Il Partito democratico verso il congresso. Un congresso “costituente”. Il Riformista ne discute con Enrico Borghi, senatore Dem, responsabile Politiche per la Sicurezza nella segreteria nazionale PD.

C’è chi paventa il rischio che il dibattito costituente del “nuovo PD” si esaurisca nel posizionamento dei gruppi dirigenti su questo o quel candidato/a alla segreteria.
Ho un grande timore, anche alla luce della postura fortemente ideologica che qualcuno ha ritenuto di dare alla prima riunione della Commissione: quello che si stiano creando -non so quanto consapevolmente- i prodromi di una rottura, che va assolutamente evitata. Perché in un partito, se ci si divide sulla politica si possono tranquillamente creare maggioranze e minoranze. Ma se ci si divide sui valori di fondo, peraltro sostenendo tesi bislacche, a quel punto si è caricata al massimo la fionda. Si leggono troppe parole in libertà su un’analisi sbagliata, e cioè che saremmo strutturalmente divisi tra neoliberisti e socialdemocratici (peraltro a scoppio ritardato). Non è cosi.

Identità. In tanti la evocano, in pochi provano a declinarla e soprattutto a indicarne l’orizzonte: socialista, liberale, progressista…
Ma fa così paura il termine “Democrazia”? In questo secolo segnato dal braccio di ferro tra autocrazie e democrazie, fa così paura declinarsi nel nome con l’unica forma che ha garantito sin qui libertà e giustizia sociale ai popoli? Guardiamo l’orizzonte: autocrazie in Russia, Cina e nel Golfo Persico; teocrazie in Medio Oriente; dittature in Africa; populismo e peronismo in Sud America. E la Democrazia nel nuovo ordine mondiale potrebbe essere sconfitta in questo secolo, se non crediamo più ad essa. È quello che vogliamo? La nostra ambizione è quella ritrarci sull’argine del flusso della Storia, pensando che bastino i logori arnesi delle classificazioni novecentesche a salvarci? Non sarà il rimpianto di una tramontata placenta del Novecento a darci un senso. Sarà il sentirsi e definirsi “Democratici”, che ha un significato di profondo futuro e di grande orizzonte: è sinonimo di libertà, partecipazione, giustizia sociale. Il nostro Dna.

Nel 2023 si vota in grandi regioni: Lombardia e Lazio. E già si litiga sulle alleanze. Chi guarda ai 5 stelle di Conte, chi lascia aperta una porticina per Calenda e Renzi, altri auspicano quel “campo largo” che non è riuscito alle politiche.
Auguro a D’Amato e Majorino il successo che meritano. Ma non si può tacere che essi rispondono a due modelli politici diversi. A Roma, il populismo contiano ha infranto sull’inceneritore la prospettiva di una alleanza perché vi è un obiettivo molto preciso nei 5 Stelle: vincere la sfida dell’egemonia contro il PD. Loro non si vogliono alleare con noi; ci vogliono succubi, svuotati dentro una dinamica dove a loro deve spettare la leadership politica. E per questo ci vogliono sconfitti, per raccogliere i cocci e rimodellarli a loro piacimento. Ci dovrebbero riflettere coloro che -dentro una logica neodorotea che cerca scorciatoie per il potere- pensano ad alleanze strutturali con questo equivoco. A Milano, anche per come si è mosso il Terzo Polo anch’esso intenzionato ad una operazione egemonica contro di noi, non si è raggiunta una intesa che avrebbe assicurato in partenza la sconfitta epocale del leghismo. Ora decideranno gli elettori. Certo, in tutto questo il congresso è essenziale.

Il governo Meloni ha dichiarato guerra alle Ong e sui migranti ha imbracciato la linea securitaria. E il PD?
Le Ong sono un’arma di distrazione di massa. È un film che abbiamo già visto nel 2018-19, con una destra cinica e spregiudicata che copre le proprie lacune di governo con un racconto di una presunta e non vera invasione. Del resto, sono le tesi di Bannon che era osannato dall’attuale Primo ministro. Il PD deve saper dare una risposta in grado di coniugare sicurezza e umanità. È possibile, Sanchez in Spagna ci è riuscito.

Pugnace o di governo. Cosa dovrebbe essere il Partito “costituente”?
Nel dicembre 2019, nel Regno Unito il Labour con Corbyn e la sua linea massimalista conobbe il più grande rovescio della Storia. Oggi con Starmer vola nei sondaggi. Credo dobbiamo fare un lavoro simile a quello. Uscire dalla “comfort zone” ideologica e dai paradigmi classici di una sinistra che pensa solo che il lavoro sia lavoro pubblico, dipendenti e pensionati. Oggi la “working class” è molto più composita. Perché dobbiamo lasciare a destra l’agricoltore, o l’estetista , o l’idraulico, o la partita Iva (talvolta finta)? Dobbiamo parlare a tutti quelli che lavorano duro e vedono le loro certezze insidiate dalla crisi e dagli errori della destra. Presto la luna di miele della Meloni finirà. E questi ceti -delusi anche da politiche di sinistra datate che parlano nei salotti degli ultimi senza risolvergli i problemi- guarderanno oltre. Troveranno noi pronti a uscire da una comoda riserva indiana retorica e mentale? Sapremo proporre loro un modello equo di crescita e di sviluppo moderno che non sia la ricetta sudamericana “debito pubblico + assistenzialismo” dell’avvocato del popolo? Io lavoro per questo.

Avatar photo

Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.