È partito dalle 16 preferenze del primo giorno per salire prima a 39, poi a 125 e quindi ai 166 voti odierni. È il percorso di Sergio Mattarella in Parlamento, con i grandi elettori che ora dopo ora si sono sempre più affidati nel voto nei confronti dell’attuale presidente della Repubblica, anche contro le indicazioni di voto dei partiti.

Mattarella, che come noto ha chiaramente fatto capire di non essere disponibile ad un secondo mandato, con quello attuale in scadenza il prossimo 3 febbraio, è non ufficialmente il candidato di alcun partito.

Ma altrettanto evidente è il segnale arrivato ai leader di partito presenti in Parlamento da parte dei grandi elettori.

Quanto alle interpretazioni di questo ‘boom’ di voti per il capo dello Stato uscente, in realtà ve ne possono essere molteplici. Una fa riferimento alla spaccatura all’interno del Movimento 5 Stelle: i voti per Mattarella sarebbero una ‘conta’ all’interno delle truppe pentastellate che fanno riferimento al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, leader ‘ombra’ dei grillini che starebbe giocando una partita parallela a quella del presidente pentastellato Giuseppe Conte.

Interpretazione che però sconta anche un problema, ovvero le cronache parlamentari di questi giorni che danno lo stesso Di Maio puntare all’elezione al Colle dell’attuale premier Mario Draghi, in disaccordo con la linea tenuta fino ad oggi dallo stesso Conte.

Gli stessi vertici 5 Stelle, essendo chiaramente a conoscenza dell’impossibilità di tenere ‘compatti i ranghi’ in Parlamento, dopo aver dato indicazione di votare scheda bianca avevano anche ‘ufficiosamente’ spiegato di aver dato ai grandi elettori “libertà di coscienza”.

Altra interpretazione del voto su Mattarella vede invece attribuire le preferenze a gruppi di parlamentare più trasversali, anche se comunque di area ‘progressista’. L’intenzione sarebbe quella di rendere chiara ed evidente l’irritazione e l’impazienza per l’attuale stallo politico, con le trattative per il Quirinale che sembrano essere ad un punto morto tra nomi bruciati e veti incrociati.

Insomma, la volontà di una parte non irrilevante del Parlamento è quella di mantenere l’attuale assetto politico e istituzionale: Mattarella al Quirinale e Mario Draghi a Palazzo Chigi.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia