“La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”. Gabriele Elia, ex assessore di Cellino San Marco, è da dieci anni sotto processo, ha passato un mese in carcere e quasi un anno ai domiciliari. Verrà giudicato da una sezione della Cassazione di cui fa parte il Pm che lo accusò. Prendete la nostra carta dei diritti e fatene coriandoli per carnevale. Perché la Costituzione, che dovrebbe sopra ogni cosa garantire i diritti di un cittadino, di un imputato, è carta straccia. Non serve più. E la storia di Gabriele Elia ancora una volta ce lo ricorda.

Inizia nel 2015 quando viene accusato di corruzione, associazione a delinquere (che spesso è il trucchetto per arrestare), e anche di aver firmato una delibera comunale che non avrebbe dovuto. Si parla di una tangente di mille euro. Lui non fa più l’assessore già da un anno, ma viene portato in carcere, dove trascorrerà 25 giorni, sconterà poi 9 mesi agli arresti domiciliari. Lui è il corrotto e il corruttore? Non è mai stato trovato. Sì, non esiste, avete capito bene. È stato corrotto ma non si sa da chi, forse da un fantasma. «Sono stato arrestato con elicotteri e mitra alle cinque del mattino. Pensavo di aver investito qualcuno al ritorno da Fasano, la sera prima – racconta Elia – Sono stato l’unico a non patteggiare perché capì subito che era un ricatto. Patteggiò anche il Sindaco che io avevo sfiduciato tre volte e che a sua volta mi aveva cacciato più di una volta». Gabriele Elia non fa più l’assessore già da un anno quando gli mettono le manette, ma ciò nonostante per i giudici c’è il pericolo di reiterazione del reato. «Neanche da dentista mi diedero il permesso di andare, se non dopo innumerevoli richieste» ricorda Elia.

Dopo quattro anni e 12mila euro spesi, in primo grado Elia viene condannato a sei anni e sei mesi di carcere. Ah il giudice, che oggi siede al Csm, fa parte della stessa corrente del Pm. Ma sono dettagli… Andiamo avanti. Nonostante 30 testimoni a favore dell’ex assessore (allegramente ignorati in sede processuale), hanno vinto tre intercettazioni silenti nelle quali si parlava di Elia. Ancora non abbiamo capito chi è il corruttore e nel frattempo, il Consiglio di Stato ha dichiarato legittima e doverosa quella delibera comunale che pure gli contestavano. Maggio 2023. «Mi crolla il mondo addosso, io credevo nella giustizia» racconta Elia. C’è l’appello e il mondo crolla perché viene confermata la condanna: 6 anni. Ah, gli fanno la grazia di togliere i sei mesi. E veniamo ai giorni nostri. Il 10 luglio Elia entrerà in aula per l’ultimo grado di giudizio e indovinate? Il Pm che lo accusò e arrestò fa parte della sezione della Cassazione che lo giudicherà. Non del collegio, ma insomma, con quei giudici sentenzia ogni giorno all’unanimità e ci beve il caffè. Vedete… Andate a dirlo a Gabriele Elia che la separazione delle carriere non è necessaria visto che “solo lo 0,2% dei magistrati fa il passaggio da una funzione e all’altra”. Spiegatelo a chi da dieci anni vive un incubo. E non è ancora finita.

Dottor Elia, come entrerà in quell’aula sapendo che il pm che l’ha accusata fa parte della Sezione della Cassazione che la giudicherà?
«Mi verrebbe da dire rassegnato, ma non potrei mai considerando gli ultimi dieci anni della mia vita, dedicati a questa battaglia di verità e giustizia. Mi chiedo come faranno i giudici, chiamati a giudicarmi, a sbriciolare un’inchiesta che rese popolare quel Pm con cui lavorano fianco a fianco tutti i giorni».

Eppure, c’è una direttiva europea che dice che anche per incompatibilità ambientale si può chiedere di cambiare sezione. Giusto?
«Sì, c’è una incompatibilità ambientale enorme. Posso dire solo due cose: che c’è qualcosa di illogico e che questa situazione con la separazione delle carriere in vigore non si sarebbe potuta verificare ».

E l’Anm di fronte a questo fatto gravissimo, sta in silenzio?
«Sembrerebbe di sì. Ma mi creda, mi piacerebbe tanto ascoltare un suggerimento o un consiglio del Presidente Santalucia, su quale dovrebbe essere l’atteggiamento giusto dinnanzi a questa situazione. Cosa consiglierebbe ad un suo affetto? O semplicemente a un cittadino?».

Cosa rischia in quell’aula il 10 luglio?
«Ingiustizia, licenziamento da scuola, aziende a gambe all’aria e famiglia allo sbando. Infine, il carcere».

Ha pensato a come dirlo alla sua famiglia, a suo figlio se le cose dovessero andare per il peggio?
«Ci penso ogni giorno, è dura. Sicuramente a mio figlio dirò di non vendere la sua dignità mai davanti a nessuno. Anche se può costare sofferenza».

Come si sente trattato da questa giustizia e da questo Stato che dovrebbe essere di diritto?
«Quando penso alla giustizia, penso a quella famosa bilancia, a quella statua. Giustizia significa tutelare la parte debole della controversia. Elicotteri, mitra, nove mesi di custodia cautelare, dieci anni di processo, sei anni di condanna, 30 testimoni contro uno a favore della difesa, attenuanti ignorate, giudici che fanno carriera, Pm nella stessa sezione di cassazione che mi giudicherà e magari di nuovo carcere…Tutto questo per 1.000 euro di ipotetica tangente senza atto contrario e senza corruttore. Chi è la parte debole? Chi dovrebbe essere protetto? Lo Stato? O io?».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Vive tra Napoli e Roma, si occupa di politica e giustizia con lo sguardo di chi crede che il garantismo sia il principio principe.