Da decenni il tema della leadership è al centro dell’elaborazione intellettuale nel mondo delle imprese. I nuovi paradigmi indotti dall’epoca 4.0, richiedono certamente che tale sforzo intellettuale sia potenziato e rinnovato. Sono convinto che il mondo della politica si avvantaggerebbe considerevolmente se facesse tesoro delle più avanzate esperienze manageriali, superando quello spocchioso atteggiamento autoreferenziale da cui é afflitto.
A questo proposito, è utile passare in rassegna alcuni fra i principali elementi che hanno caratterizzato le ricerche in materia di esercizio della leadership.
L’elemento sul quale convergono quasi tutte le scuole di pensiero, riguarda il rapporto fra il leader e i follower. Un approccio moderno all’esercizio della leadership, si fonda sulla promozione della crescita di tutte le persone che operano nell’organizzazione. Questo approccio che taluni definiscono umanistico, chiama il leader a lavorare per “costruire la sua inutilità”. Questa concezione chiama ogni manager a individuare i propri possibili successori e a elaborare e attuare piani di azione volti a promuoverne la crescita in tal senso. Mi pare che nei partiti cosiddetti leaderistici, si faccia tutto il contrario, con la conseguenza che l’organizzazione ben difficilmente può sopravvivere al suo leader.

Un altro elemento riguarda il tema della leadership diffusa o distribuita. Non si tratta certo, in questo caso, di rinunciare alla leadership di ruolo, anzi è proprio una leadership di ruolo forte che può scegliere di promuovere la leadership diffusa nell’organizzazione. Ciò comporta che diventa meno netta la separazione fra chi decide e chi agisce di conseguenza. In queste organizzazioni, una porzione molto ampia di popolazione aziendale concorre alla determinazione della visione e delle strategie volte a realizzarla. Anche in questo caso, il mondo della politica mi pare generalmente arretrato. La gran parte dei partiti sono rimasti all’idea che la definizione della visione e della strategia riguardi il capo e il suo “cerchio magico” e tutti gli altri abbiano, di fatto, un compito esclusivamente propagandistico e divulgativo.
Nel mondo dell’impresa, si ritiene che l’esercizio della leadership prenda inizio dall’elaborazione della vision e del “purpose”, lo scopo profondo che muove l’organizzazione verso quella visione. Visione e purpose rappresentano la stella polare che indica la direzione. Rappresentano anche il criterio fondamentale nella determinazione delle scelte, delle decisioni giacché la coerenza con vision e purpose non può essere negata da scelte tattiche estemporanee. Anche in questo caso, il mondo della politica ci appare arretrato: si ha l’impressione che si sopperisca all’approssimazione della visione, con un atteggiamento iper-tatticista.
Un ulteriore elemento che caratterizza le leadership efficaci nelle imprese, riguarda la trasparenza dei processi, specie quelli volti a determinare l’assegnazione delle diverse responsabilità di ruolo. Tali processi non sono democratici giacché non prevedono un’elezione dal basso, ma una nomina, però, nelle organizzazioni avanzate, sono gestiti in modo trasparente e con criteri noti, condivisi e documentati. Anche in questo caso, il mondo delle organizzazioni politiche ci appare arretrato giacché le nomine sembrano più fondate su opache valutazioni di fedeltà che su trasparenti valutazioni di competenza.

Infine, desidero citare il tema del talento. A partire dagli anni ‘80 le imprese più avanzate hanno posto in essere strategie e politiche volte ad attrarre le persone di talento e a fare in modo che quelle già presenti non lascino l’organizzazione. Anche in questo caso, le organizzazioni politiche ci appaiono arretrate. Si ha infatti l’impressione che le persone di talento siano considerate fattori di instabilità e che si punti più volentieri a volenterosi militanti. Anche quando ciò non fosse voluto, tutti gli elementi descritti precedentemente, rappresentano fattori ostacolanti. Anche questo spiega il progressivo degrado della qualità del personale politico.

Insomma, la sfida della leadership non è solo una disputa di potere, oggi è soprattutto un confronto fra concezioni diverse. Considerando i necessari cambiamenti che abbiamo di fronte, cambiamenti che implicano il rinnovamento istituzionale e il ripensamento del patto fondativo nazionale, a partire dal rinnovamento della prima parte della Carta costituzionale, i vecchi modelli di leadership appaiono del tutto inadeguati e incapaci di convogliare nell’innovazione le migliori energie del Paese.
C’è bisogno di una leadership fortemente trasformativa, fondata su un potente senso della visione. Può darsi che non ci siano leader pronti a questa sfida, sarebbe però importante che almeno vi fosse la consapevolezza.

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Esperto di leadership e talento, ha pubblicato diversi saggi con Sperling & Kupfer, Guerini e Feltrinelli, alcuni dei quali tradotti in più lingue fra cui il coreano e il giapponese. In qualità di executive coach, ha formato centinaia di manager dei principali gruppi industriali italiani e ha lavorato al fianco di alcuni fra i più affermati allenatori di calcio e pallavolo.