerà il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Bernardo Petralia, per discutere dei trasferimenti di 46 detenuti allontanati dal carcere sammaritano dopo aver denunciato i pestaggi e le umiliazioni subiti la sera del 6 aprile 2020 da parte di agenti della penitenziaria. Il tema carcere resta, dunque, sotto i riflettori.

Da via Arenula si apprende che la ministra riferirà in Aula sui fatti di Santa Maria alla luce della visita nel carcere casertano fatta mercoledì insieme al premier Mario Draghi. È un nuovo segnale di come il Governo intenda affrontare la questione senza perdere tempo prezioso. Un segnale che l’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere penali italiane, guidato dall’avvocato Riccardo Polidoro, ha accolto con fiducia e speranza. «E la speranza e la fiducia – si legge in una nota dell’Osservatorio – aumentano se ripensiamo alle infelici affermazioni sin dall’inizio diffuse dall’allora capo del Dap e dall’allora ministro Bonafede». «Adesso ci attendiamo che alle parole seguano i fatti perché il carcere e l’esecuzione penale nel suo complesso siano plasmate in maniera efficace e definitiva verso un sistema rispettoso della dignità, dei diritti fondamentali e realmente teso alla risocializzazione del reo – si legge ancora -. È giunto il momento di una riforma complessiva. Occorre con forza realizzare non nuove carceri ma un carcere nuovo, cioè rinnovato quanto all’assistenza, al trattamento, alla produttività, all’affettività, alla formazione, per renderlo finalmente conforme alla Costituzione».

Intanto a Santa Maria Capua Vetere il tema centrale in questo momento sono le sorti dei 46 detenuti trasferiti. Il più lontano è recluso a Palermo, a 735 chilometri di distanza dalla Campania. Il più vicino, si fa per dire, a Rieti: 258 chilometri. Il loro trasferimento è stato voluto dalla Procura sammaritana, che coordina le indagini sulle violenze di un anno fa, proprio per tutelarli dal clamore e da possibili tensioni con gli agenti all’interno del carcere. «Tuttavia, la scelta del Dap di distribuire su di un territorio molto vasto gli spostamenti in questione rischia di assumere il carattere di una ritorsione più che di una protezione» afferma il garante regionale Samuele Ciambriello che, insieme al garante di Napoli Pietro Ioia e al garante di Caserta Emanuela Belcuore, ha incontrato ieri il capo della Procura di Santa Maria Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone.

Il procuratore ha confermato che il trasferimento è stato chiesto dalla Procura per quei reclusi che hanno reso dichiarazioni con l’obiettivo di tutelarli e di rendere più serena la loro permanenza in carcere. L’indagine è ancora in corso e dei 293 agenti della polizia penitenziaria, che secondo la ricostruzione di quel che accadde il 6 aprile 2020 avrebbero partecipato ai pestaggi piombando in tenuta antisommossa nel reparto Nilo del carcere sammaritano, circa cento sono stati identificati e indagati mentre sono ancora moltissimi quelli sconosciuti agli inquirenti; inoltre si tratta di agenti impiegati in diversi istituti di pena campani. Di qui la decisione di trasferire i detenuti vittime delle violenze: ma perché in strutture così lontane, distanti 400 o 700 chilometri che diventano irraggiungibili per le famiglie più indigenti?

Il garante regionale ha girato questa domanda al capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria: «La scelta di trasferimenti in un territorio molto vasto (da San Gimignano a Firenze, da Palmi o Vibo Valentia a Civitavecchia, Rieti, Spoleto, Perugia, o ancora Prato, Sollicciano, Palermo, Modena) rischia – dice Ciambriello – di diventare, più che una forma di tutela, una sorta di punizione per detenuti che già hanno subìto un trattamento orribile, una sorta di isolamento nell’isolamento». Per i garanti Ciambriello, Belcuore e Ioia «questi reclusi devono essere ospitati in istituti più vicini alla Campania in modo da garantire la territorialità della pena e da agevolare i familiari negli spostamenti e gli avvocati nella loro difesa». «Il mantenimento delle relazioni interpersonali di questi detenuti e un clima privo di tensioni nell’ambito detentivo – concludono i garanti – risultano per noi imprescindibili fattori di protezione per attutire il clamore generato da questa vicenda»

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).