La scelta di Valérie Pécresse da parte dei militanti del partito Les Républicains rende più chiaro il quadro delle candidature alle elezioni presidenziali che si terranno in Francia il prossimo aprile. E fa ormai apparire in filigrana uno dei nodi essenziali che dovrà essere sciolto. La presidente della regione Ile de France, che è la più ricca a popolosa del paese, e che si presenta oggi come “per un terzo Thatcher e per due terzi Merkel”, ha sconfitto al primo turno delle primarie interne al partito candidati come Xavier Bertrand e Michel Barnier che, soprattutto il primo, apparivano in testa dei sondaggi.

Questi ultimi però non erano relativi alle intenzioni di voto dei militanti ma dell’opinione pubblica in generale, e i primi hanno penalizzato i competitori di Pécresse per i loro voltafaccia nel corso della pre-campagna. In particolare, Xavier Bertrand aveva dichiarato di voler correre da solo, ma si è poi riscritto all’ultimo momento al partito post gollista per poter partecipare alle primarie del medesimo quando ha capito che da solo senza l’appoggio dei Républicains non aveva sufficienti chances di arrivare al ballottaggio delle presidenziali. Pécresse al secondo turno delle primarie del partito ha poi sconfitto Eric Ciotti, il rappresentante dell’ ala più conservatrice, che aveva preso posizioni vicine a quelle dell’estrema destra. Ma avrà bisogno del suo sostegno, cioè di quelli che lo hanno votato, per fare il pieno dei suffragi della destra tradizionale. La candidatura di Pécresse permette di riflettere in modo meno confuso sulle linee di divisione e di scontro delle prossime presidenziali.

Al centro dello schieramento il Presidente Macron con dati sulle intenzioni di voto da tempo stabili intorno al 25% dei sondaggi (al primo turno delle presidenziali del 2017 Macron aveva ottenuto il 24,3% dei voti validi).
La sinistra si presenta fortemente divisa e senza alcuna possibilità di accedere al ballottaggio con Mélenchon leader dalla sinistra estrema e antieuropea, Anne Hidalgo, il sindaco di Parigi, che esprime quello che è rimasto del vecchio partito socialista, intorno al 5%, e il rappresentante dei verdi Yannick Jadot appena al di sopra (nei sondaggi più recenti). Più forte, ma anch’esso frammentato il campo della destra con anche qui tre candidati uno dei quali sarà inevitabilmente al secondo turno delle presidenziali in quanto sfidante del presidente uscente. Innanzitutto, la leader del Rassemblement National Marine Le Pen, in questo caso ci sarebbe un bis dello scontro delle presidenziali del 2017. In secondo luogo, Eric Zemmour in candidato della “Riconquista” – il nome del suo partito nuovo di zecca, che immagina di ripetere le gesta che illustrarono i re cristianissimi qualche secolo addietro nella loro battaglia contro gli infedeli mussulmani per allontanarli dalla penisola iberica.

Infine, la candidata della tradizionale destra liberale pro-europea che aveva governato la Francia con Chirac e Sarkozy. I dati dei sondaggi successivi alla scelta a favore di Valérie Pécresse (per quello che possono valere a più di tre mesi dalle elezioni) mostrano che al primo turno si confronteranno le due destre che caratterizzano ormai la vita politica transalpina. Se è impossibile sapere oggi chi la spunterà nell’accesso al secondo turno, mentre è molto improbabile che vi acceda l’estremista Zemmour, è invece evidente che la competizione fra Pécresse e Le Pen rappresenta una decisiva resa dei conti fra la destra liberale e filoeuropea e una destra nazionalista e radicale vicina alle posizioni di Orban in Ungheria e a quelle del governo polacco. Si tratta di uno scontro decisivo che disegnerà i caratteri della vita politica francese per il prevedibile futuro.

Cinque anni fa la sinistra socialista era già divisa e Macron, non ebbe difficoltà a raccogliere al secondo turno i voti del centro destra e della sinistra (non solo quella) moderata, anche perché l’alternativa era rappresentata da Marine Le Pen, troppo a destra anche per molti elettori gollisti. Non si può però dimenticare che la destra tradizionale venne esclusa dalla competizione soprattutto dallo scandalo che colpì nel corso della campagna François Fillon, il candidato di quell’area politica. Senza quello scandalo è più che possibile che Fillon avrebbe vinto le elezioni presidenziali. Oggi nella competizione fra Le Pen e Pécresse la posta in gioco è la sopravvivenza della destra liberale, che se la candidata dei Républicains venisse sconfitta uscirebbe dalla scena politica, come è ormai accaduto per i socialisti francesi.

L’alternativa politica nella democrazia francese non sarebbe più quella classica fra destra e sinistra, ma fra moderati – di destra e di sinistra – e estremisti, in particolare di destra. Se invece Valérie Pécresse dovesse prevalere e accedere al secondo turno, la destra liberale, anche se non dovesse vincere contro Macron, tornerebbe in campo. L’alternativa potrebbe ricominciare ad essere quella classica fra destra e sinistra moderate. Zemmour in questa competizione aperta ha poche chances di emergere come lo sfidante di Macron. Ma contribuirebbe con la sua candidatura alla sconfitta della leader storica del Front ora Rassemblement National, la cui carriera politica sarebbe definitivamente al tramonto. È in qualche modo al primo turno di queste elezioni presidenziali che si scioglierà un nodo cruciale della vita politica francese, che ancora una volta nella storia del continente potrebbe essere un segnale del futuro destino dell’Europa.

Renato Mannheimer, Pasquale Pasquino

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