L'epuratore epurato
La tragicomica parabola di Beppe Grillo, finito in una trappola che si è creato da solo

Povero Beppe Grillo, alla fine fa impressione e suscita una autentica pena. È incredibile come proprio lui, il fustigatore del sistema, l’accusatore dei corrotti e dei corruttori, sia caduto nelle trappole che si è creato da solo senza riconoscere il sentiero che porta diritti alla ghigliottina. Noi saremo sempre super garantisti e per di più siamo felici che esista un progetto di legge che voglia eliminare una volta per tutte la scure del boia: il reato di traffico di influenze.
Ricordiamo una delle ultime interviste di Bettino Craxi ad Hammamet, quando rispose a una giornalista che gli chiedeva come si definisse e lui rispose di essere un esule scampato all’ergastolo con l’accusa di aver venduto la propria incorrotta influenza. Ma Grillo! Come fa questo pover’uomo a non capire che scendendo come un Tarzan da Cinecittà in mezzo alla palude dei coccodrilli e dei serpenti sarebbe stato lentamente mangiato vivo? Grillo rappresenta il punto di innesto tra l’essere umano travolto dai propri errori e l’erpice di Kafka, l’erpice della giustizia e della burocrazia illiberale in un paese decrepito e in fasce quanto a godimento delle libertà. Grillo era delizioso quando da teatrante raccontava la propria storia di ragazzo di bottega in un capannone di Genova dove respirava l’odore delle merci che registrava sui registri di carico e scarico col pennino e con l’inchiostro, per conto del suo datore di lavoro mentre la sua paradossale mente cercava soluzioni e cercava fantasticamente di trovare le cause vere o immaginarie di una società profondamente ingiusta e anche profondissimamente ipocrita.
Lui si stupiva e sfornava soluzioni dal palcoscenico, forniva il balsamo per ogni piaga, energia miracolose, maneggiava una matematica creativa con cui fare i conti a banche, partiti, fondazioni, potenti e satrapi e poiché diceva cose estremamente empatiche che facevano vibrare i cuori, pensò bene di mettersi in una propria cabina di regia immaginaria per trasformare la scintillante follia teatrale in una politica che dopo aver rovinato l’Italia, adesso sta rovinando anche lui: invecchiato intanto, per distrarsi, picchia giornalisti e diffonde un video penoso in cui difende il figlio accusato di stupro con parole miserevolmente immortali: «Che cosa volete che sia due ragazzi col pisello di fuori in una casa al mare con due ragazze che ci stanno?». Travaglio che per una volta ci azzeccò scrisse che “Beppe Grillo è più fuori del pisello di suo figlio”. E poi, tutto quel ciarpame di atteggiamenti che non hanno più alcun potere provocatorio come girare per il Quirinale con uno scafandro al posto della mascherina. Dobbiamo dire a sua attenuante che Grillo ha sul cazzo l’avvocato Giuseppi e gli mette tutti i bastoni che può fra le sgangherate ruote.
Questo vuol dire che gli resta dell’istinto ma ormai la lista degli errori imperdonabili sfiora il colmo e appare come il personaggio plautino che dopo la fine della commedia viene inseguito dai militi per avere esagerato in pernacchie e perso lo smalto per cui la gente pagava il biglietto. Il traffico delle influenze, questo sterco del demonio che sa da un miglio di caccia alle streghe: è un reato del genere dell’associazione di stampo mafioso che dopo essere stata una aggravante diventò un reato a sé stante. Grillo non sa la storia e spesso neanche la geografia. Quindi non ha la più pallida idea di quanto radicati siano i mali italiani che pure sono già tutti analizzati nel saggio di Leopardi sul carattere degli italiani, nell’originale tragica fiaba di Pinocchio scritta da Collodi già arreso ai gendarmi, per non dire della colonna infame del Manzoni. Due secoli fa, un secondo fa, mille anni fa i Beppe Grillo insorti nelle contrade arringando le folle e brandendo forconi uno dopo l’altro sono finiti arrostiti sulla piazza o impiccati o sbranati dalle folle che hanno cambiato idea. Ma tutto questo il pover’uomo lo ignora e pensa davvero che esistano nella realtà i cartoni animati che lui ha filmato nella sua testa e che riscossero grande successo di pubblico.
Lui si salverà la pelle, non gli può accadere granché di male, ma solo adesso sta cominciando a capire che l’erpice omicida della giustizia italiana è una macchina che ha sempre fame di capi popolo e contemporaneamente seguita a produrne. Così Beppe Grillo ha ingoiato e sputato tutte le tossine dell’odio, dello sdegno, del linciaggio come atteggiamento politico, salvo scoprire Il mostro che lui pretendeva di attaccare e un altro e che il suo tempo è scaduto. Potrà ancora agitarsi, disperarsi e indignarsi per difendere il proprio figlio che rendendosi lui stesso imbarazzante davanti ai suoi sostenitori, Potrà parlar male di tutti tranne che di se stesso anche perché l’uomo ha una sua farraginosa e mal diretta intelligenza, ma oggi si trova già nella un bel nota condizione del candidato alla forca e non sistema politico dallo stomaco foderato di pelliccia. L’antico, paradossale e popolare bagnaccio per sua scelta, nel momento in cui e affronta il declino politico, vede la macchina antropofaga che si appresta a divorarlo senza sputarle più neanche i cespugliosi arrangiamenti dei suoi capelli inutilmente bianchi.
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