Dopo la lezione di immortalità impartita con Lei mi parla ancora, il Maestro Pupi Avati realizza finalmente Dante, il film sul padre della lingua italiana che voleva girare da vent’anni. L’autore di La Divina Commedia viene raccontato attraverso un viaggio, quello del suo più grande estimatore e conoscitore, l’altrettanto celebre Giovanni Boccaccio, verso l’incontro con la figlia di Dante, divenuta Suor Beatrice, per la consegna di un risarcimento simbolico al padre. Con il volto di Sergio Castellitto che interpreta un Boccaccio stanco, malato ma desideroso di ritrovare il poeta, Avati ci mostra il Dante umano, ragazzo.

Della sua conoscenza con il poeta attraverso il film Castellitto rivela: “Parto dal celebre verso Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura perché veniamo a sapere che Dante è stato un uomo cacciato, esiliato, soldato, povero, non ha potuto godere dell’amore della sua vita. Comportamenti o episodi che potrebbero appartenere a tutti noi. Chiamiamo la depressione il buio della mente’ quindi la selva oscura. I poeti sono gli unici che possono salvarci, che possono essere moderni. Son come minatori, si infilano in questo buco nero e tirano fuori una pepita d’oro” conclude. In attesa che il film esca nelle sale, il 29 settembre, Pupi Avati racconta il suo film e le sue speranze per il futuro.

Perché ha sentito che questo era il momento giusto, da autore, per indagare l’umano di Dante oltre le sue opere?
Perché mi sentivo sufficientemente attrezzato, a livello umano: un uomo che arriva a 83 anni sa abbastanza della vita per poterla restituire e in qualche modo cogliere nei suoi aspetti più profondi e significativi. Nello stesso tempo, con i miei studi e la mia conoscenza di quel mondo e di quel personaggio così ineffabile, straordinario e misterioso, che ha contrassegnato quell’epoca, mi sembrava di essere finalmente giunto ad essere degno di questa operazione.

La sensazione guardando il film è che sia una ricerca di Dante, non solo il poeta, l’autore e il genio ma il ragazzo. È così?
Questo viene esplicitato anche dal Boccaccio nell’ultima battuta del film quando dice alla figlia di Dante: “Io non so vederlo se non ragazzo”. Ed è anche il pretesto narrativo mio nel senso che se mi sono avvicinato a Dante è grazie soprattutto a La Vita nova, che è la vita di un ragazzo che racconta la sua storia d’amore per una bambina che diventa adolescente, poi diventa una donna, si sposa con un altro e poi muore. Questo percorso che lui fa vicino a questa donna, questo prosimetro che è proprio un insieme di poesie e prosa è così assolutamente puntuale, profondo, convincente da avermi veramente sedotto tantissimi anni fa e da allora ho cercato il modo per riuscire a restituire un Dante ragazzo, umano quotidiano, accessibile e seducente, che potesse convincerci che siamo adeguati a poter affrontare la sua opera.

Affascina la connessione del film con i giovani d’oggi che forse possono identificarsi con Dante e trovare la propria unicità. Ha pensato al film anche in questi termini?
Dante è un esempio altissimo. I giovani sono diventati, ahimè, troppo razionali. Hanno abdicato e rinunciato con una sorta di pudore o di eccesso di ragionevolezza ai loro sogni.

Non manca nel film la componente esoterica, tipica del suo cinema. Come ha bilanciato poesia e mistero, questi due aspetti, presenti all’epoca e immancabili per lei?
È la parte che mi prescinde, quella del racconto più misteriosa anche per me stesso. Non obbedisce ai miei studi e le consulenze dei vari Dantisti ed è la parte che sfugge anche addirittura a Boccaccio perché egli stesso non sa, ad esempio nel film, che quell’oggetto misterioso che porta con sé, in realtà era stato tra le braccia di Beatrice ragazza quando si è sposata, che auspicava che lei potesse avere figli mentre è invece morta.

Un altro dualismo nel film è quello continuo tra solennità e carnalità, vita eterea e morte. È stato difficile gestirlo?
Non è stato difficile, è il mio mondo che è fatto di tutto questo, vengo da una cultura arcaica , contadina che oggi non si può naturalmente concepire, immaginare, ma l’Italia fino agli anni ‘50 inclusi era così, aveva dentro di sé queste componenti, erano fortissime. Anche il senso del sacro per esempio. È per questo che sono attratto profondamente dal medioevo perché allora, anche se era fatta di orrori, dolori, sangue, violenze, la sacralità prevaleva, era prioritaria.

E l’amore? Ci hanno sempre insegnato che il coinvolgimento di Dante per Beatrice fosse solo poetico e invece…
Invece Giovanni Boccaccio ci racconta nella biografia di Dante che era un lussurioso. Non disdegnava certamente le donne, aveva avuto un’infinità di relazioni, solo fisiche perché poi idealmente Beatrice è rimasta dentro il suo cuore. C’è anche una sorta di ammonizione di Beatrice mentre lui ha un rapporto fisico con la mugnaia nel film, una Beatrice severa, una Beatrice morta,

Di cosa ha bisogno il cinema oggi, cosa dobbiamo fare per risollevare la sala?
Il cinema ha bisogno di individuare un pubblico selezionato. I grandi numeri del passato non li riavremo mai più perché sono confinati alla visione dei film attraverso altri device come le piattaforme, soprattutto. Il cinema, inteso come qualcosa di ambizioso, culturalmente eccezionale, un po’ fuori dalle mode, lo star system, il red carpet, destinato a chi sa vederlo e apprezzarlo, ecco, secondo me sopravviverà. In un modo del tutto speciale come un po’ accade alla musica classica o al teatro. Mica tutti vanno ad ascoltare Brahms o vedere Cechov, tuttavia hanno un pubblico. Dovremmo ridurre un po’ quelle che sono le aspettative sul piano commerciale però, dobbiamo secondo me istituire una legge che sia protettiva quanto è protettiva quella francese, che apre uno spiraglio enorme fra l’uscita in sala del film e la sua proiezione sulle piattaforme.

Che reazione del pubblico si augura all’uscita del suo film?
Vorrei che ci fossero molte persone sedotte da Dante e di conseguenza anche da Boccaccio e che questo film facesse proseliti. Spero che vengano incuriositi dal mio film e il giorno dopo vadano a comprare La Vita Nova.