Così la “russofobia” mette al bando letteratura, musica e sport
La cultura russa non è Putin, basta caccia alle streghe

“Se avessi voluto aspettare che tutti fossero diventati intelligenti, sarebbe passato troppo tempo”. Un passaggio severo, ma attuale, che spinse l’autore di “Delitto e Castigo” a sentenziare che “gli uomini non cambieranno mai” e provarci, “è fatica sprecata”. Così accade che nell’ubriacatura demagogica dei primi giorni d’invasione dell’Ucraina, l’atteggiamento di qualche legittimista intransigente, per dirla con Adolphe Thiers, ha sfiorato il ridicolo ponendo l’Europa e soprattutto l’Italia, sullo stesso piano delle politiche repressive di Putin.
Che pure aveva parlato di “boicottaggio nazista contro la cultura russa” prima ancora di commettere “delitti” e “castighi” contro chi, in patria, è contro l’invasione dell’Ucraina. Così nel tritacarne di una guerra assurda ci finiscono Dostoevskij – con il caso dell’Università Milano Bicocca e della statua di Firenze -, Valery Gergiev, il direttore d’orchestra allontanato dalla Scala di Milano per essersi rifiutato di prendere posizioni contro il governo di Putin e la soprano Anna Netrebko. E ancora, le aggressioni social allo scrittore russo, in Italia, Nicolai Lilin. Per non parlare dello sport, con l’esclusione addirittura degli atleti disabili dalle Paralimpiadi.
Una insensata caccia alle streghe contro la quale scendono in campo duecentouno operatori culturali (201 sono gli anni che ci separano dalla nascita dell’autore di “Delitto e castigo”) che hanno chiesto al presidente Mattarella e al ministro della Cultura di porre un argine alla russofobia dilagante. E la voce del Capo dello Stato non si è fatta attendere e alla cerimonia per i David di Donatello ha detto: “Una guerra insensata non può mettere in discussione i legami spirituali e culturali che, nei secoli, si sono fortemente intrecciati nel mondo della cultura d’Europa. La scelta sciagurata della Federazione Russa di fare ricorso alla brutalità della violenza e della guerra non può e non deve lacerare quei preziosi legami tra i popoli europei che la cultura ha contribuito a costruire e a consolidare”.
E prima di lui, ci aveva pensato il sovrintendente e direttore artistico del Verona Opera Festival, Cecilia Gasdia, spiegando: “L’arte crea ponti e non distrugge, uno spartito si legge nello stesso modo in tutto il mondo, per questo la musica è ciò che più unisce l’umanità”. Eppure basterebbe averlo letto quel romanzo di Dostoevskij per capire che “per agire intelligentemente non basta l’intelligenza”.
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