«Questa scelta ci divide». Le parole di Enrico Letta, riferite alla decisione di Giuseppe Conte di voltare le spalle a Draghi, suonano esiziali per i rapporti a sinistra tra Movimento e Dem. Il Campo largo è un campo di battaglia: la crisi di governo viene parlamentarizzata e mercoledì prossimo ciascuno sarà chiamato a votare. Nei partiti saranno cinque giorni lunghi e densi. Letta e Franceschini mettono Conte con le spalle al muro, e dalle fila dei Cinque Stelle, mai tanto confusi, iniziano ad arrivare le rassicurazioni: voteranno la fiducia. E se così fosse, risulterebbe ancora più incomprensibile la scenata della soap opera andata in onda ieri, con l’uscita dei senatori contiani da Palazzo Madama al momento della Fiducia sul Dl Aiuti.

Nel Movimento è scoppiato un putiferio. Beppe Grillo non parla. A LaPresse fonti parlamentari assicurano: ““Beppe è con Conte”, il Garante sostiene la linea tracciata dal presidente del M5s. Stando alle fonti, Grillo avrebbe detto che “il Movimento 5 Stelle sta facendo il Movimento 5 Stelle”. Al Riformista risultano invece numerosi senatori e deputati che vogliono restare al governo e hanno contattato Grillo nella speranza di fargli cambiare idea, con messaggi e telefonate. Dimostrando ancora una volta che le decisioni vere vengono prese nella villa genovese del comico, più che nello studio dell’avvocato pugliese. Luigi Di Maio aveva informazioni precise sulle mosse nell’agenda di Conte. La sua creatura, Insieme per il Futuro, servirà come paracadute per garantire a Draghi i numeri in Parlamento. Adesso si pone in asse con il Pd come naturale succedaneo e miglior sostituto del Movimento. «La figura del presidente Mario Draghi è preziosa e fondamentale per il nostro Paese, adesso serve un chiaro segnale dal Parlamento. Lavoriamo affinché mercoledì in Aula emerga una solida maggioranza a sostegno di questo governo.

È il momento della maturità e del senso di responsabilità. Non possiamo permettere che l’Italia vada incontro a un collasso economico e sociale», possono dire i capigruppo di Di Maio a Camera e Senato, Iolanda Di Stasio e Primo Di Nicola. I Dem sono scioccati dalla scelta di Conte. Lo dice Deborah Serracchiani: “È l’ora della chiarezza”. E Simona Malpezzi, capogruppo dem al Senato, condanna la decisione dell’ex premier giallorosso: «Quella di non votare la fiducia è una scelta sbagliata e che non ci lascia indifferenti nel merito e nel metodo». «Riteniamo indispensabile un chiarimento tra tutti noi in Parlamento, alla luce del sole, sulla volontà di tutta questa maggioranza, di continuare insieme questa necessaria esperienza di governo».

Rimane che l’apertura di credito dei Dem verso Conte si rivela nella sua infondatezza. Lo “stupore” di Gentiloni risuona da Bruxelles. Andrea Marcucci è tra quelli che possono dire di non aver mai fatto affidamento sull’ex “punto di riferimento fortissimo dei progressisti”. Matteo Renzi può rivendicare la posizione: «Pd e 5 stelle, dopo quello che è successo, non potranno andare insieme alle prossime elezioni. La credibilità del M5s è pari a zero». Questo, a dire il vero, non da ora. Quindi, come si procede? Renzi suggerisce di andare avanti senza 5 stelle, Conte minaccia che se non arriveranno risposte vere nessuno avrà i voti del M5s. Il via libera al termovalorizzatore voluto dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri (Pd) sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

«C’è stata una forzatura», ha detto Conte arrivando nella sede del Movimento in Campo Marzio, addebitandola appunto ai Dem. La fiducia al governo da votare in aula mercoledì sgombererà il campo dagli equivoci, farà saltare ogni bluff. Nella Lega, la diplomazia dell’ala governista è al lavoro. «I 5S si prendano le loro responsabilità, così come il Pd che non fa altro che spingere per il campo largo. Noi eravamo stupiti di quanto stesse succedendo, non ce lo aspettavamo. Mi sembra evidente che si sia aperta la crisi politica, quindi ora non si sa come si concluderà», dichiara per il Carroccio il senatore Massimiliano Romeo. Da via Bellerio il comunicato ufficiale non svela la decisione che sarà presa in aula: «La Lega, unita e compatta, condivide la preoccupazione per le sorti del Paese: è impensabile che l’Italia debba subire settimane di paralisi in un momento drammatico come questo, nessuno deve aver paura di restituire la parola agli italiani». Per il partito di Giorgia Meloni si avvicina il momento del voto. «Mentre ci si interrogava sulle dimissioni di Draghi si parlava già di alleanze. Fratelli d’Italia non si presta all’ennesimo gioco di palazzo. Tenteranno di creare una nuova alchimia. Ma il quarto tentativo non può funzionare, bisogna tornare ad eleggere il Parlamento», le parole della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.