"Un avvertimento chiaro"
Merz, fumata grigia. Retroscena Tufarelli: “È stato un messaggio dai suoi, una leggenda narra che Merkel anni fa gli predisse: Non sarai mai cancelliere”

Francesco Tufarelli, una vasta esperienza istituzionale in ambito europeo, è autore di studi giuridici e attualmente presiede il Centro Studi “La Parabola”.
Merz è stato eletto alla seconda votazione: per la prima volta un cancelliere tedesco “salta” la prima.
«Resta il valore dell’avvertimento politico che gli viene dal suo partito. Non da franchi tiratori della Spd, che ha votato disciplinatamente. Come la Csu. Dunque sono i suoi: l’insofferenza per una gestione un po’ verticistica del partito c’era. Penso che nessuno avesse previsto che poteva deflagrare nella prima votazione, alla prova della fiducia al governo».
Dietro ai franchi tiratori potrebbe esserci stata l’ombra di Angela Merkel, maligna qualcuno…
«In realtà nella Cdu sono tutti merkeliani e non lo è nessuno. Lui è un uomo di Schäuble, poi negli ultimi anni tutti questi rapporti si sono annacquati. Merkel era stata vista al Bundestag, nella mattinata, poi è uscita immediatamente dopo la prima votazione. E poi c’è quella voce che gira a Berlino…»
Quale?
«Una leggenda narra che Merkel anni fa gli predisse: Non sarai mai cancelliere. Tra i due è notoria la freddezza e il piglio risoluto che Merz ha preso ultimamente non lo ha aiutato. Poi aggiungiamo che i tedeschi sono organizzati in modo complesso, con l’articolo 63 della Costituzione che fissa i termini precisi dell’elezione del Cancelliere, con date cadenzate e paletti molto stretti per il varo del governo».
L’intento – anche con questo voto di sostegno iniziale allargato a Linke e Verdi – è allontanare lo spettro di un nuovo voto, scongiurare il pericolo Afd?
«Le nuove elezioni sono certamente uno spauracchio importante. L’avvertimento, il segnale politico è arrivato chiaramente. In questo momento andare ad elezioni potrebbe essere molto pericoloso. E lo si è visto quando la leader Afd, Alice Weidel, ha alzato il tiro: “Merz dovrebbe farsi da parte e sgomberare la strada per le elezioni generali”, si è precipitata a dire. Ricompattando nell’ora successiva tutti gli altri partiti, che hanno deciso insieme di tornare a votare subito e di dare sostegno a Merz».
Prudente o avventata, la scelta dello showdown immediato?
«Ha valutato che il tempo che passa, in queste situazioni, avrebbe rischiato di accentuare le divisioni. Si racconta di dissapori interni alla Cdu per alcune scelte dei ministeri dati all’Spd: di fronte a queste riserve bisognava porre il Parlamento di fronte all’aut-aut».
Ancorando comunque il governo a due, Cdu-Csa e Spd…
«I governi in Germania tendono ad avere meno partiti possibile: i governi più ampi danneggiano molto, date le tante elezioni di mid-term dei Länder. Molto importanti, per i tedeschi. Se condividi il governo con forze politiche che nei Länder si fanno la guerra, confondi gli elettori. Tanto che la coalizione del “Semaforo” è uscita dall’esperienza di governo con le ossa rotte. E ha visto premiare la Cdu proprio perché ne era rimasta fuori, all’opposizione. In Italia siamo abituati a governi di coalizione larghi, in Germania no».
Adenauer, Kohl, Merkel sono stati leader forti, stabili, incontrastati. Oggi siamo davanti a un’altra generazione per la Cdu, decisamente vulnerabile…
«È cambiata la storia. Adenauer doveva ricostruire la Germania e l’Europa, con ideali molto forti quando era ancora tutto sulla carta. Kohl è stato l’uomo dell’unificazione. Merkel è stata la prima cancelliera proveniente dall’Est. La storia si è portata via non solo Kohl ma anche i suoi delfini, i suoi successori. Schäuble, Kock… È stato un salto generazionale che ci ha consegnato una dirigenza nuova, alla prima prova di governo».
L’Europa si italianizza, l’Italia si europeizza. Francia, Germania, Spagna traballano mentre a Roma c’è un governo stabile e forte.
«In questo momento oggettivamente abbiamo il governo più stabile d’Europa. Con una presidente del Consiglio che dimostra una straordinaria propensione per la politica estera: usa un mix di diplomazia e di carisma, di empatia personale che pone il nostro Paese al centro del dialogo, mai così centrale come adesso».
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