In uno dei film più belli da protagonista, ma non da regista, di Woody Allen (Provaci ancora Sam) c’è una battuta finale che vale tutto lo spettacolo. Sam convince la moglie di un amico – con la quale ha avuto una relazione – a seguire il marito e a imbarcarsi sull’aereo con lui, usando parole che lei trova toccanti e persuasive, tanto da farglielo notare: “Che belle parole, Sam!”. Nel mio piccolo, mi porto appresso l’eco e la memoria di tanti discorsi che hanno fatto la storia. Qualche volta mi è anche capitato di citare delle frasi ficcanti che in quei dialoghi lasciavano un segno profondo.

Vorrei allora cominciare queste righe con il celeberrimo intercalare di Martin Luther King: “I have a dream”. Anch’io – in queste ore drammatiche in cui la vergogna si erge come un implacabile e travolgente tsunami – ho un sogno, nel quale il Parlamento europeo vota una risoluzione articolata nei seguenti punti.

  • Gli Stati dell’Unione non riconosceranno alcun accordo sulla tregua in Ucraina che non sia condiviso dal governo legittimo;
  • Non accetteranno di avere rapporti con un governo satellite come quello bielorusso; senza una pace ritenuta giusta, non saranno annullate le sanzioni nei confronti della Russia;
  • Nel caso in cui il governo ucraino decidesse di proseguire la guerra, piuttosto che accettare una resa imposta, l’Europa proseguirà nell’assistenza militare e proseguirà a riconoscere il governo legittimo anche se fosse costretto a seguire la via dell’esilio;
  • Chiedere di nuovo agli Stati che non l’hanno ancora fatto di togliere ogni limitazione all’uso degli armamenti in territorio russo.

Questo sarebbe un passaggio importante, che smentirebbe i discorsi che riemergono adesso sempre in malafede. Poiché l’Ucraina non aveva alcuna possibilità di vincere la guerra, non avrebbe dovuto neanche iniziarla. Il fatto è che neppure la Russia può dichiarare di aver vinto sul campo. Se vince Mosca, è per l’appoggio che viene dato dagli Usa a Putin. Ma se la situazione al fronte fosse un po’ più favorevole di adesso, per l’Ucraina anche il negoziato sarebbe più equilibrato.

In questi tre anni tragici si è evocato più volte lo spettro di Monaco del 1938, quando Francia e Inghilterra scelsero il disonore per evitare la guerra. Ma Neville Chamberlain non si recò a Monaco per dichiarare ai quattro venti che Hitler aveva ragione e che gli invasori erano i cecoslovacchi. Scelse – sbagliando – il male minore. Trump è sceso in campo in appoggio, politico e diplomatico, a Putin convalidando le sue motivazioni per l’aggressione e la guerra. In sostanza, sarebbe come se nel 1941 gli Stati Uniti fossero intervenuti al fianco della Germania nazista, costringendo il Regno Unito alla resa dopo che l’amministrazione precedente l’aveva aiutato a resistere.

Mi si consenta un altro riferimento cinematografico. Nel film “Tutti a casa”, il sottotenente Alberto Innocenzi – nella confusione dell’8 settembre 1943 – telefona al Comando per avvertire che “i tedeschi si sono alleati con gli americani”. In un eventuale remake, spostato ai nostri giorni, lo stesso personaggio dovrebbe dire che gli americani si sono alleati con i russi. Ma non sarebbe un equivoco e non farebbe ridere.

Infine, prima del risveglio che mi richiama a una miserevole realtà, mi piacerebbe sognare una Giorgia Meloni che si alza alla Camera per dichiarare che l’Italia è pronta a condividere il piano Stramer/Macron per mandare un contingente di truppe italiane in Ucraina per difendere la sicurezza di quel paese. A quel punto mi piacerebbe cronometrare la marcia indietro di quelli che tra Trump e l’Europa hanno già fatto la loro sciagurata scelta. Per ora non risulta che ci sia un solo Senato accademico intenzionato, su richiesta di un collettivo degli studenti, a interrompere gli accordi con le università Usa. O che Anpi e Cgil, dopo le dichiarazioni di Trump, stiano organizzando una manifestazione di solidarietà con l’Ucraina.