Il teatro di guerra del Medio Oriente, reso incandescente da Hamas, Hezbollah, Huthi e Iran – che li controlla tutti – contro Israele, è davanti a un bivio della storia. Peserà la condanna di Netanyahu della Corte penale internazionale? Lo abbiamo chiesto al Generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’aeronautica e presidente della fondazione Icsa, Intelligence Culture and Strategic Analysis.

Siamo davanti a un giallo, per l’elicottero precipitato con Raisi a bordo?
«Aspettiamo l’esito dell’inchiesta tecnica ma qualcosa di certo possiamo dirlo: in Iran volano mezzi del 1979. Mezzi che vanno manutenuti e che soprattutto hanno bisogno di personale preparato. Anche in questo incidente ci sono delle concause. Mezzi datati, oltre il limite della vita tecnica degli aeromobili. Di quelli che noi consideriamo velivoli storici».
Un elicottero di fabbricazione americana, ma del 1979.
«Sul quale pesa l’impossibilità di fare manutenzione per effetto delle sanzioni: anche il più piccolo pezzo usurato può rivelarsi fatale, nel tempo. E se dagli Stati Uniti non se ne ricevono più, c’è un problema. Aggiungo che per quegli elicotteri mancanti di parti da rinnovare gli equipaggi volano poco. Sono spesso a terra. E dunque in caso di maltempo eccezionale sono incerti sulle procedure, male addestrati. Gli apparati in quelle condizioni (IMC) dovrebbero poter volare solo con gli strumenti, perché non si vede fuori».
Poi c’è una ragione sostanziale e dirimente. Il pilota poteva rifiutarsi di portare Raisi?
«Probabilmente no. E qui c’è un fattore politico-culturale. Perché nei paesi occidentali il comandante del volo ha l’ultima parola, decide lui se si vola o no. Nelle dittature – e così è in Iran – le autorità decidono per tutti, se vogliono tornare a casa il volo decolla anche in condizioni climatiche proibitive. Esponendo a forte rischio se stessi e l’equipaggio».

Veniamo allo scenario politico. Una teocrazia con la tecnologia del 1979 cerca di produrre la bomba nucleare?
«Quello che è accaduto all’elicottero di Raisi fotografa bene lo stato di salute tecnologico degli armamenti iraniani: obsoleti, in parte fuori uso».
Ma non stanno fornendo armi alla Russia? Droni contro l’Ucraina?
«Sì, ma i loro droni non sono i nostri o quelli statunitensi. Hanno una capacità offensiva a basso costo. Complessivamente hanno strumenti militari scadenti».
Hanno lanciato missili contro Israele, però.
L’attacco iraniano contro Israele quella notte non fu una messinscena. C’è chi ha parlato di fuochi d’artificio, io dico di no. Era un attacco volto a uccidere, a fare il massimo danno possibile, con la loro capacità offensiva fatta di droni e di missili da crociera, più alcuni balistici. Tecnologie non sofisticate, armi dal valore relativamente basso, ma comunque letali».
E ora che scenario si apre per l’Iran?
«I militari stanno prendendo il potere. La guida suprema è vecchio e malato. Saranno i pasdaran a veicolare la scelta del successore di Khamenei. E se così dovesse essere, anche la maniera di interpretare il confronto tra Hamas e Israele potrebbe peggiorare. Perché l’Iran è diventato la centrale che telecomanda gli attacchi contro Israele».

A proposito di Israele, come commenta la richiesta di emissione del mandato di arresto della Corte di giustizia internazionale?
«In Ucraina hanno raccolto alcune migliaia di evidenze che hanno convinto i giudici a spiccare il mandato di arresto internazionale nei confronti di Putin. Io non so chi sia stato incaricato di raccogliere le prove per condannare Israele. Ho il sospetto che questa richiesta sia stata fatta facendo fede solo a quello che i media hanno detto».
Per quelle che sono le sue informazioni?
«Molto difficile dimostrare che Netanyahu abbia commesso dei crimini bombardando i suoi obiettivi. Contrariamente a quel che ha fatto Putin, Israele è sempre attento nelle sue operazioni: il suo esercito è serio, secondo me il più rispettoso al mondo dei protocolli internazionali. In quello scenario è diventato però quasi impossibile rispettare le regole, perché se nascondi armi e combattenti sotto a un ospedale o dietro a un palazzo civile, il rispetto delle regole previste dalla Convenzione di Ginevra è assicurato. In sede processuale i generali dovranno essere scagionati, perché hanno agito secondo le regole».
A proposito di generali, c’è un suo omologo israeliano, Gantz, che ambisce a sostituire Netanyahu.
«Ha accettato di entrare nel Gabinetto di guerra, venendo dall’opposizione. Poi ha detto di non essere d’accordo sulla maniera di condurre la guerra. Ed è volato a Washington per parlare con Biden, probabilmente per sondare il terreno dell’appoggio americano per la successione al governo. Adesso ha dato quest’ultimatum per avere un piano condiviso su Gaza entro l’8 giugno. Vedremo se riuscirà nel suo intento, certamente Israele è spaccata e gli israeliani devono trovare una soluzione, una via d’uscita dalla lunga crisi che stanno attraversando da tempo».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.