Verso le elezioni comunali
Il bluff del patto per Napoli: è solo un dissesto mascherato
Cos’è il patto per Napoli firmato da Giuseppe Conte, Enrico Letta e Roberto Speranza per spingere Gaetano Manfredi a candidarsi a sindaco per il campo progressista? È l’ennesimo libro dei sogni oppure può diventare uno strumento per il rilancio della nostra città? Un esame superficiale potrebbe senz’altro considerarlo come lo strumento che darà a Napoli, soprattutto alle sue disastrate finanze, una fondamentale e irripetibile boccata d’ossigeno che aprirà le porte di un futuro meno fosco. Purtroppo, però, una lettura attenta e realistica porta a considerarlo come l’ennesima promessa vana e irrealizzabile, almeno nella misura necessaria a ristabilire un equilibrio per la gestione economica del Comune. Il patto per Napoli si articolerebbe in tre interventi legislativi accompagnati dal rafforzamento di strumenti apparentemente già esistenti ma praticamente ancora mai applicati.
Il primo consisterebbe nella “gestione commissariale del debito del Comune”. A leggere le poche righe s’intuisce immediatamente che si tratta di un dissesto bello e buono, ma definito con un nome meno inquietante. Il dissesto funziona esattamente nel modo descritto dal documento, manca soltanto un piccolo particolare: la responsabilità degli amministratori che hanno causato il crac. Per cui se si applicasse questa proposta avremmo di fatto il dissesto (senza chiamarlo con questo brutto termine) ma non potremmo chiedere il conto della catastrofe dei conti a chi l’ha provocata. A tale proposito un piccolo inciso: un eventuale dissesto non comporterebbe un aumento delle tasse per i napoletani, visto che le aliquote sono già al massimo livello dal 2013 e non possono essere ulteriormente innalzate in nessun modo. Stesso discorso per la tassa sui rifiuti che, secondo la legge, deve semplicemente coprire il costo del servizio di smaltimento.
Ma torniamo al patto. Il secondo intervento legislativo prevede l’aumento dello stanziamento previsto dal fondo per il sostegno all’equilibrio di bilancio degli enti locali. L’aumento dovrebbe essere di 500 milioni. Appare chiaro che questo ulteriore stanziamento dovrebbe essere interamente destinato a Napoli, perché l’importo necessario per sistemare il nuovo disavanzo derivante dall’applicazione della recente sentenza 80 della Corte Costituzionale è appunto di circa 500 milioni. Per cui il maggiore stanziamento dovrebbe essere assorbito interamente da Palazzo San Giacomo. Sarebbe ovviamente un intervento estremamente gradito, ma cosa ne penserebbero gli altri Comuni che si trovano in una situazione analoga a quella napoletana? Cosa ne penseranno torinesi, palermitani, baresi e così via? Sarebbero d’accordo? Intendiamoci, se il maggiore stanziamento non fosse interamente imputato alle casse di Napoli ma ripartito tra i diversi enti come quello già esistente, al nostro Comune spetterebbero più o meno altri 125 milioni: un cifra assolutamente insufficiente a sistemare il buco creato dalla sentenza della Suprema Corte.
Il terzo intervento legislativo ipotizzato dal patto prevede un piano straordinario per l’assunzione di personale. Anche su questo punto le perplessità non sono poche. Premesso che un ringiovanimento del personale comunale è estremamente auspicabile, vista l’elevata età media dei dipendenti, il problema sembra essere una normativa sulle assunzioni che negli ultimi anni ha reso farraginose e spesso complicatissime le procedure di reclutamento. Allargare le maglie di questa normativa è auspicabile purché non si autorizzi una nuova esplosione di personale spesso e volentieri non funzionale al miglioramento della gestione dell’ente. Per cui decisamente sì alle nuove assunzioni, ma a patto che si tratti di personale qualificato.
Sul rafforzamento degli strumenti già esistenti siamo molto probabilmente di fronte a una vera e propria chimera. Per sommi capi si tratterebbe di finanziare le casse del Comune di Napoli con somme importanti, cioè attraverso un esborso non quantificato, ma certamente cospicuo, posto su alcune voci particolari: fondo per gli enti in difficoltà finanziarie imputabili alle condizioni socio-economiche dei territori; fondo per il concorso al pagamento del debito dei Comuni capoluogo delle Città metropolitane; avvio della ristrutturazione del debito degli enti locali con accollo allo Stato.
Si capisce perfettamente che si tratterebbe di finanziare in maniera straordinaria il Comune di Napoli. Mi chiedo quanto sia possibile stanziare tali somme senza scatenare le ire delle altre amministrazioni che si trovano in condizioni analoghe, anche se più contenute in termini di valori assoluti. Se invece quegli stessi interventi dovessero essere avviati anche per gli altri Comuni, saremmo in presenza di esborsi multimiliardari da parte del Governo, che al momento appaiono estremamente improbabili. Infine una considerazione: questo promettente ma fantasioso patto per Napoli vale quale che sia il sindaco eletto dai napoletani? Oppure vale solo se a vincere sarà una precisa parte politica? Credo che sia questa la domanda principale che la gente si sta ponendo in questa prima fase della campagna elettorale.
© Riproduzione riservata