Il giorno dell’impotenza. Casini in pole, Casini bloccato da Salvini. A cento metri dal traguardo il leghista ha evocato Gino Bartali: tutto sbagliato, tutto da rifare. E ora? Transatlantico nel panico. Gli incontri, fitti e trasversali, si sono trasferiti sui divanetti della galleria, il lungo corridoio alle spalle dell’aula soprannominato ‘Corea’. Per l’appunto! Mancano solo the e pasticcini, fioccano le supposizioni, si sparla come in un coro da messa. Il parlamento è un moncone, schiuma di pulsioni gregarie. Le terne si sono trasformate in una tombola, il voto in una astensione dal voto, l’unico modo perché il centrodestra trovasse unità. Nel deserto.

Esco. Di fronte al bar Giolitti plana un gabbiano. ‘Un piccione grande così non l’avevo mai visto’ – urla un bambino alla mamma. Scatti, telefonini in azione, il più fotografato, il gabbiano, con i leaders di questa storia senza ne’ capo ne’ coda. Del resto, se ti lambicchi il cervello a tal punto da candidare ai vertici dello Stato il capo dei servizi segreti, ecco, quella candidatura non è figlia di un generoso eccesso di idee, al contrario germina da una confusione totale. La giornata segnala, semmai, la crescita di consensi di Mattarella. Un esperto di storia patria – no, non è la Meloni – ricorda: ‘Prima o poi ripeteremo le gesta di Vittorio Emanuele Orlando dopo la vittoria nella Grande Guerra. Fu trasportato a braccia da un corteo plaudente fino al Quirinale, auto inclusa’. Ci stava il re, in quel tempo, sul Colle.

Onorevole Collodi

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