La Brexit è la ciliegina sulla torta
Intervista a Donald Sasson: “Da Churchill a Johnson, Inghilterra mia come ti sei ridotta…”
«Che dire? Siamo messi proprio male. Se pensi che il più capace in questo governo di assoluti incapaci è un’assoluta mediocrità quale Boris Johnson e che a guidare l’opposizione laburista è uno che pensa di poter vincere le elezioni combattendo la sinistra, allora hai una mezza idea di come siamo messi. E per non farci mancare nulla, assieme alla variabile del Covid abbiamo pure la Brexit, con un Governo che non riesce a portare a casa uno straccio di accordo».
Da Londra per il Riformista uno dei più autorevoli storici inglesi e della sinistra europea: il professor Donald Sassoon, allievo di Eric Hobsbawm, già ordinario di Storia europea comparata presso il Queen Mary College di Londra, autore di numerosi libri di successo, tra i quali ricordiamo Quo Vadis Europa? (Ibs); La Cultura degli Europei dal 1800 ad oggi (Rizzoli); Intervista immaginaria con Karl Marx (Feltrinelli); Social Democracy at the Hearth of Europe. Il suo ultimo saggio, ha un titolo intrigante, e uno sviluppo che ci riporta anche all’Europa e alle difficoltà nell’essere all’altezza delle sfide del Terzo Millennio: Sintomi morbosi. Nella nostra storia di ieri i segnali della crisi di oggi (Garzanti).
Professor Sassoon com’è la vita nell’isola isolata come mai prima?
Dipende da chi sei. Molti di noi sono isolati da un pezzo. Nel senso che è molto più difficile viaggiare, si cerca di non andare all’estero, amici privilegiati che hanno una casa in Francia o sono lì e non possono tornare o sono qui e non possono andare… È indubbiamente un problema. Ma un problema che non è solo inglese, perché questo è un virus che ha colpito tutta l’Europa e oltre. Chi sta veramente peggio sono quelli che stanno nelle case di riposo, che devono trascorrere il Natale da soli; quelli che sono negli ospedali e non sanno che cosa succederà; quelli che lavorano negli ospedali…Per farla breve, io sono un privilegiato, perché sono uno storico a riposo, dunque me ne sto a casa, scrivo i miei bravi libri di storia come faccio ormai da più di quarant’anni, però anch’io non posso vedere i miei nipotini che dovevano venire domani, la loro scuola è stata chiusa perché uno dei bambini ha il papà che ha il Covid, una situazione che sta succedendo dappertutto. Ora, se avessimo un Governo intelligente, nel quale si potesse avere fiducia… E qui mi lasci fare un riferimento da storico…
Faccia pure, professor Sassoon
Nella Seconda guerra mondiale le bombe piovevano a tonnellate su Londra, la Seconda guerra mondiale era molto peggio del Covid a Londra, non esageriamo. Però allora c’era un Governo di unità nazionale con a capo un uomo come Winston Churchill e come secondo un dirigente laburista intelligente come Clement Attlee. Oggi invece abbiamo un gruppo dirigente in cui forse il meno scemo è proprio il Primo ministro, dunque immaginatevi cosa sono gli altri. E come non bastasse, un Partito laburista diretto da un incompetente totale, Keir Starmer, che sta facendo la guerra alla sinistra pensando che sia l’unico modo perché lui possa vincere le prossime elezioni. Siamo veramente ridotti male. Io insegnavo la storia soprattutto dopo il 1870, in cui c’erano i grandi momenti dell’Inghilterra, l’impero più grande che sia mai stato. Oggi chi è succeduto alla mia cattedra, non so poverino, o poverina, che cosa deve fare, perché siamo caduti in basso. L’unica consolazione, se possiamo definirla tale, è che anche gli altri sono caduti in basso. Dopotutto, gli Stati Uniti hanno avuto il peggior presidente della loro storia, che pure in questo confronto al ribasso ha avuto dei rivali, perché Reagan non era un genio, e non lo erano neanche i Bush, padre e soprattutto figlio. In Italia taccio per scrupolo, ma lo sapete meglio di me. In Francia, Macron è stata una delusione spaventosa, poi ci sono i cattivissimi, come Erdogan in Turchia, Putin in Russia, Bibi Netanyahu che sta portando Israele alla quarta elezione anticipata in due anni, e questo dimostra che l’Italia dei vecchi tempi era un modello di stabilità al confronto. L’unica che si salva da questo sfacelo è Angela Merkel, però anche lei se ne va. Insomma, siamo davvero conciati male, e a me dispiace soprattutto per i giovani e i giovanissimi che credono che questa è la normalità, che la vita è così, che la politica è così.
In questo mondo di bassezza politica, si stagliano quelli che sembrano assurgere ad eroi in questa triste storia: mi riferisco agli operatori sanitari, i medici, gli infermieri, coloro che sono in prima linea nella guerra al Covid. Così è in Italia. E nel Regno Unito?
