Fanno turni di lavoro a volte anche massacranti, hanno compensi talvolta irrisori, non hanno tutele di alcun tipo e spesso è un algoritmo a gestire il loro lavoro. Il mondo dei rider è pieno di storture contrattuali a cui la Commissione europea è decisa a dare una sistemazione coerente. Mercoledì sarà varata una direttiva messa a punto dal Commissario lussemburghese Nicolas Schmit che chiarirà la posizione di tutti quei lavoratori che sfrecciano per le strade della città per consegnare a domicilio cibo ed altro.

Tra le misure sostanziali c’è una grossa novità: quello per le piattaforme va considerato lavoro subordinato a tutti gli effetti. Quindi le persone dovranno essere assunte. Sostanzialmente viene cancellato il dogma dell’attività autonoma e indipendente. Dunque rider, autisti o lavoratori online, il cui tipo di lavoro è determinato da una serie di modalità, non possono essere considerati autonomi.

La ratio sta nell’analisi di alcune caratteristiche tipiche dei lavoratori per le piattaforme digitali, come riportato da Repubblica. Ad esempio: se non corre il rischio di impresa. Ossia non espone le sue risorse al fallimento. Se non decide il prezzo del prodotto. In questi casi, allora, la piattaforma dovrà assumerlo. E tutto sarà semplificato dalla cosiddetta inversione dell’onere della prova: ossia sarà il datore di lavoro a dover eventualmente dimostrare in tribunale che si tratta di lavoro autonomo.

Naturalmente l’assunzione implica una serie di tutele, come l previdenza. La direttiva non prevede l’obbligatorietà di un contratto a tempo indeterminato. Ma i limiti temporali dell’assunzione saranno individuati dalle normative nazionali. In Italia ad esempio non può superare i tre anni.

Poi c’è la parte che riguarda l’algoritmo di gestione e valutazione del singolo lavoratore. Ogni volta che un utente riceve una consegna la piattaforma chiede una valutazione. Poi un algoritmo decide se quel lavoratore è stato all’altezza del compito e assegna nuove “missioni”. Le piattaforme dovranno rendere pubblici i criteri di questi algoritmi così da rendere il lavoratore consapevole. Sono questi algoritmi a dimostrare che quella dei rider non è un’attività autonoma.

La direttiva, una volta approvata dal Parlamento e dal Consiglio sarà una vera e propria legge cui gli Stati membri dovranno uniformarsi. Negli ultimi anni la situazione precaria dei rider è stata in più occasioni al centro del dibattito e in varie occasioni le piattaforme sono state sanzionate per condotta antisindacale e violazioni di diritti dei rider. In tre anni i rider sono più che raddoppiati: nel 2018 erano 695 mila, oggi sono un milione e mezzo. La pandemia ha fatto aumentare il numero di questi lavoratori spesso rimasti senza lavoro dopo il lockdown e che quindi hanno dovuto reinventarsi.

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Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.