In fila per firmare il referendum Eutanasia legale si sono messi, anche sotto al sole di Ferragosto, già oltre 500mila italiani. È stata raggiunta è superata ieri la soglia per chiedere il via libera per istituire il voto. Ne parla Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, con Il Riformista. «Abbiamo raccolto oltre 500.000 firme, dopodiché bisogna andare avanti. Perché sappiamo di dover tenere gli occhi aperti: parte delle firme possono essere rifiutate o annullate, dunque la campagna va avanti. Abbiamo tempo tutto settembre per raccoglierne molte di più. Speravamo di farcela ed è per questo che abbiamo avviato il deposito dei quesiti. Che si fosse poi avuta una risposta così forte, questo va oltre le nostre aspettative».

La mobilitazione è stata per lo più spontanea, ed ha avuto anche un esito imprevisto che dà il via a un precedente importante: l’emendamento Magi ha messo in minoranza il Governo e creato le premesse per la firma digitale, tramite Spid, dei singoli quesiti. «Da un anno e mezzo qualsiasi forma di partecipazione democratica è di fatto sospesa. Le nuove tecnologie sono state utilizzate per tutto, dalla didattica a distanza alla telemedicina. Nessuno sembrava curarsi dell’esigenza della democrazia, e finalmente sull’emendamento Magi vengono messe in campo le tecnologie già esistenti». Un risultato che torna utile già per i quesiti sulla Giustizia Giusta, tanto per cominciare.

Ma come si spiega Cappato questa partecipazione così importante, al netto dell’attenzione dei partiti e dei media? «Questo successo arriva senza che nessuno dei capi dei partiti abbia mai dato una indicazione ai propri elettori. Mai nessuno nei salotti televisivi se ne è occupato. La gente quando vede Eutanasia legale, riconosce il problema. Rivive situazioni famigliari o comunque conosciute, sa di cosa si sta parlando». E adesso, l’impegnò prosegue. Anche nei giorni di Ferragosto. «Noi andiamo avanti. La raccolta prosegue nei Comuni e nei tavoli ovunque, nelle città e nelle spiagge. Abbiamo l’obiettivo di raggiungere i 750.000 sottoscrittori, e ora siamo più vicini a farcela. Per ora stiamo con i piedi per terra, che a festeggiare penseremo poi». Il Parlamento prova da 37 anni a discutere una legge: se ne occupò il socialista Loris Fortuna ormai quattro decenni fa, senza successo.

La notizia delle firme è bastata a scatenare la reazione del Vaticano. «La mia preoccupazione è davvero profonda perché si sta man mano incuneando nella sensibilità della maggioranza una concezione vitalistica della vita. C’è la tentazione di una nuova forma di eugenetica: chi non nasce sano, non deve nascere. E insieme con questo c’è una nuova concezione salutistica per la quale chi è nato e non è sano, deve morire. È l’eutanasia. Questa è una pericolosa insinuazione che avvelena la cultura», dice a Vatican News monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita.

Immediata la risposta di Cappato: «Mons. Paglia non pare dare alcun valore al diritto fondamentale alla libertà e responsabilità individuale, riconosciuto anche dalla Consulta». «Solo operando tale grave rimozione si può arrivare ad equivocare come “salutismo”, “eugenetica”, o “dover morire” il sacrosanto diritto a rifiutare l’imposizione di scelte altrui sul proprio corpo e sulla propria vita. Con l’affermazione del referendum nessuno sarà obbligato a scegliere l’eutanasia, e anzi sarà possibile prevenire ciò che accade ora: l’eutanasia clandestina, fatta di solitudine e disperazione e praticata nelle condizioni più terribili, anche per responsabilità della criminalizzazione voluta da una legge del 1930 e sostenuta dal Vaticano».

«Di vittoria – dice la senatrice Udc Paola Binetti – non c’è proprio nulla, se non l’ennesima strumentalizzazione di chi sulla base della pietas suscitata da un caso singolo pretende di smontare secoli di cultura della cura, di prudenza nell’accompagnamento umano di chi soffre e si sente solo. Tutti soddisfatti per le firme raggiunte, ma questa vittoria è una altra sconfitta, su cui ognuno di noi dovrà interrogarsi per chiedersi che società vuole edificare per sé e per i propri figli e nipoti». Il precedente però della firma digitale via Spid apre le porte a una nuova fruizione di diritti anche da parte di malati e detenuti; chi vorrà prendere parte alla sottoscrizione digitale dei referendum potrà d’ora in poi partecipare a consultazioni popolari online. In più di tre anni di governo i profeti della democrazia digitale a Cinque Stelle non ci avevano neanche pensato.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.