Con la firma di una serie di “ordini esecutivi”, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden prende di petto la sfida del cambiamento climatico. Gli atti firmati dal nuovo inquilino della Casa Bianca congelano i nuovi contratti di locazione di petrolio e gas su terreni pubblici, raddoppiano l’energia eolica prodotta in mare entro il 2030 e vietano alcune trivellazioni energetiche. Basti ricordare che l’estrazione di combustibili fossili su terreni pubblici rappresenta quasi un quarto di tutte le emissioni di anidride carbonica degli Stati Uniti.

Avverte Biden: «Così come abbiamo bisogno di una risposta nazionale unificata al Covid-19, abbiamo un disperato bisogno di una risposta nazionale unificata alla crisi climatica». Tuttavia, nessuna delle due sfide cruciali del momento – covid e clima – potrà essere affrontata dagli Stati Uniti da soli. Da qui l’annuncio di un vertice di leader che si terrà ad aprile in occasione della Giornata della Terra. Anche l’inviato presidenziale per il clima, l’ex Segretario di Stato John Kerry, ha ammesso che Biden «sa che l’accordo sul clima di Parigi da solo non è sufficiente», per il semplice motivo che «quasi il 90% di tutte le emissioni globali del pianeta proviene dall’esterno dei confini degli Stati Uniti. Noi potremmo arrivare a zero domani e il problema non sarà risolto». Il cambiamento climatico, nella visione di Biden, è dunque, allo stesso tempo, una priorità di sicurezza nazionale e di politica estera.

La prima sfida della nuova amministrazione, però, sarà interna. L’industria petrolifera è preoccupata per il rischio di blocco dell’estrazione di petrolio e gas dai terreni di proprietà federale. La perforazione su quei terreni è una parte fondamentale della produzione, visto che, secondo l’American Petroleum Institute (Api), rappresenta circa il 22% della produzione complessiva di petrolio degli Stati Uniti e il 12% della produzione di gas. L’Api teme che qualsiasi divieto porterà a una maggiore dipendenza dalle importazioni proprio nel momento in cui l’economia statunitense insegue la ripresa e ha bisogno di più energia. Gli esperti respingono però questo argomento sulla base del fatto che solo la metà delle domande di estrazione già approvate tra il 2014 e il 2019 è stata effettivamente utilizzata. È probabile dunque che le trivellazioni su terreni pubblici continuino ad espandersi anche se la moratoria si trasformerà in divieto.

L’altro fronte interno è l’occupazione. Per gli oppositori le iniziative sul clima taglieranno i posti di lavoro. In particolare, avrebbe questo effetto l’ordine esecutivo che interrompe la costruzione dell’oleodotto Keystone XL, progettato per il trasporto di petrolio dal Canada attraverso gli Usa. «Quando penso al cambiamento climatico, penso ai posti di lavoro», si è difeso Biden, convinto che la modernizzazione dei sistemi idrici, dei trasporti e delle infrastrutture energetiche “per resistere agli impatti del clima estremo” permetterà a “milioni di americani di trovare lavoro”. Il suo piano chiede alle agenzie federali di favorire «nuove opportunità per stimolare l’innovazione, la commercializzazione e la diffusione di tecnologie e infrastrutture per l’energia pulita». Anche la cosiddetta Civilian Climate Corps Initiative, assicura Biden, permetterà a «una nuova generazione di americani di essere impiegati per la conservazione e il ripristino di terre e acque pubbliche».

Insomma, come nel caso del Next Generation Eu promosso dalla Commissione europea, nella visione della nuova amministrazione americana la difesa dell’ambiente e la creazione di nuovi posti di lavoro dovrebbero andare di pari passo. Sarà questa la sfida dei prossimi anni.

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