L’alleanza con “la morte nera” (cit. Dibba) ha portato bene. Gli ultimatum di Davide Casaleggio non hanno sortito gli effetti desiderati. Matteo Salvini ha perso il magic touch nonostante le maratone e il vittimismo giudiziario. Via via che nel pomeriggio escono i risultati dei ballottaggi nei 67 comuni di cui 9 capoluoghi di provincia che premiano l’alleanza Pd-M5s, ride Luigi Di Maio, ancora di più Nicola Zingaretti e tutto il centrosinistra. Ride palazzo Chigi. Ancora una volta il fattore C (che sta per Contesto) premia la premiership di Giuseppe Conte che ieri sera ha potuto aprire la riunione del consiglio dei ministri con qualche certezza in più nella bisaccia: i problemi sono e restano tanti, le soluzioni non ancora individuate al di là dei bei propositi sul nuovo patto sociale e sui progetti del Recovery Plan. Però se il 21 settembre l’election day aveva rafforzato il governo nonostante la mazzata al Movimento 5 Stelle, ieri si è definitivamente chiusa la lunga parentesi dell’incertezza aperta un anno fa con la nascita del Conte 2. D’ora in poi l’esecutivo non avrà più alibi né scuse.

I cittadini hanno fatto l’ennesima apertura di credito e hanno voluto dare stabilità alla squadra di governo per affrontare la stagione del Recovery Fund e il lungo inverno con la minaccia del Covid. Da ora in poi è chiara una cosa: se i risultati non arriveranno, le responsabilità avranno un indirizzo solo. A metà pomeriggio Zingaretti e Di Maio fanno a gara per gridare vittoria. Il Pd ha vinto Reggio Calabria dove Giuseppe Falcomatà stacca il salviniano Antonino Minicucci. Su sei comuni al ballottaggio in Lombardia i dem ne vincono quattro: Lecco, Legnano, Corsico, Saronno. Al primo turno avevano conquistato Mantova, Segrate, Somma Lombardo e Bollate. In Abruzzo conquistano Chieti e Avezzano. La Campania è “zucchero” per Luigi Di Maio. La scommessa dell’ “alleanza strutturale sui territori” va a segno in sei comuni su sette. Non ci poteva essere modo migliore per festeggiare gli undici anni di vita del Movimento come si era augurato Di Maio ieri mattina, quasi ad esorcizzare il fine settimana funestato dalle minacce dei puristi contro i compromessi al ribasso dei governisti. I risultati dei ballottaggi, almeno per qualche ora, congelano gli impulsi scissionisti e fanno suonare con note stonate gli aut aut di Di Battista («allearsi col Pd è la morte nera») e di Casaleggio («se il 5 Stelle diventa partito, vi stacco la piattaforma Rousseau, cioè il cuore stesso del Movimento, lo metto a disposizione di altri movimenti e anche sul simbolo 5 Stelle vediamo come va a finire»). Di Maio va in piazza a Pomigliano, la sua città, dove diventa sindaco il candidato unitario Gianluca Del Mastro. Può gridare che «le coalizioni ci premiano ovunque, gli iscritti avevano ragione».

Il Movimento vince ovunque si è presentato in coalizione con altre forze politiche, tra cui il Pd, da Termini Imerese (qui era il primo turno) ad Ariano Irpino, da Matera a Pomigliano d’Arco fino a Manduria e Cascina. Qui, in realtà, il miracolo ha la soprattutto la firma del Pd. Nel comune in provincia di Pisa, dove nel 2016 era iniziata la favola di Susanna Ceccardi che fino all’ultimo ha insidiato Eugenio Giani alla guida della regione, ha vinto il candidato del centrosinistra Michelangelo Betti, con cui tra un turno e l’altro si sono apparentate varie liste compresi i 5 Stelle. In Campania il Pd si conferma la prima forza in provincia di Napoli e non era scontato. Il candidato Pd vince a mani basse a Sorrento (Massimo Coppola, 60%) e non succedeva dal 1993 e a Saviano dove non era mai successo. Ottimo il risultato a Andria, in Puglia, dove Giovanna Bruno sconfigge il candidato grillino Michele Coratella. Nelle coalizioni di centrosinistra vittoriose ha giocato un peso importante anche Italia Viva. In Abruzzo, in Sicilia, a Reggio Calabria così come a Cascina. Il presidente Ettore Rosato sottolinea la vittoria a Enna con la lista Enna viva. Il deputato d’Alessandro rivendica con orgoglio il contributo per la vittoria a Chieti e Avezzano.

Zingaretti ha aperto alle 18 la sala stampa del Nazareno e ha messo in fila alcuni brevi ma fondamentali concetti, unitari e non divisivi, senza arroganza e con umiltà: «Ora basta chiacchiericcio sulle alleanze strategiche e avanti con l’alleanza di governo». Tra «le tendenze positive» c’è certamente quella per cui il Pd è visto «come un valido argine alle destre». Ora però, ha aggiunto subito, «la politica non può più scherzare e deve concentrarsi su un serio progetto per l’Italia». Ecco, appunto. I risultati dei ballottaggi rimbalzano subito sul consiglio dei ministri dove arriva, finalmente, il decreto Immigrazione. Ha ballato fino alle 17, quando le urne hanno iniziato a sorridere alla coalizione di governo. Se fosse andata male, ci sarebbe stato un nuovo rinvio. Al momento almeno i 5 Stelle ingoiano il testo così com’è, comprensivo di permesso umanitario. Passa anche il Daspo per risse e spaccio. Il ministro Lamorgese inserisce i siti web come strumento di spaccio.

Ora, però, per Conte e l’alleanza di governo comincia la parte più difficile. Gli alibi, si diceva, sono finiti. Come affrontare la prova di una nuova emergenza sanitaria, far partire i cantieri (al momento non se ne vede uno), non far affogare il territorio ad ogni temporale, i progetti esecutivi per il Recovery plan, la riforma fiscale, la messa in sicurezza dei conti pubblici, evitare la guerra civile quando a fine anno le aziende potranno licenziare. Non c’è assolutamente tempo per festeggiare.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.