Nonostante le loro divergenze, Mosca e Ankara hanno buone ragioni per cooperare sulla Libia. Erdoğan attende oggi a Istanbul il presidente russo Vladimir Putin ufficialmente per il lancio del gasdotto TürkStream, che dai giacimenti del Mar Nero attraversa l’Anatolia e trasporta gas in Europa. Ma in cima all’agenda dell’incontro vi sono i dossier libico e siriano, oltre alla cooperazione economica e militare. Fonti vicine al Ministero degli Esteri e della Difesa russi fanno sapere che Mosca e Ankara stanno prendendo in considerazione un potenziale accordo sulla Libia.

L’accordo replicherebbe il “modello Astana” che Turchia, Russia e Iran hanno applicato in Siria per creare le condizioni di una soluzione politica che accontentasse tutti e tre i principali attori. L’obiettivo sia di Mosca che di Ankara è di ridurre l’influenza nell’area mediorientale e nel Mediterraneo degli altri attori regionali – e non solo regionali – e affermarsi come principali registi nel conflitto libico. Ciò soddisferebbe le ambizioni sia dei russi che dei turchi, i quali rivendicano un nuovo ruolo centrale in Medio Oriente e Nord Africa. Il ruolo svolto dalla Russia in Siria l’ha reso un mediatore desiderabile anche in altri conflitti regionali. All’Arabia Saudita, ad esempio, non dispiacerebbe che la Russia mediasse nel conflitto nello Yemen e l’Egitto e gli Emirati Arabi Uniti si sono avvicinati alla Russia per ottenerne il sostegno della loro agenda in Libia.

Intanto l’attivismo diplomatico di Sarraj è diventato frenetico; è alla ricerca del sostegno dei suoi vicini che finora non si sono schierati nel conflitto libico, come l’Algeria e la Tunisia che ieri hanno ribadito la loro ferma contrarietà a qualsiasi intervento militare straniero in Libia. Alla vigilia dell’incontro di Erdoğan con Putin, e subito dopo il vertice straordinario UE a Bruxelles sulla Libia, il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio, è volato ieri sera a Istanbul per incontrare il suo omologo turco, Mevlüt Çavuşoğlu. In Libia «bisogna parlare con tutti e convincerli a un cessate il fuoco», ha detto Di Maio dopo il vertice. Erdoğan domenica è stato chiaro «invieremo – ha detto – i nostri soldati peyderpey», uno dopo l’altro gradualmente. «E ci andremo non per combattere. I nostri militari saranno dispiegati a Tripoli come forza di interposizione», ha dichiarato. «In Libia esiste un governo legittimo riconosciuto dall’ONU – ha precisato Erdoğan – e noi andiamo a difendere quel governo aggredito da un golpista e i nostri interessi nazionali e di sicurezza della Turchia nel bacino del Mediterraneo e nel Nord Africa».

La Turchia non vuole restare fuori dalla partita energetica nella regione. Lamenta da tempo la lesione del proprio diritto allo sfruttamento del fondale marino di sua pertinenza e quello della parte nord di Cipro, cioè dei turco-ciprioti. Dunque il sostegno militare offerto ad al-Sarraj è stato ricambiato con il riconoscimento da parte del GNA delle rivendicazioni dei confini della propria ZEE nel Mar Mediterraneo. Putin, pur non avendo gradito l’accordo Turchia-Libia per la presenza di articoli sulla cooperazione militare, sarebbe disposto ad aprire una intesa con Erdoğan. Soprattutto perché è in corso in Turchia la controversa attivazione del sistema missilistico russo S-400 e sono iniziati i negoziati per l’acquisto da parte di Ankara dei caccia russi Su-35.

Russia e Turchia dunque potrebbero posizionarsi come driver di un processo di insediamento in Libia, proprio come è accaduto in Siria. E forse la visita di Di Maio a Istanbul appare come un intervento in zona Cesarini per non lasciare la partita libica nelle mani dei nuovi giocatori.