Hanno condiviso il comando a Firenze ed ora dovranno condividere, dal prossimo ottobre, il poco piacevole ruolo di imputati in uno dei filoni di indagine del caso Consip, quello della fuga di notizie. Destino beffardo per  i generali dei carabinieri Tullio Del Sette ed Emanuele Saltalamacchia che durante la loro carriera prestarono a lungo servizio nel capoluogo toscano, che non sembra aver portato fortuna agli ultimi vertici dell’Arma. Del Sette arrivò poi anche al comando generale della Benemerita, incarico ricoperto dal 2015 al 2018. E a Firenze ha prestato servizio anche l’allora colonnello Giovanni Nistri, attuale numero 1 dell’Arma, al centro delle polemiche dopo l’arresto dei carabinieri di Piacenza.

Ieri il rinvio a giudizio per Del Sette e Saltalamacchia. Secondo l’accusa, Luigi Marroni, ex amministratore delegato di Consip, sarebbe stato informato, verso la fine del 2016, che la Procura di Napoli stava svolgendo delle indagini su alcuni appalti pubblici gestiti dalla centrale acquisti della Pa. L’informazione sarebbe stata data da Saltalamacchia. Del Sette, invece, avrebbe comunicato la notizia direttamente a Luigi Ferrara, allora presidente di Consip. L’indagine era condotta dai pm napoletani Henry John Woodcock e Celestina Carrano, con il supporto dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe).  Marroni, dopo aver saputo di essere finito nel mirino, fece subito bonificare il proprio ufficio, rimuovendo le cimici installate dai carabinieri. L’indagine, sfumata, venne successivamente spacchettata per competenza territoriale. Quella sulla fuga di notizie giunse a Roma. Durante la trasmissione del fascicolo da Napoli a Roma, negli ultimi giorni del 2016,  gli atti finirono sui giornali. «La più grande fuga di notizie della storia», disse l’allora vice presidente del Csm, Giovanni Legnini.

La Procura di Roma, ricevuto il fascicolo, riscontrò irregolarità ed errori nella conduzione delle indagini effettuate dai carabinieri che avevano condotto fino a quel momento le operazioni, in particolare da parte di due ufficiali del Noe: il colonnello Alessandro Sessa e il capitano Giampaolo Scafarto. Inizialmente il pm romano Mario Palazzi fece anche riscrivere l’informativa, ma poi, proseguendo le fughe di notizie, decise di togliere il fascicolo al Noe e di assegnarlo ai colleghi del Reparto operativo della Capitale. A carico dei due ufficiali vennero ipotizzate le accuse di rivelazione del segreto, falso e depistaggio. Poi archiviate dal gup di piazzale Clodio Clementina Forleo. Appresa la notizia del procedimento a suo carico, duro era stato il commento di Del Sette: «Forse ho pestato i piedi a  qualcuno».

Con loro ci sarà Luca Lotti, anche lui ritenuto responsabile della rivelazione del segreto. Il dibattimento inizierà il prossimo 13 ottobre davanti all’ottava sezione penale. Il pm Mario Palazzi aveva chiesto per loro il non luogo a procedere, decisione però non condivisa dal giudice Nicolò Marino. Già lo scorso anno la Procura aveva chiesto l’archiviazione ma il gip Gaspare Sturzo aveva invece disposto ulteriori indagini. «È una decisione che sorprende, speriamo di avere maggiore fortuna nel dibattimento» è stato il lapidario commento ieri del legale di Lotti, l’avvocato Franco Coppi.