In tanti ci scrivono per dire la loro sul futuro del terzo polo dopo la sconfitta delle europee. Qui un po’ di voci critiche. Che la discussione continui! (Claudio Velardi)

Gentile Direttore, il problema non sono i tifosi ma i media: se dall’inizio della campagna elettorale avessero (da subito e con equilibrio) evidenziato e attribuito a ciascuno le proprie responsabilità, avrebbero bloccato sul nascere le polemiche e probabilmente oggi assisteremmo a tutta un’altra storia. Il Parlamento europeo avrebbe qualche professionista in più e qualche “brocco” in meno, cosa tutt’altro che ininfluente visto i tempi. (Giancarlo Gallo)

Gentile Direttore, mi sembra evidente che la missione che si propongono Marattin e Costa sia, allo stato dei fatti, impossibile. Questo alla luce delle dichiarazioni di Calenda e soci ribadite da Rosato nella sua intervista. È del tutto evidente che il gruppo dirigente di Azione non vuole riaprire il cantiere terzo polo. Non concordi? Detto questo, mi piacerebbe che un giornale come il vostro analizzasse il perché di questa posizione. Fino a che i giornali della nostra area non indicheranno chiaramente le responsabilità di Calenda in questa penosa vicenda, sarà difficile ricomporre il terzo polo. Lo scopo di Calenda, fin dalla nascita di Azione, è stato quello di sottrarre elettorato a Italia Viva e uccidere politicamente Matteo Renzi. L’obiettivo ormai chiaro non è ricostruire il terzo polo ma conquistare IV dopo avere ottenuto la “damnatio memoriae” di Renzi. Voi media dovete iniziare a denunciare pubblicamente la vera strategia di Calenda, mettendolo di fronte alle sue responsabilità, in modo che gli elettori abbiano chiaro il quadro. (Maurizio Forno)

Gentile Direttore, non mi sorprendono le autocandidature fulminee di leadership alternative, né gli appelli estemporanei a girare pagina di alcune comparse mediatiche. Tutto legittimo. Non c’è alcuna lesa maestà da vendicare, né tifoserie da rinfrancare e arroccare. Ma intelligenze da esercitare sì. Rimuovere non rende liberi. Testa e Velardi sembrano Statler e Waldorf, i due anziani che condividono il posto in galleria nel Muppet Show. Con la differenza che i due pupazzi criticano lo spettacolo in diretta, mentre i nostri arrivano sempre dopo. Ma puntuali nel ritardo, per così dire, e vaghi con estrema precisione. Sarebbe quello il dibattito? (Pietro Idili)

Gentile Direttore, ho letto la sua lettera condivisa con Chicco Testa e non mi è piaciuta affatto per due motivi: Renzi ha già scritto che farà un passo indietro e questo punto andava citato; inoltre sia voi che tutti i mezzi di comunicazione mettete sullo stesso piano i due personaggi. Questo è totalmente inaccettabile perché il loro passato è tutt’altro che identico. Mi piacerebbe che si riuscisse a non fare di ogni erba un fascio. (Massimo Luchetti)

Gentile Direttore, non sono convinto che levando di mezzo i due leader si risolva qualcosa dello spappolato terzo polo e delle sue leadership. Francamente s’è fatto quel che si poteva. Chi ha voluto il peggio e chi ha tentato una salvezza sta scritto. Importa? Poco, tanto? Vedremo. La discussione sul cambiamento però è legittima, persino inevitabile, ma richiede una certa accuratezza: le rottamazioni, le svolte, i cambiamenti di linea, di nome e di identità non sono mai avvenute perché qualcuno – a richiesta – si è tirato indietro, ma perché qualcun altro si è fatto avanti e dando battaglia s’è mostrato capace, sino ad un certo punto, anche dopo parziali sconfitte di vincere e convincere. Davvero si immagina che personalità così diverse e diversamente rilevanti cessino di avere un’influenza? Che non esercitino un ruolo anche nella “Succession”? Non mi sembra realistico. Anche questa cosa non è mai avvenuta: qualcuno s’è dimesso per poi ricandidarsi, qualcuno lo ha fatto per ragioni più o meno spiegabili, ma mai nessuno s’è dimesso perché “invitato a farsi da parte”. Persino tra chi è stato “rottamato”, nessuno ha aperto un baretto ai tropici. Nessuno per fortuna è scomparso, non Occhetto, non D’Alema, non Bersani, non Veltroni: tutti, con profili e modalità diverse, hanno esercitato una loro influenza e hanno tutti 20- 25 anni in più dei leader che oggi vengono invitati a farsi da parte. Allora, amici miei Chicco e Claudio: il vostro consiglio benevolmente paterno e la speranza che vi anima sono comprensibili e disinteressati, ma si torna sempre al primo punto: una leadership nuova si afferma facendosi avanti, non sgombrando il campo. (Massimo Micucci)

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