“Il generale Nistri è una vittima”. Nella polemica che ha travolto l’Arma dei carabinieri dopo i fatti di Piacenza interviene anche il generale Mario Mori. In un colloquio con il Riformista, l’ex capo del Ros e del Sisde, ha voluto prendere le difese dell’attuale comandante generale dell’Arma. “Nistri paga colpe non sue”, ha puntualizzato Mori, facendo intendere che quanto sta accadendo in questi mesi nell’Arma non è imputabile solo al n. 1 di viale Romania. Un giudizio sull’operato di Giovanni Nistri molto diverso, dunque, da quello di Sergio De Caprio, alias capitano Ultimo e ai tempi stretto collaboratore di Mori. In una intervista rilasciata martedì scorso al Riformista, De Caprio è stato molto duro con Nistri, chiedendone le dimissioni. Per l’ufficiale che nel 2003 catturò Totò Riina e che da febbraio, terminato il servizio attivo, è stato nominato dal presidente della Calabria Iole Santelli assessore all’Ambiente nella giunta regionale, la leadership dell’Arma non è ritenuta all’altezza.

De Caprio si è spinto anche oltre, chiedendo l’istituzione di una “commissione d’inchiesta” che faccia luce sulla gestione Nistri. Una gestione “colpevole” di non aver ascoltato le istanze della base e di aver amplificato le distanze fra i carabinieri ed i vertici. Nistri, già direttore dal 2014 al 2016 del Progetto Pompei su indicazione del ministro per i Beni e le Attività culturali Dario Franceschini, venne nominato comandante generale dell’Arma agli inizi del 2018 durante il governo Gentiloni. Il passaggio di consegne con il predecessore, Tullio Del Sette, in carica dal 2015, avvenne in un momento burrascoso. Del Sette, che avrebbe dovuto lasciare l’incarico un anno prima ed era stato prorogato da Gentiloni, era finito nel ciclone dell’indagine Consip con le accuse di favoreggiamento e rivelazione del segreto d’ufficio. Al momento è ancora sotto processo a Roma. Sulla sua scrivania Nistri trovò fin da subito tanti dossier scottanti. A livello ordinamentale, il più importante era lo scioglimento del corpo forestale dello Stato, voluto dall’ex premier Matteo Renzi, ed il conseguente passaggio di personale e competenze sotto le insegne dell’Arma.

La riforma non è stata mai stata accettata dagli ex forestali che hanno anche sollevato la questione di legittimità costituzionale alla Consulta.
Altro tema delicato è stato il sindacalismo militare. Per decenni la creazione di un sindacato militare è stata osteggiata in tutti i modi dai vertici della difesa. C’è stato bisogno di un intervento della Corte costituzionale per dichiarare illegittimo il divieto per i militari, e quindi per i carabinieri, di iscriversi ad un sindacato. Da oltre due anni è in corso la discussione in Parlamento sulla legge che dovrebbe regolamentare il sindacato con le stellette. L’attuale testo non piace però a nessuno. Troppi i paletti. È previsto, ad esempio, che ci si debba cancellare dal sindacato una volta andati in pensione. Senza contare, poi, le numerose vicende penali che hanno coinvolto militari dell’Arma. Prima di Piacenza, il caso più clamoroso è quello della morte di Stefano Cucchi. Uno dei punti critici di Nistri è il rapporto con i suoi colleghi generali e con gli ufficiali, sottoposti ad un forte turn over e con carriere di fatto “blindate”: chi è primo è destinato a rimanere sempre primo. Tanto per fare un esempio, due degli ufficiali, il generale Alessandro Casarsa ed il colonnello Lorenzo Sabatino, coinvolti nel processo Cucchi bis, quello sui depistaggi durante le indagini, sono entrambi primi delle rispettive aliquote. Il momentaneo inciampo giudiziario non pare abbia causato conseguenze.

Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini è intervenuto nei giorni scorsi ricordando che il governo «ha condiviso tutte le iniziative di Nistri per verificare se vi siano stati elementi di criticità nei controlli e più complessivamente nell’organizzazione della realtà territoriale». Il mandato di Nistri scadrà fra poco più di cinque mesi. Per una sua proroga è necessario un provvedimento normativo. La legge, voluta sempre da Matteo Renzi, stabilisce in non più di tre anni la durata massima dell’incarico di comandante delle Forze armate. Difficile, allora, una proroga ad personam escludendo i vertici dell’esercito, della marina militare, e dell’aereonautica, tutti in scadenza nel 2021. A febbraio scade il capo di stato maggiore dell’esercito Salvatore Farina, poi è il turno di Alberto Rosso, capo di stato maggiore dell’aeronautica ed infine tocca ad Enzo Vecciarelli, capo di stato maggiore della difesa. La bagarre per la successione di Nistri entrerà nel vivo nei prossimi mesi. Sono sempre più in ascesa le quotazioni di Angelo Agovino, numero due dell’Aise, il servizio segreto civile, e molto stimato da Luigi Di Maio.