È molto difficile riprendere a scrivere dopo questi primi dieci giorni post elezioni europee. Credo nessuno abbia la risposta a tutte le domande che frullano in testa a noi, protagonisti di una delle più grandi disfatte della politica italiana, da manuale di storia politica europea.
E così, mentre riflettevo tra me e me, mi cade l’occhio sulla spilla che indossavo durante i banchetti, quella di Stati Uniti d’Europa. La prima cosa che ho pensato è stata: “ecco, l’ennesima spilla che non indosserò più, che finirà in un cassetto se va bene”. Eh sì, perché quella di Stati Uniti d’Europa è la terza spilla di un progetto politico che ho rappresentato e che, per un motivo o per l’altro, è fallito e ora non esiste più.

Il Terzo Polo nel 2022: ricordo ancora l’energia e la speranza che aveva generato quel risultato, quell’operazione di sintesi, di cui furono fautori figure politiche capaci in 15 giorni di varare uno dei migliori programmi elettorali di sempre delle elezioni politiche in Italia. Un anno dopo, tutto andato in fumo, bandiere riavvolte, spille riposte in un cassetto, e che ogni tanto riemergono dalle vecchie scartoffie, quasi a dirti:”Ehi, so di averti ferito, ma faccio pur sempre parte di te”.

Ancora: le elezioni regionali. In Friuli Venezia Giulia realizziamo ciò che sembrava impensabile, ovvero l’unione di tutti i partiti liberaldemocratici italiani: Azione, Italia Viva, Più Europa, con a capo come federatore e candidato presidente un galantuomo da cui ho imparato tanto: Alessandro Maran.
Una campagna quella, la prima per me, vissuta fianco a fianco di chi si era preso la fiaccola in mano per tenerla alta, pur consapevole delle difficoltà che, a poco a poco, emergevano e proprio nei mesi di campagna elettorale mandavano in fumo anche quel progetto.
Non si entra nemmeno in consiglio regionale, il terzo polo muore e tanti saluti: altre bandiere infilate negli scaffali, un’altra spilla che ho messo nell’ultimo cassetto in basso, così da non doverlo aprire di continuo, ma senza disfarmene, per ricordarmi sempre che c’è e non andrà mai via da me quell’esperienza.

E quindi Stati Uniti d’Europa: un progetto messo su all’ultimo, con l’auspicio di essere capiti rispetto a chi ha lavorato per dividere l’area. Risultato: l’elettorato razionale, che vuole correre meno rischi possibile, invece di compiere atti di fede per l’ennesima aggregazione estemporanea, pur animata dai migliori propositi, ha scelto di non correre il rischio di sprecare il voto. Votando altri, oppure scegliendo di astenersi.
Altre bandiere, altre spille da mettere in soffitta, questa volta però con l’orgoglio di aver fatto una grande battaglia ideale di cui potrò vantarmi con i miei nipoti in un momento che sarà studiato sui libri di storia come grande disordine globale. Una consolazione sufficiente.

I punti che riesco a unire in tutto questo fare e disfare politico, in cui ci son errori e responsabilità chiare e ben distribuite, fra le comunità politiche di cui parliamo ma anche internamente alle stesse, mi fanno però intravedere un fil rouge che le unisce: ogni elezione una bandiera diversa, ogni elezione una spilla diversa, ogni elezione un progetto diverso.
Mi guardo attorno, vedo i coetanei con cui sono cresciuto politicamente, anche di schieramenti avversi, eppure loro li vedo sempre con la stessa spilla al petto: sia quando erano all’1%, sia quando sono arrivati adesso al 28%, oppure quando erano 30%, poi son passati al 6%, e adesso son ritornati al 10%. O dal 40, dove io c’ero, per arrivare al 15%, e ora tornare al 24%.

Ecco, il limite che non ci consentirà mai di rappresentare adeguatamente un elettorato che, nonostante tutto, sfiduciato, bastonato, disilluso, ha continuato a votarci, è l’incapacità di metter con coraggio la testa su un progetto politico che, come dice Luigi Marattin, abbia l’ambizione di far iscrivere le persone perché credono nella visione di società che quel progetto esprime. Progetto fatto da leadership, classe dirigente, contenuti e organizzazione. Quindi per definizione solido, duraturo nel tempo, affidabile, semplice e riconoscibile nell’identità politica.
Un progetto che permetta a tutti noi di non riporre in un cassetto per sempre, ogni anno, una spilla diversa, ma di farcela conservare e appuntare orgogliosamente sul petto ogni giorno a prescindere dalle percentuali, dal numero di eletti che facciamo e da quanto i giornali parlano bene o male di noi.

Un progetto che trasmetta la fatica della costruzione politica, che è anche bellezza, perché è solo da un progetto da cui trasudano l’impegno e le energie impiegate per realizzarlo che si può trasmettere bellezza ed entusiasmo, quindi fiducia. La fiducia, necessaria per dar vita a quel forte senso di riconoscimento in un’identità politica che consente di superare anche i momenti più duri. Speriamo che la quarta spilla sia quella giusta.

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Nato nel 1995, vivo a Trieste, laureato in Cooperazione internazionale. Consulente per le relazioni pubbliche e istituzionali, ho una tessera di partito in tasca da 11 anni. Faccio incontrare le persone e accadere le cose, vorrei lasciare il mondo meglio di come l'ho trovato. Appassionato di democrazia e istituzioni, di viaggi, musica indie e Spagna