L’Italia potrebbe essere a nostra insaputa uno dei campi di battaglia della guerra occulta fra Cina, America e Russia? Dipende dai punti di vista. E poi: esiste oggi qualcosa che possa definirsi “impero americano” con le sue “aree di influenza”, fra cui la nostra? Sembra una sciocchezza. L’America si ritira da ogni terraferma e bada solo al controllo delle rotte marittime: via dall’Afghanistan, dalla Siria, dall’Iraq e quanto all’Europa manterrà un presidio significativo solo in Polonia perché i polacchi lo vogliono. Quanto all’Italia, agli americani interessa soltanto coltivarne l’avversione per la Germania. Probabilmente l’America ci amerebbe nell’alleanza dei mari anziché delle steppe, se facessimo squadra con Londra e Washington, ma non è un progetto attuale. Però qualcosa bolle in pentola perché lo scontro con la Germania resta alto e cresce la visibilità dei cinesi e dei russi nel Belpaese. Questo fatto preoccupa gli americani? Secondo quel che si capisce dai think tank, Washington non se ne preoccupa più di tanto, al massimo esclude dalla partnership delle notizie riservate, chi amoreggia troppo con Cina e Russia, ma senza farsene ossessionare.

Ma adesso c’è di mezzo il Covid19 e lo scenario diventa mobile, tutti stanno ricalcolando e riposizionando, dunque l’Italia è comunque interessante perché può essere o non essere una autostrada cinese. Però il Covid19 c’è, e il nostro governo è filocinese al ministero degli Esteri con Di Maio, filoamericano a Palazzo Chigi con “Giuseppi”, e filorusso nelle periferie. Allora: questa della guerra segreta è soltanto una Conspiracy Theory o, come diciamo noi, una bufala? Nel libero campo delle fantasie ci si può liberamente e utilmente accapigliare ma accade anche che emergano intelligenze capaci di connettere e mettere in relazione i fatti con idee chiare e distinte. Uno dei migliori oggi è l’americano George Friedman, nato a Budapest nel 1949, uno dei più nitidi e dunque irritanti interpreti dello Zeitgeist, lo spirito dei tempi visto dall’America. Il suo punto di vista è questo: «Noi americani siamo diversi perché veniamo tutti da qualche altro posto che o non ci voleva o che noi non volevamo. Abbiamo per questa nostra ipersensibilità delle crisi cicliche e rivoluzionarie durante le quali ci sbraniamo finché non ricostruiamo da capo il nostro Paese, sempre gridando che mai i tempi sono stati peggiori e infami come quelli presenti.

Nessuno è più antiamericano degli americani e anche così desiderosi di vivere da soli a casa, senza aver bisogno di nessuno, mentre tutti hanno bisogno di noi». George Friedman presenta il suo ultimo libro The Storm before The Calm, la tempesta prima della calma, rovesciando il tema beethoveniano. L’idea è che il caos attuale, anche dell’inaspettata epidemia, non possa che preludere ad una nuova sistemazione mondiale in cui non ci sarà alcuna guerra e Cina e Russia, pur facendo ciascuno i suoi capricci, non potranno fare a meno dall’America, così come anche l’America preferisce non fare a meno della Cina, e un po’ meno della Russia capace soltanto di pompare petrolio che oggi non vale nulla. Devo all’ultimo numero di Limes diretto da Lucio Caracciolo, la conoscenza di questo straordinario analista. Limes prova a vedere l’affare Covid19 anche sotto l’aspetto strategico e di questa ipotetica guerra sul suolo italiano fra Cina, Russia e Stati Uniti. L’America non ama stare con gli altri e si preoccupa soltanto di poter commerciare liberamente, specialmente sui mari. Lì comincia e lì finisce la sua vocazione imperiale, che ha avuto soltanto, pentendosene, quando per mezzo secolo si incamerò le Filippine dopo aver distrutto l’impero spagnolo.

Tutti abbiamo colto la presenza cinese in Italia fortemente accentuata dopo il Covid, con un governo italiano il cui ministro degli esteri si dichiara filocinese. La Cina poi diffonde un video sconosciuto in Italia in cui masse di italiani in delirio cantano la loro gratitudine. Dall’altra parte un fenomeno non meno curioso: la Russia manda in Italia per la prima volta nella storia non già un aereo di linea con un centinaio di medici pronti ad aiutare il nostro Paese nell’emergenza, ma fa sbarcare una rappresentanza dell’Armata Rossa con camion, militari in uniforme e bandiere che attraversano l’Italia da Pratica di Mare (dove atterrano i grossi Tupolev e Iliushin) fino a Milano, con eccezionale parata attraverso il centro di Roma. Non c’erano i cosacchi, niente cavalli, i medici e gli infermieri hanno dovuto fare un corso di italiano prima per essere preparati a dare una mano negli ospedali, ma il punto è che questa manifestazione medico-amicale-militare è stata esaltata dal governo russo come una magnifica novità a riprova della crescente amicizia fra Mosca e Roma. Molto curioso. Di qui il sospetto: vuoi vedere che l’Italia è diventata uno dei campi di battaglia di una guerra poco visibile ma molto reale fra Russia e Cina che si contendono il nostro Paese e gonfiano i muscoli per grandi operazioni di propaganda come l’Armata Rossa dei medici turisti, le donazioni di mascherine e respiratori venduti a prezzo di mercato oltre l’esaltazione della Via della Seta e del 5G? Gli indizi ci sono, e visibili. Allora, domanda successiva, che fanno gli americani? Sono ancora una potenza imperiale che ci tiene al guinzaglio?

Cinesi e russi hanno comunque da oltre mezzo secolo un solo comun denominatore: una certa ma variabile dose di antiamericanismo, perché mettere gli americani in cattiva luce fa sempre bene alla salute dei loro governi. La Russia trasmette negli Stati Uniti un programma di news che si chiama Russia Today confezionato in americano a Mosca che raccoglie soltanto notizie negative sull’America commentate da americani arrabbiati con l’America. Va in onda 24 ore al giorno e sarebbe assolutamente impensabile che gli americani avessero in Russia un analogo programma televisivo in lingua russa per tenere sotto i riflettori i disastri del governo russo.

Friedman: «Noi americani abbiamo questa caratteristica: di pensare sempre che i tempi che stiamo vivendo siano i più terribili e infami e che dobbiamo assolutamente ribellarci all’attuale establishment anche in maniera violenta, per rigenerarci periodicamente: è successo con la guerra civile, con la Prima guerra mondiale e con la seconda re la guerra fredda, sta succedendo di nuovo oggi. Ma al di fuori dell’America pochi capiscono e infatti noi americani ci sentiamo sicuri soltanto dentro casa nostra e non abbiamo bisogno di nessuno e sappiamo cavarcela da soli in caso di crisi economica, peggio per chi non potrà più venderci la sua merce, perché noi sappiamo fare a meno di voi».  È un dato di fatto che cominciai a comprendere soltanto vivendo negli Stati Uniti: gli americani hanno una passione sfrenata per l’antiamericanismo, sono i più fecondi produttori di teorie cospirative in cui la Cia, il neoliberismo, la finanza, i servizi segreti e il “Deep State”.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.