Il giallo
Il mistero dei conigli dell’isola di Giannutri: erano tantissimi, sono spariti

A Pasqua erano ovunque. Saltellavano tra i cespugli, sbucavano all’improvviso dai sentieri assolati, osservavano incuriositi i visitatori dalle scogliere brulle dell’isola di Giannutri. Poi, improvvisamente, il nulla. Nessuna carcassa, nessun avvistamento. I conigli selvatici dell’isola, che fino a poche settimane fa popolavano in gran numero il fragile ecosistema mediterraneo, sono spariti nel giro di pochissimi giorni. Un mistero che ha acceso la discussione tra i residenti e i frequentatori abituali dell’isola, soprattutto su Facebook, dove è comparso un post che ha fatto il pieno di commenti perplessi e preoccupati. “Quando è ciclico, non muoiono tutti da un giorno all’altro. È graduale e mai totale. Qui non si vede più un coniglio“, scrive qualcuno. “Spariti nel nulla, volatilizzati, un mistero“, rilancia un altro. “Ciclico? Morti in dieci giorni? Anzi, molto meno“, insiste chi non si accontenta delle spiegazioni più rassicuranti.
C’è chi invoca un controllo da parte della Forestale, chi accusa il Parco Nazionale, chi sospetta addirittura l’azione umana: “Per il parco non sono autoctoni, quindi…“; “Il parco ha fatto la guerra alle piante grasse e bellissime. L’avrà fatta anche ai coniglietti?“. Ma per capire meglio questa vicenda, è utile fare un passo indietro. E andare a leggere cosa ci dice la scienza. Una storia antica e sorprendente. Il coniglio selvatico europeo (Oryctolagus cuniculus) non è originario dell’Italia, ma è stato introdotto dall’uomo fin dall’antichità, a partire dal XV secolo a.C. Il suo areale naturale comprende la Penisola Iberica e parte della Francia, ma da lì si è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, anche grazie ai romani, che lo avrebbero trasportato fino all’Arcipelago Toscano.
Oggi il coniglio è considerato “in pericolo” dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), a causa di epidemie, della pressione venatoria e della perdita di habitat. Eppure, sulle isole dell’arcipelago, ha avuto una storia tormentata e affascinante, fatta di ripopolamenti, estinzioni locali, e sorprendenti scoperte genetiche. Un recente studio condotto dal Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, in collaborazione con i musei di Genova e Firenze, ha rivelato che i conigli di Giannutri – inclusi alcuni esemplari risalenti al 1878 – non appartengono a una linea genetica autoctona, ma sono molto vicini a ceppi domestici asiatici e non solo, introdotti probabilmente a fini venatori o agricoli. Questo li differenzia nettamente, ad esempio, dai conigli della parte nord di Capraia e della Gorgona, dove è sopravvissuta una rara e antica linea genetica mai riscontrata prima nella specie, oggi considerata di particolare valore conservazionistico.
Nel corso dei secoli, il coniglio è stato perseguitato e cacciato nelle isole toscane. A Montecristo, ad esempio, è scomparso definitivamente dopo l’uso di esche tossiche per la derattizzazione. A Giannutri, la storia non è meno turbolenta: ripopolamenti non documentati, immissioni di conigli d’allevamento, gestione discutibile del territorio. Secondo lo studio pisano, Giannutri è tra le isole più “contaminate” geneticamente, con una popolazione di conigli ibrida e poco stabile. Questo rende ancora più fragile la loro presenza sull’isola, e forse più vulnerabile a epidemie virali, predazione o crolli demografici improvvisi. Ma dov’è finito l’ultimo coniglio? Eppure, qualcosa non torna. Se fosse stata un’epidemia – come mixomatosi o malattia emorragica virale – si sarebbero viste le carcasse. “Almeno i corpi si dovrebbero vedere, se fosse un’epidemia. E invece niente“, dice un residente. “Quando muoiono per epidemia, si vede: hanno il musetto deformato, sono lenti, si ammalano uno dopo l’altro“. L’ipotesi di un predatore non convince: “Qualche rapace o falco? Ma mi sembra poco probabile che sia questa la causa“. Né convince del tutto la tesi del ciclo naturale: “Ciclico???? Morti tutti in meno di dieci giorni????“.
Allora? C’è chi scherza: “Forse c’è una voragine segreta, vengono attratti da un richiamo tipo sirene, poi spariscono“. Ma il tono è amaro. Perché il mistero rimane. E con lui, un senso di vuoto. La sparizione dei conigli di Giannutri potrebbe sembrare una curiosità, ma racconta qualcosa di più profondo: il difficile equilibrio tra biodiversità, intervento umano, conservazione e storia. In un arcipelago che custodisce tracce genetiche uniche e popolazioni animali fragili, ogni scomparsa merita attenzione, studio, risposte. Magari, come scrive qualcuno su Facebook, “torneranno“. Ma stavolta, sarebbe il caso di chiedersi perché sono spariti. E cosa possiamo fare per impedire che, un giorno, anche le ultime tracce di vita selvatica svaniscano nel nulla.
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