La conferenza stampa sule ragioni del No
L’Anm contro la riforma Cartabia, ma ora lo scontro è interno
Per ora niente sciopero dell’Associazione Nazionale Magistrati contro la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario. La questione è tutta rimandata: mentre andiamo in stampa il Comitato Direttivo Centrale è ancora in corso ma, da quanto apprendiamo, molto probabilmente rimanderà la decisione all’Assemblea generale del 30 aprile. Ieri però i giornalisti sono stati convocati proprio dall’Anm perché, come ha detto il Presidente Giuseppe Santalucia, «abbiamo bisogno di comunicare e far comprendere all’esterno quali sono le ragioni del disagio della magistratura su alcuni punti della riforma.
Non vogliamo apparire una casta che si chiude al suo interno, che protesta e si oppone alla riforme ma vogliamo che questa conferenza segni una tappa all’interno di un percorso di confronto e di dialogo che abbiamo già iniziato da tempo prima con il Ministro della Giustizia Cartabia, poi con la Commissione giustizia che ci ha sentiti in sede di audizione». L’impressione che abbiamo avuto è che si voglia scongiurare lo strappo tra il potere giudiziario e quello legislativo, in tempi già difficili per il nostro Paese, come emerge ancora dalle parole del Consigliere Santalucia: «Lo sciopero è una delle forme di protesta, una drammatizzazione forte del dissenso ma noi oggi (ieri, ndr) stiamo cercando di comunicare le buone ragioni della nostra protesta. Auspico che non si debba arrivare a questa forma di protesta, ma non sono qui a fare il profeta. Non sono in grado di dire se la decisione arriverà oggi (ieri, ndr) o all’assemblea generale dei soci convocata per il 30 aprile».
Se non si arriverà allo sciopero è perché evidentemente la politica cederà su qualche punto ma tuttavia il timing si presenta sfavorevole a reali possibilità di poter cambiare qualche aspetto della riforma: domani il testo, infatti, dovrebbe essere approvato alla Camera e la partita al Senato si preannuncia abbastanza in discesa. Convocare una conferenza stampa proprio mentre la riforma approda a Montecitorio è sembrata una forma di pressione delle toghe sul Parlamento: «Nessuna pressione, la nostra è una richiesta di ascolto – ha chiarito Santalucia – La nostra linea è e resta quella di sfruttare ogni possibile margine di confronto. Siamo consapevoli della necessità di una riforma, degli ambiziosissimi piani del Pnrr, ma ne serve una diversa rispetto a quella all’esame del Parlamento, questa guarda al passato, crea una struttura sempre più gerarchica, accentra poteri e utilizza l’aspetto disciplinare per controllare i magistrati, impaurirli nel loro delicatissimo compito, relegandoli a un ruolo impiegatizio».
L’aspetto che viene più fortemente criticato è quello relativo al fascicolo personale del magistrato: la riforma prevede l’implementazione annuale – non più quindi ogni 4 anni, in corrispondenza delle valutazioni – con la storia complessiva delle attività svolte.
Esso dovrà contenere dati statistici e documentazione sull’attività svolta (inclusa l’attività cautelare); dati sulla tempestività nell’adozione dei provvedimenti; eventuali anomalie relative all’esito degli affari trattati nelle fasi successive. Per il Segretario dell’Anm Salvatore Casciaro «è la logica di fondo di questa riforma che noi riteniamo sbagliata. Il giudice è soggetto solo alla legge. Questa riforma è incentrata esclusivamente sulle statistiche e questo non va bene. Istituire un fascicolo delle performance è sbagliato, la verità processuale non è precostituita ma si forma faticosamente nella dialettica delle parti». Proprio alle valutazioni di professionalità è dedicato un paragrafo di una dura lettera che Magistratura Democratica ha inviato ieri al Presidente Santalucia proprio mentre era in corso la conferenza: se è vero che da un lato «l’idea di enfatizzare nella valutazione di professionalità il tasso di conferme ottenute dalla decisione nei successivi gradi di giudizio alimenterà il conformismo giudiziario e disegnerà l’immagine di una magistratura piramidale» dall’altro lato, enfatizza il gruppo associativo guidato da Stefano Musolino. «L’azione dell’ANM, nel contesto della riforma, ci è apparsa intempestiva, timida ed incapace di proposte idonee a dimostrare l’assunzione di responsabilità per la crisi, avendo privilegiato la conservazione dell’esistente, senza alcuna apertura al nuovo […] Sulle valutazioni di professionalità, poi, le proposte sono state tutte orientate ad una chiusura corporativa, incapace di una sana autocritica, ma anche di spiegare le ragioni di senso del sistema di valutazione dei magistrati». Insomma l’Anm non sembra uscita dalla crisi tra riforma considerata punitiva, divisioni interne e base, soprattutto tra i giovani magistrati, insoddisfatta della mediazione.
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