Paolo Rumiz parla alla sua splendida maniera in questo «Verranno di notte» (Feltrinelli) della possibile “notte” sul cielo della vecchia cara Europa dove si aggira «lo spettro della barbarie»: la guerra che pareva debellata, eccola che torna, ma non solo lei. Troppi sono i guai del Vecchio Continente. Il nostro assomiglia al “mondo di ieri” di Zweig, quello della catastrofe della Prima guerra mondiale, un po’ prima della Seconda, temperie di dittature, armi, stermini.

Rumiz cita, condividendole, queste parole del giornalista Bernard Guetta: «Si è tornati alla politica del fatto compiuto, del diritto del più forte, del rifiuto dell’altro e della regola dell’ognun per sé, dietro frontiere fortificate da muri e recinzioni». È una fase – scrive Rumiz – in cui «la destra sa cosa vuole, le sinistre no», addirittura è «una sinistra curiale, piena di cardinali intenti a sbranarsi tra di loro», nel che c’è parecchio di vero.

Eppure il raffinato intellettuale triestino, che per armi ha solo le parole e una sconfinata cultura, intravede qualche luce in questo «sconfortante silenzio»: «I demagoghi saranno spazzati via dalla Storia, i popoli stanno capendo l’imbroglio». Paolo Rumiz ancora una volta squarcia la realtà da cui filtra un raggio di ottimismo: «Presto sarà il tempo delle primule». È un libro di pensieri, di pensieri alti. Non ce ne sono molti.