Sarà la nostra punta di diamante alla prossima edizione del Festival di Cannes insieme a Marco Bellocchio e Alice Rohrwacher. Nanni Moretti festeggia con Il Sol dell’Avvenire il suo ritorno sulla Croisette in concorso (dopo Tre Piani nell’edizione 2021), a 45 anni da Ecce bombo. Prima del Festival a maggio, gli italiani lo vedranno dal 20 aprile in sala, luogo che Nanni Moretti da sempre, in tutte le sue vesti, regista, produttore, distributore, esercente, preserva e difende.

Presenta il film alla stampa infatti proprio nel suo Nuovo Sacher, tempio del cinema d’essai, come non lo si chiama da tempo e dimora di famiglia morettiana e i suoi valori cinefili. «Le piattaforme vanno bene per le serie, i film si devono fare per il cinema», rimarca da subito il regista che ne Il Sol Dell’Avvenire torna protagonista e interpreta un regista alle prese con un nuovo film sul Partito Comunista Italiano nel 1956 e con l’incontro comico-grottesco con Netflix.

Moretti è Giovanni, un uomo che da 40 anni vive in sodalizio artistico e di vita con la moglie Paola (Margherita Buy), produttrice di tutti i suoi film. Mentre lei vede di nascosto un analista, produce il primo film da sola e progetta di trovare il coraggio di lasciarlo, lui non si accontenta di ciò che sta girando ma immagina già altri due film, uno tratto da Il Nuotatore di Cheever e un altro, su due che si innamorano e costruiscono un’esistenza insieme sulle note di “tante e tante canzoni italiane”.

I protagonisti del film principale che porta con sé i riferimenti agli ideali di sinistra che “tanto ci sono piaciuti”, ricorda Moretti nei titoli di coda, sono Silvio Orlando e Barbora Bobulova, che conservano i loro nomi e molto del loro spirito con il primo che, data l’esperienza con Nanni, ha dal regista “licenza di improvvisare”. «Quando leggo le sceneggiature, leggo soprattutto il mio personaggio – spiega Orlando. Erano 17 anni che non lavoravo con Nanni. Il Sol dell’Avvenire è la chiusura di un cerchio per la storia personale che ho con Nanni iniziata con Palombella Rossa ed è un film che mi ha scosso nel profondo. Quando l’ho visto per la prima volta, ho avuto un crollo psicofisico. Avevo un’intervista subito dopo e ho dovuto rimandare, sono scappato via. Non è un film qualsiasi per me, al di là della mia partecipazione».

Oltre che per Orlando, quinta volta sotto la direzione di Moretti anche per Margherita Buy, di seguito nel suo caso, dopo Tre Piani, Mia Madre, Habemus Papam e Il caimano: «Sono stata contenta di aver partecipato a questo film complesso. Ero curiosa di vedere come sarebbero state rese tutte le altre storie che si intrecciano. Io e Nanni sul grande schermo siamo stati prima sposati, poi fratelli, ora separati ,quindi, il prossimo che facciamo? Come siamo rimasti alla fine di questo film?», chiede a Moretti. «Ci siamo lasciati bene!», risponde il regista che poi non manca di elogiare la collega: «Mi sono dimenticato di dire che ieri Margherita ha finito di girare il suo primo film da regista!!».

Come ha ricordato Moretti più volte nel corso della presentazione del Sol dell’Avvenire, chi ha più di 50 anni si sentirà molto vicino ai temi del film, alle sue ambientazioni, a quello sguardo agli ideali di un tempo e alle riflessioni del regista sulla cultura politica e anche popolare dell’epoca. Si guarderà anche con nostalgia alla stagione in cui giornali come l’Unità rappresentavano la voce di un pensiero e appartenere a un partito, tesserarsi, significava mostrarne costantemente e con orgoglio, i valori e fondamenti, come in una religione. Il personaggio di Silvio Orlando, giornalista e capo della sezione PCI del Quarticciolo di Roma, è in questo senso, insieme a Barbora Bobulova, compagna di partito, protagonista fondamentale del suo film.

La più commossa di aver fatto parte del mondo morettiano è proprio Bobulova: «Mi sono sentita veramente molto accolta e accudita in questa famiglia morettiana. Ero quasi convinta di essere questo personaggio e quando Nanni mi ha detto di avermi scelto, sono scoppiata a piangere come adesso». Contestualmente al racconto del PCI nel 1956 nel film dentro al film, attraverso il circo ungherese ospitato a Roma dal partito, c’è lo sguardo alla Rivoluzione d’Ungheria, contro l’allora amata Russia socialista. Quanto la guerra in Ucraina, scoppiata nel corso della lavorazione del film ha influenzato la sceneggiatura? «L’abbiamo chiusa prima – risponde Nanni – ma nella scena con Mathieu Amalric che si vede anche nel trailer, quando io gli dico che Piazza Mazzini sembra Budapest, c’era una frase che diceva ‘vedo già avanzare i carri armati su Viale Carso’. Quella l’ho tolta che mi faceva impressione».

Ad un certo punto Moretti sottolinea: «Silvio Orlando dice una cosa molto bella su di me: per capire come sta Nanni bisogna vedere i suoi film». Attraverso Il Sol dell’Avvenire, dunque, Nanni ci dice come sta, partendo da una frase del suo Giovanni: «A proposito del ‘tutto è diverso’ che dice il mio personaggio, io ho sempre reagito andando contro quella che era l’onda. A metà degli anni 80 c’erano pochi film italiani radicati sul territorio, c’era la tendenza a fare film fintamente internazionali. Io ho reagito a questi film che per piacere a tutti poi non piacevano a nessuno, facendo una mia casa di produzione. Qualche anno dopo, i cinema chiudevano, c’era il trionfo delle videocassette e io ho aperto questa sala, nel novembre ‘91. Più di 15 anni fa, poi, quando gli esordienti non se li filava nessuno, ho incominciato a fare il Festival Bimbi belli sulle opere prime. Anche ora, in un momento di difficoltà delle sale, ho fatto finta di niente e ho continuato a pensare, scrivere e girare un film per gli spettatori in un cinema».

Commentando lo spirito con cui si avvicina al Festival di Cannes, Nanni Moretti riflette sul cinema italiano: “Il film in Francia è molto atteso. Oltre a Cannes, uscirà a fine giugno perché lì l’uscita estiva non è tabù come in Italia. Al di là dei film italiani che saranno a Cannes, sposto il discorso a quelli che escono in italia.  I film d’autore un tempo venivano preparati bene, coccolati, uscivano al momento giusto con l’attenzione dovuta. Ormai invece ci sono tantissimi film che vengono gettati allo sbaraglio, il pubblico non capisce cosa sta uscendo, che film sia. Mancano belle trasmissioni sul cinema in TV. A volte il pubblico dà delle sorprese, vedi il successo avuto da Le otto montagne”.

Senza svelare troppo del film, nelle ultime inquadrature del Sol dell’Avvenire, Nanni Moretti guarda in macchina e saluta. A chi gli chiede se è un addio, entusiasta nega: «Diciamo che con quel saluto, chiudo questa primissima fase della mia carriera a cui seguirà una seconda fase che durerà un’altra cinquantina d’anni e forse anche una terza».