Ha una grave forma di leucemia, è agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, ma per andare in ospedale a fare la chemioterapia e gli esami di controllo, l’avvocato Francesco Stilo deve essere scortato e subire l’umiliazione di sottoporsi ai trattamenti con i piantoni in divisa al fianco. Il legale calabrese è uno dei “colletti bianchi” infilati nella retata del procuratore Nicola Gratteri del 19 dicembre 2019 con l’operazione “Rinascita Scott” (di cui è in corso il processo a Lamezia) per dare lustro e conferma all’ipotesi di una ‘ndrangheta che viene rafforzata dalla disponibilità di personaggi delle istituzioni o delle professioni. Sono i famosi “concorrenti esterni”, come Stilo, come l’avvocato Giancarlo Pittelli. Nessuno può affermare che siano mafiosi, e allora si usa il reato che non c’è, per arrestare e rovinare la reputazione, ma intanto tenerli dentro al processo e guadagnare qualche prima pagina dei giornali.

Nei confronti dell’avvocato Stilo gli inquirenti sono stati da subito piuttosto feroci. Innanzi tutto, quella notte del 19 dicembre 2019 sono state messe le manette a un uomo di 48 anni che pesava 147 chili, un grande obeso con un quadro clinico già molto compromesso, con alle spalle due tentativi di suicidio e un incidente che gli aveva lasciato addosso conseguenze fisiche e psichiche piuttosto significative: un grave problema all’aorta toracica, per via della presenza di un ematoma come conseguenza di un incidente stradale di cinque anni prima. Il rischio di dissecazione aortica con rottura di un vaso potrebbe ridurlo in fin di vita in poco tempo. Una situazione che, aggiunta a un quadro di ipertensione, a problemi cardiaci e al fatto che sia comunque ancora oggi difficile pensare a un’operazione, hanno rapidamente trasformato una persona affetta da patologie fisiche anche in dipendente da psicofarmaci.

Francesco Stilo è rimasto per nove mesi a rischiare la vita come prigioniero nel carcere lombardo di Opera, quello dove si mandano i mafiosi. E questo nonostante la prima imputazione di associazione mafiosa fosse stata rapidamente derubricata dal tribunale del riesame in concorso esterno, e nonostante che coloro che avrebbero dovuto essere i suoi tre complici in divulgazione di notizie piuttosto che nella stesura di un falso certificato medico fossero stati ormai scarcerati. A Francesco Stilo non sono mai stati contestati né complicità nei reati tipici dei mafiosi ma neanche di concorso in quelli tipici dei “colletti bianchi” all’interno delle istituzioni. Ciononostante il legale calabrese è sempre stato trattato come un soggetto molto pericoloso. Ma pericoloso per chi? Se lo sono domandato lui stesso e i suoi difensori quando –era il novembre del 2020 ed era iniziata la lunga udienza preliminare con centinaia di imputati nell’aula bunker di Rebibbia davanti al gup Claudio Paris– il detenuto fu improvvisamente trasferito dal carcere di Opera a quello di Civitavecchia. La prima destinazione in realtà avrebbe dovuto essere quella di Bologna, proprio nei giorni in cui si era verificato il primo caso di contagio da covid-19, ma dove il detenuto Stilo Francesco non arrivò mai. Ma dove la direzione del carcere era stata allertata come se fosse stato annunciato l’ingresso di Matteo Messina Denaro.

«Si segnala –si legge nelle disposizioni del Dap– che trattasi di soggetto appartenente all’associazione per delinquere di tipo mafioso denominato NDR», cioè ‘ndrangheta. Ma non basta. Nel trasferimento si teme anche un tentativo di evasione, o anche qualche gesto inconsulto che possa mettere a rischio la vita degli uomini della scorta. Si chiede dunque, «in considerazione dell’elevata pericolosità del soggetto….l’adozione delle misure idonee…ad impedire tentativi di evasione, anche mediante complicità esterne, nonché qualsiasi altro atto che possa compromettere l’incolumità del detenuto e della scorta…». Eravamo alla follia, in quei giorni. Una persona neanche indagata per reati gravi, buttata nel calderone di una retata di mafia quasi solo con il reato associativo e in gravi condizioni di salute, considerata soggetto pericoloso per l’incolumità propria e degli altri. Chissà se il procuratore Gratteri è stato sempre al corrente delle conseguenze concrete delle sue iniziative e delle sue conferenze stampa sui “colletti bianchi”.

Sarà poi il gip Claudio Paris a disporre una perizia legale e poi, visti i toni drammatici con cui il medico nominato dal suo ufficio descriveva la situazione di rischio per la salute che avrebbe comportato la permanenza dell’avvocato in carcere, a disporre gli arresti domiciliari. È il 17 novembre del 2020, Francesco Stilo ha trascorso quasi un anno in detenzione cautelare in prigione. E ora, mentre si sta stancamente celebrando “Rinascita Scott” nella grande aula di Lamezia che il procuratore Gratteri ha voluto a immagine di un maxiprocesso destinato, nelle sue speranze, a far concorrenza a quello di Giovanni Falcone, l’avvocato calabrese scopre di essersi anche malato di leucemia, di cancro. Cioè di carcere. E deve sottoporsi alle cure di chemioterapia con al fianco due angeli custodi in divisa. Ancora umiliato.

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Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.