Gli operatori sanitari hanno più o meno lo stesso ruolo che avevano i soldati nella Prima e nella Seconda guerra mondiale. Nessuno li vuole criticare perché nessuno vorrebbe essere al loro posto. Sì, in un certo senso sono degli eroi, anche se non è che abbiano avuto molta scelta, perché se uno ha scelto di fare l’infermiere dieci anni fa, di certo non se l’aspettava che sarebbe finito in una situazione talmente grave. Ed è anche possibile che gli scienziati, che non sono sempre stati d’accordo e il cui consiglio non è sempre stato seguito da Boris Johnson, si siano rivelati davvero bravi, che forse questa variante britannica del Covid sia stata scoperta prima qui nel Regno Unito ma che esista anche negli altri Paesi. Viviamo in un mondo incerto, in un’ansietà continua di cui peraltro non vediamo la fine, perché anche se saremo tutti vaccinati entro la fine dell’anno, questo non vuol dire che questo virus non ritorni ogni anno, e ogni anno dovremo rivaccinare 40-50 milioni di persone, con spese pubbliche assolutamente folli. Poi, per noi sudditi di sua maestà, c’è pure la ciliegina sulla torta: la Brexit. Questi scemotti che stanno al Governo oggi, tre-quattro anni fa dicevano: ma no, usciremo facilmente, fischiettando… Siamo ormai ad una settimana e vediamo con ansia che non siamo neanche riusciti a fare un accordo miserabile. Forse torneremo al cibo inglese degli anni ’50 e in questo caso io chiedo l’asilo politico in Italia.
Si ripete ovunque che dopo questa crisi pandemica nulla sarà più come prima. Visto da Londra come si dovrebbe declinare quest’asserzione per darle un senso?
L’unico modo per declinarla seriamente è dire non lo sappiamo. L’ultima grave pandemia è stata quella della cosiddetta influenza “spagnola” del 1918-19, che provocò, a seconda di chi scrive, tra i 25 e gli 80 milioni di morti. Dunque, la “spagnola” fu molto più grave del Covid, almeno al momento. Eppure questa enorme pandemia non ha avuto un riscontro, per esempio, nella cultura. Mentre ci sono migliaia di film o di romanzi sulla Prima guerra mondiale, su quella pandemia non c’è quasi nulla. Non solo. Negli anni Venti, nonostante tutto, ci si divertiva, si ballava. Una delle cose che la storia c’insegna, è che è imprevedibile. Una cosa che possiamo dire con una qualche certezza è che la situazione economica peggiorerà, ma non è necessario essere un Keynes o un Karl Marx per fare questo tipo di previsione. Quando c’è una crisi economica, il dato più importante è chi ne esce fuori in posizione più avvantaggiata rispetto agli altri. Per fare un esempio: le compagnie aeree sono in gravi difficoltà: alcune faranno bancarotta, ma quelle che reggeranno avranno un mercato molto più grande e dunque saranno i vincitori di questa gara.
Il rischio, dunque, è che il mondo, e in esso l’Occidente, l’Europa, si riscopra, dopo il flagello del coronavirus, ancor più disuguale.
Questa è una delle poche previsioni che possiamo fare con certezza, perché le disuguaglianze, già prima del Covid, stavano aumentando all’interno degli Stati e a livello globale. In questa situazione è molto probabile che le disuguaglianze continueranno ad aumentare, soprattutto le disuguaglianze tra Paese e Paese. Tutti dicono che la Cina, che ha risolto il Covid in modo notevole, supererà gli Stati Uniti, ma lo stava già facendo dal punto di vista dell’economia.
In questo caos totale, come dovrebbe declinarsi un pensiero progressista all’altezza dei tempi?
Domanda dalle mille pistole. Mettiamola così: Un pensiero progressista all’altezza dei tempi non può prescindere da una rivisitazione critica della sua subalternità ad una globalizzazione guidata dalla finanza piuttosto che dalla politica, una globalizzazione che, per come è stata orientata, ha aumentato le faglie sociali anche all’interno del mondo industrializzato, oltre che tendere a una omologazione culturale che cancella identità comunitarie. Ecco, se è vero che dopo il Coronavirus, niente sarà più come prima, la sinistra cominci da se stessa. E dalla consapevolezza che una credibile alternativa al neoliberismo e alla finanziarizzazione dell’economia non può essere l’iperstatalismo nazionale. In parole povere, non si tratta di evocare una nuova stagione di nazionalizzazioni ma di pensare a forme di controllo sociale su beni comuni che non possono essere appaltati a un mercato senza regole: penso alla salute, all’acqua, all’istruzione. Vale la pena provarci. Sennò che senso ha dirsi di sinistra o progressista?
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