L’incidente al Bundestag è un chiaro avvertimento politico per Friedrich Merz, ma anche una lezione sul «mito dell’efficienza del sistema tedesco» che da tempo attraversa un momento di crisi. Il costituzionalista Stefano Ceccanti punta il dito contro l’assenza del dibattito e il voto segreto: «Eludono la responsabilità politica». Un monito anche per l’Italia: «Attenzione a clonare i modelli».

Il Bundestag al primo turno non ha approvato a maggioranza assoluta, a voto segreto, il candidato cancelliere proposto dal presidente. Era mai accaduto prima?
«No, ma questo la dice lunga sul mito dell’efficienza del sistema tedesco, che è in crisi e non da oggi. Essa non si basava affatto né sul sistema elettorale, ingiustamente sopravvalutato, che sbarra ai minori ma che non aggrega, né sulla sfiducia costruttiva, che è sostanzialmente impotente rispetto alle crisi delle coalizioni, come si è visto nella crisi del governo precedente che è sfociata in elezioni anticipate. Si fondava invece sul numero limitato di partiti, quasi tutti coalizzabili in Parlamento, come all’epoca d’oro in cui da una parte vi era la coalizione Spd-Verdi e dall’altra quella Cdu-liberali. Era un’efficienza politica, non delle regole. Una volta venuta meno si capisce che quelle regole non costituiscono degli incentivi così forti come alcuni avevano creduto».

In effetti le norme sulla forma di governo hanno qualche difetto…
«Sì, l’assenza di dibattito e il voto segreto, concependo quindi l’elezione del cancelliere come un voto su persona e non su un programma politico, non come un voto fiduciario, eludono la responsabilità politica. Non a caso gli spagnoli, che si ispirarono ad esse, previdero però un programma del candidato con relativo dibattito e il voto palese. Sono invece positive la fiducia al solo cancelliere, da parte di una sola Camera, il potere di proporre la revoca dei ministri e quello di chiedere elezioni anticipate in caso di sconfitta sulla fiducia».

E questo cosa ci insegna?
«Bisogna prestare attenzione a clonare i modelli. Giusto ispirarsi, ma va fatto anche un discernimento dei limiti: i modelli non sono un blocco da prendere o lasciare per intero, anche tenendo conto del diverso contesto in cui importarli. Dove la storia politica presenta partiti ancora più deboli bisogna rimediare con regole istituzionali più stringenti. Questo a partire dal sistema elettorale: non è tempo di sistemi fotografici, anche con alti sbarramenti, ma di sistemi aggreganti con premi di maggioranza, sia pure ragionevoli, e con soglie significative per conseguirli, secondo i parametri della Corte Costituzionale, o con quote molto alte e prevalenti di collegi uninominali maggioritari».

Certamente Merz e l’asse Cdu-Spd partono azzoppati…
«Sì, ma da italiano, abituato alla cosiddetta Prima Repubblica, direi che l’importante è intanto partire».

Sì parte, sì, ma quanto potrà durare?
«Non abbiamo più le certezze di un tempo sulla durata dei governi tedeschi. Non mi sentirei di fare previsioni, ma solo un grande augurio perché la stabilità di questa coalizione è decisiva per gli sviluppi dell’Unione europea».

Sullo sfondo AfD se la ride. Da un punto di vista costituzionale, cosa pensa dell’ipotesi di mettere al bando il partito?
«Non mi sembra un’opzione realistica. Teniamo però presente che da alcuni anni l’articolo 21 della Costituzione è stato modificato consentendo anche una soluzione intermedia, quella di tenere in vita i partiti sospetti di incostituzionalità ma togliendo loro finanziamento pubblico e agevolazioni. Questa invece, ove fosse dimostrata la pericolosità, potrebbe essere una strada praticabile».

Politicamente, invece, non si rischia di ripetere l’errore commesso con il M5S in Italia? La demonizzazione è un assist per la scalata al potere di questi partiti…
«La demonizzazione del M5S non c’è stata, quel partito è stato al governo per tutta la scorsa legislatura. C’è però differenza tra tentare alleanze esercitando un ruolo trainante, come fece il Pd con il Conte 2 portando il M5S a votare a favore della Commissione europea von der Leyen 1, o invece subalterno come temo si stia facendo in questa fase».

La discussione di questi giorni su AfD può aver influito, anche in minima parte, sul voto del Bundestag?
«È possibile, ma decodificare i voti segreti è sempre complicato, tanto più a distanza».