Avevano fatto il giro del mondo le immagini dei detenuti a torso nudo, ammanettati, vestiti di un solo pantaloncino bianco, il corpo pieno di tatuaggi, fatti camminare in fila fino in una grande stanzone, scalzi. Quelle immagini erano state diffuse e propagandate ampiamente dal governo del Salvador e quei detenuti erano stati trasferiti al CECOT: il Centro de Confinamiento del Terrorismo, la più grande prigione del continente americano. Il mega carcere potrà rinchiudere fino a 40mila detenuti in un Paese di sei milioni e mezzo di abitanti.

Quando nel 2021 nel piccolo Stato dell’America Centrale Nayib Bukele ha stravinto le elezioni, l’uomo d’affari ricco e populista aveva promesso di liberare El Salvador dalla criminalità, dalla violenza, dal degrado e dalla povertà. Ha respinto ogni accusa per la costruzione del mega carcere. Lo Stato centro americano ha problemi molto seri con la violenza, con le gang, le cosiddette “pandillas”. Ha un tasso di delinquenza tra i più alti al mondo. L’anno scorso era stato dichiarato lo stato di emergenza. Bukele aveva chiesto in quel caso al Parlamento di sospendere alcuni diritti costituzionali, tra le garanzie soppresse la possibilità di arrestare persone senza un mandato e che i detenuti non abbiano diritto a un avvocato.

Il carcere è stato costruito in circa sei mesi. È stato inaugurato lo scorso 31 gennaio. Sorge vicino a Tecoluca, in campagna, a una 70ina di chilometri a sud della capitale San Salvador. Si estende per circa 230mila metri quadrati. Comprende otto edifici, sorvegliati ad 19 torri di controllo. Il muro perimetrale è lungo 2,1 chilometri. Saranno impiegati 250 poliziotti e 600 soldati in tutto nella struttura. Gli otto edifici comprenderanno 32 celle da circa 100 metri quadrati.

I numeri a confronto con gli standard europei – dove pure non si brilla per il trattamento dei detenuti – fanno rabbrividire. Il più grande carcere italiano, quello di Opera a Milano, ha una capienza massima di 1.400 detenuti. Il Consiglio d’Europa, che promuove democrazia e diritti umani, prevede che almeno 4 metri quadrati devono essere previsti per ogni detenuto in carcere. Al CECOT quello spazio è di 0,6 metri, inferiore anche a quello tra i 0,95 e l’1,3 metri quadrati ciascuno previsti in Europa per il trasporto su strada di animali di taglia media. È un eufemismo parlare di sovraffollamento. La palestra e gli spazi comuni saranno fruibili soltanto alle forze dell’ordine, altro che rieducazione.

 

I numeri da soli bastano a giustificare le proteste dei gruppi a difesa dei diritti umani e dei diritti dei detenuti che insorgono anche a nome di tutti quei detenuti ingiustamente carcerati, senza prove della colpevolezza. Il ministro della Giustizia Gustavo Villatoro aveva dichiarato comunque che il trasferimento dei detenuti ritenuti membri delle bande criminali salvadoregne nella nuova prigione serviva a “eliminare questo cancro dalla società”. Il Presidente ha definito le critiche alla struttura come inutili e superflue. Bukele ha rivendicato che prima si permetteva “ai membri di bande di stare in prigione con prostitute, PlayStation, televisori, cellulari, computer… premiando l’autore del reato”. Dal marzo dell’anno scorso, quando 87 persone vennero uccise in 3 giorni in scontri tra bande, un enorme repulisti è stato attuato con circa 64mila arresti tra le bande “Mara Salbatrucha” e “Barrio 18”.

Bukele ha diffuso sui suoi canali ufficiali anche un video di oltre mezz’ora in cui visita il carcere. Lo studioso del Cento per la ricerca e l’insegnamento in economia (CIDE), un ente pubblico messicano che si occupa di scienze sociali, ha previsto in un’intervista al Financial Times che “questa gigantesca prigione diventerà una piccola città del crimine”. Il Presidente colombiano Gustavo Petro ha avuto un vivace scambio di battute sui social e ha definito la mega prigione “un campo di concentramento, pieno di migliaia e migliaia di giovani prigionieri, che dà i brividi”. Bukele ha replicato che nel suo Paese “i risultati hanno superato la retorica. Spero che la Colombia riesca effettivamente ad abbassare il tasso di omicidi, come abbiamo fatto noi salvadoregni”.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.